Posts tagged ‘capitalismo’

22 Dicembre, 2017

André Gorz, L’invenzione del lavoro

by gabriella

André-GorzIn queste pagine, tratte da Metamorfosi del lavoro [Métamorphoses du travail. Quête du sens Critique de la raison économique, 1988, trad. it. Bollati, 1992, pp. 21-32] Gorz illustra la grande trasformazione dell’industrialismo con la quale «l’attività produttiva si separava dal suo senso, dalle sue motivazioni e dal suo oggetto per diventare il semplice mezzo per guadagnare un salario, cessa[ndo] di far parte della vita per diventare il mezzo per “guadagnarsi da vivere”».

Gorz getta lo sguardo su un meccanismo di alienazione tanto quanto di soggettivazione, nella fase storica in cui, come osserva in un altro scritto, a partire dagli anni ’80 «stiamo uscendo dalla società del lavoro senza crearne nessun’altra».

 

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18 Settembre, 2017

Max Horkheimer, La struttura sociale del presente

by gabriella
Max Horkheimer (1895 - 1973)

Max Horkheimer (1895 – 1973)

Echi brechtiani nella visione di Horkheimer della civiltà, un presente senza riscatto e senza remissione, basato sull’accumulazione della sofferenza e dello sfruttamento.

Vista in sezione, la struttura sociale del presente dovrebbe configurarsi all’incirca così: Su, in alto, i grandi magnati dei trust dei diversi gruppi di potere capitalistici che però sono in lotta tra di loro; sotto di essi i magnati minori, i grandi proprietari terrieri e tutto lo staff dei collaboratori importanti; sotto di essi, suddivise in singoli strati, le masse dei liberi professionisti e degli impiegati di rango inferiore, della manovalanza politica, dei militari e dei professori, degli ingegneri e dei capoufficio fino alle dattilografe; ancora più giù i residui delle piccole esistenze autonome, gli artigiani, i bottegai, i contadini e tutti gli altri, poi il proletariato, dagli strati operai qualificati meglio retribuiti, passando attraverso i manovali fino ad arrivare ai disoccupati cronici, ai poveri, ai vecchi, ai malati.

Solo sotto tutto questo comincia quello che è il vero e proprio fondamento della miseria, sul quale si innalza questa costruzione, giacché finora abbiamo parlato soltanto dei paesi capitalistici sviluppati, e tutta la loro vita è sorretta da un’orribile apparato di sfruttamento che funziona nei territori semi-coloniali e coloniali, ossia in quella che è di gran lunga la parte più grande del mondo.

Larghi territori del Balcani sono una camera di tortura, in India, in Cina, in Africa, la miseria di massa supera ogni immaginazione. Sotto gli ambiti in cui crepano a milioni i coolie della terra, andrebbe poi rappresentata l’indescrivibile, inimmaginabile sofferenza degli animali, l’inferno animale nella società umana, il sudore, il sangue, la disperazione degli animali […]. Questo edificio, la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale, dalle finestre dei piani superiori assicura effettivamente una bella vista sul cielo stellato.

Max Horkheimer, Crepuscolo. Appunti presi in Germania (1926-31), trad. it. Einaudi, Torino, 1977.

 

Carlo Emilio Gadda, Una mattinata ai macelli

Gadda

Carlo Emilio Gadda (1893 – 1973)

“ … qualche animale appoggia la fronte a una barra (bavando una sua schiuma dalla bocca, a fiocchi) quasi per raggelare al contatto del ferro, dopo la scombussolata notte, il tumulto doloroso del proprio sangue. Qualche altro ha un corno mezzo divelto, e ne sanguina: il caglio scarlatto gli si è raggrumato giù per il muso, l’occhio immalinconito sembra dimandarne la cagione alle cose, al mondo” [Le meraviglie d’Italia, Einaudi, 1964].

23 Gennaio, 2017

John Steinbeck, Maledetti Okies

by gabriella

furoreNel XXI capitolo di The Grapes of Wrath, 1939 (Furore), la famiglia Jods, cacciata dalla piccola fattoria in Oklahoma dalla banca alla quale non poteva restituire un prestito, arriva in California, dove spera di lavorare nella raccolta della frutta. Durante il drammatico viaggio ha perso tutto, salvo la speranza di ricominciare. Saranno gli uomini del posto, impoveriti e impauriti dalla miseria, a toglierle anche questa in una descrizione classica dell’ostilità montante verso lo straniero.

Lo leggiamo oggi in 3F nel contesto del lavoro in psicologia sociale su stereotipi e pregiudizi verso gli stranieri. Si veda anche l’approfondimento La ricerca del capro espiatorio da Trump a Salvini di Fahrenheit (RadioRai 3) dal minuto 2:26.

E gli occhi dei poveri riflettono, con la tristezza della sconfitta, un crescente furore.
Nei cuori degli umili maturano i frutti del furore e s’avvicina l’epoca della vendemmia.

John Steinbeck, The Grapes of Wrath

Ora gli emigranti sono trasformati in nomadi. Quella gente che aveva vissuto di stenti sui magri prodotti d’un pezzetto di terra, adesso ha l’intero Occidente in cui spaziare. E lo va rovistando da un capo all’altro, e le strade son convertite in fiumane di gente, e gli argini dei corsi d’acqua sono presidiati da falangi di straccioni.

Finché erano rimasti nei loro poderi del Middle West e del South West, erano stati tutti coloni, coloni che l’industria aveva lasciati intatti, contadini che non sentivano il bisogno di ricorrere alle macchine per lavorare la terra, né conoscevano la potenza e il pericolo delle macchine nelle mani di privati. Non si erano assuefatti ai paradossi dell’industria. Vedevano distintamente il lato assurdo e ridicolo della vita industriale.

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6 Maggio, 2016

Cornelius Castoriadis, L’individuo privatizzato. Psicanalisi e immaginazione radicale del soggetto.

by gabriella

kastoriadisNei due testi che seguono, L’individu privatisé  – un intervento tenuto dal filosofo alcuni mesi prima di morire [qui il sito a lui dedicato] – e Psicanalisi e immaginazione radicale del soggetto – intervista rilasciata a Sergio Benvenuto il 7 maggio 1994, Castoriadis illustra i concetti di autonomia, libertà e democrazia alla luce del compito emancipativo del soggetto assegnato da Freud alla psicanalisi – e dai greci alla paideia.

 

L’individuo privatizzato [Tolosa, 22 marzo 1997]

La filosofia non è tale quando non esprime un pensiero autonomo. Cosa significa autonomo? Il termine “autos- nomos”,“che si dà la sua propria legge”, ha in filosofia un significato chiaro: darsi la propria legge vuol dire porre domande, e non accettare nessuna autorità; neppure quella del proprio pensiero anteriore.

Ma qui tocchiamo un punto dolente, poiché quasi sempre i filosofi costruiscono sistemi chiusi come un uovo (si veda Spinoza, si veda soprattutto Hegel, e in qualche misura anche Aristotele), o restano attaccati a talune forme che hanno creato, e che non riescono a rimettere in questione. Gli esempi contrari sono pochi: uno è Platone; un altro, anche se nel campo della psicanalisi e non della filosofia, è Freud. L’autonomia del pensiero è l’interrogazione illimitata, che non si ferma davanti a nulla e rimette costantemente in discussione se stessa. Non è però un’interrogazione vuota, che non avrebbe alcun significato: perché abbia un senso, occorre aver già posto un certo numero di termini come provvisoriamente incontestabili; altrimenti quel che rimane non è un’interrogazione filosofica, ma un semplice punto interrogativo. L’interrogazione filosofica è articolata, salvo a riconsiderare gli stessi termini a partire dai quali si è articolata.

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20 Marzo, 2015

Ebola, la peste ai tempi del mercato

by gabriella

Ebola2Dopo diecimila morti, indiscrezioni rivelano che l’OMS ritardò l’allarme di due mesi per evitare ripercussioni sull’economia.

Di seguito, un illuminante articolo di Leigh Phillips – segnalato dal blog di Mauro Poggi e uscito su Jacobin – che chiarisce come l’economia sia anche all’origine della pandemia e il servizio dedicato al caso da Radio3Scienza.

Phillips scrive  che Ebola è la plastica rappresentazione del fallimento del neoliberismo e del libero mercato come sistema socio-economico. Il giornalista mostra infatti efficacemente come l’economia di mercato disincentivi l’investimento su malattie, pur gravi, che non garantiscono la profittabilità degli investimenti e, contemporaneamente, produca le condizioni di rischio che innescano le pandemie, esponendo i territori e le popolazioni più povere agli agenti patogeni e privandole, infine, delle misure di difesa.

 

La dottrina neoliberista afferma che il miglior modo, anzi l’unico, di conseguire il benessere collettivo è quello di esaltare le capacità dell’individuo lasciandolo libero di perseguire il proprio interesse all’interno di un sistema caratterizzato dal prioritario diritto di proprietà privata, da liberi mercati e da libera concorrenza. In questo sistema il ruolo dello Stato deve limitarsi a garantire tali condizioni, altri interventi avrebbero solo effetti distorsivi e pregiudicherebbero l’efficienza degli automatismi che permettono al mercato di autoregolarsi e produrre ricchezza. La ricchezza a sua volta, proprietà dei meritevoli che partecipano al processo, per una sorta di meccanismo a cascata (trickle-down) ricade vantaggiosamente sulla comunità tutta.

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3 Dicembre, 2014

Valerio Guizzardi, Il panopticon della povertà

by gabriella
cage à deux

Mona Hatoum, Cage à deux, 2002

Per fare alcune con­si­de­ra­zioni sul rap­porto stretto che lega neo­li­be­ri­smo e car­cere, è oppor­tuno par­tire dal volume di Loïc Wac­quant Ipe­rin­car­ce­ra­zione. Neo­li­be­ri­smo e cri­mi­na­liz­za­zione della povertà negli Stati Uniti (Ombre corte. Ne ha già scritto su que­sto gior­nale Vin­cenzo Vita il 7 giu­gno). È, quello dello stu­dioso fran­cese, un «dia­rio della crisi» dell’Impero visto da uno dei suoi lati più oscuri: il disa­stro sociale, eppur fun­zio­nale e messo a valore, che l’ideologia neo­li­be­ri­sta ha pro­vo­cato negli Sta­tes. Lo stesso autore con Punire i poveri. Il nuovo governo dell’insicurezza sociale (Deri­veAp­prodi) e Sim­biosi mor­tale. Neo­li­be­ri­smo e poli­tica penale (Ombre corte), ancora prima che esplo­desse la bolla finan­zia­ria del 2008 aveva anti­ci­pato come il con­trollo e la gestione della mar­gi­na­lità, tra­mite l’ipertrofia penale e car­ce­ra­ria, avreb­bero por­tato gli Usa a essere elen­cati tra i paesi con il più alto tasso di car­ce­riz­za­zione del mondo esi­bendo senza alcuna ver­go­gna set­te­cen­to­se­dici pri­gio­nieri su cen­to­mila abi­tanti al 2012 (i dati sono rica­vati dagli studi dell’Inter­na­tio­nal Cen­tre for Pri­son Stu­dies).

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2 Dicembre, 2014

Remo Bodei, La dinamica del capitale in Hegel

by gabriella

hegel-bodei-la-civetta-e-la-talpaLa bella ricostruzione della riflessione hegeliana su capitale e arrichimento in un estratto di Sistema ed epoca in Hegel, tratto da Micromega.

Il modello hegeliano di sistema quale «circolo di circoli» – che non è chiusura al nuovo, ma piuttosto la sua costante assimilazione per espansione e ritorno in sé – ha il suo fondamento analogico nella natura del danaro. La circolarità del sistema è, infatti, un ininterrotto processo di «arricchimento», analogo alla «ricchezza circolante», la quale aumenta ogni volta la sua massa in proporzione alle dimensioni già raggiunte, inglobando il concreto, attraverso contraddizioni che non sembrano attualmente trovare una soluzione.

Tale arricchimento del pensiero, mediante ‘circolazione allargata’ è anche storicamente lo schema di sviluppo economico e politico di tutta la civilisierte Welt, poiché tutti i fenomeni più diversi hanno la radice comune nello Zeitgeist che ha «dato l’ordine di avanzare» e di ingrandire le proprie forze. Ormai

«la morta ricchezza esiste ora solo nei tesori dei Cosacchi, dei Tartari; nel mondo civilizzato si tratta della ricchezza circolante»,

che, tuttavia, si distribuisce in maniera estremamente disuguale:

«Nella stessa proporzione in cui si accresce la ricchezza, si accresce pure la miseria, se non si provvede a deviarla diversamente tramite ad esempio la colonizzazione».

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28 Settembre, 2014

David Harvey, Accumulation by dispossession

by gabriella

HarveyL’intervento tenuto da David Harvey il 18 settembre scorso al Seminario annuale di EuroNomade a Passignano, sul capitalismo dello spossessamento (o accumulazione per espropriazione).

Harvey esordisce indicando l’intenzione di tracciare il quadro teorico del rapporto di accumulazione per spossessamento o capitalismo estrattivo.

Il capitale, nota Harvey, è un flusso che produce valore, surplus; un flusso che come già Marx aveva notato, si basa sulla metamorfosi costante denaro-merce-produzione, il cui momento cruciale era quello della produzione, cioè dello sfruttamento della forza lavoro.

In questo flusso circolano redditi – c’è il consumo borghese, ma anche quello operaio – e il blocco di questo flusso costante, che per il capitalismo deve essere continuo, è appunto la crisi. In questi momenti di blocco si manifestano delle contraddizioni. Una di queste contraddizioni, analizzata da Marx nei Grundrisse e nei libri I e I del Capitale, è quella tra produzione e realizzazione di valore. La tradizione marxista è stata sempre efficace nell’analizzare le contraddizioni della produzione di valore, meno nell’analizzare quelle della realizzazione.

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28 Agosto, 2014

Ugo Mattei, L’espropriazione in nome della legge

by gabriella

mattei senza libertàDalle enclosures delle terre comuni alla conquista coloniale. Alle contemporanee forme di «capitalismo estrattivo». Un saggio di Ugo Mattei sulla proprietà privata. La recensione di Giso Amendola uscita su Il Manifesto del 28 agosto 2014.

Il neo­li­be­ra­li­smo con­tem­po­ra­neo è un grande con­su­ma­tore di libertà, ricor­dava Michel Fou­cault durante quei corsi che, in presa diretta, pro­va­vano a capire cosa stava acca­dendo sul finire degli anni Set­tanta, quando la crisi del wel­fare state comin­ciava ad essere gestita in modo aggres­sivo da nuovi pro­ta­go­ni­sti. Con­su­mare libertà signi­fica evi­den­te­mente nutrir­sene per il pro­prio fun­zio­na­mento: ma, allo stesso tempo, con­trol­larla e gover­narla con­ti­nua­mente, lascian­done ben poca. Nel suo recente «Senza pro­prietà non c’è libertà» (Falso!), uscito per la col­lana Idòla di Laterza (pp. 78, euro 9), Ugo Mat­tei sce­glie come obiet­tivo pole­mico il dispo­si­tivo prin­ci­pale attra­verso cui il libe­ra­li­smo ha reso «con­su­ma­bile» la libertà: la costru­zione sto­rica di un nesso, tanto stretto quanto men­zo­gnero, tra libertà e pro­prietà. Mat­tei, coi toni mar­tel­lanti del pam­phlet, mostra come, al con­tra­rio, la pro­prietà sia sem­pre ser­vita a rimet­tere ordine con­tro le ten­ta­zioni di una libertà ecce­dente e a distrug­gere le pos­si­bi­lità di una libertà in comune.

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16 Giugno, 2014

Thomas Piketty, Le capital au XXIe siècle

by gabriella

thomas_pikettyIl saggio di Thomas Piketty, Le capital au XXIe siècle, è diventato un caso editoriale negli Stati Uniti, dove gli economisti meno allineati con l’ortodossia liberale (Krugman, Stiglitz) lo hanno acclamato come testo chiave per comprendere le tendenze strutturali del sistema capitalistico in riferimento all’equità distributiva. La tesi di Piketty è che in un sistema di mercato, la rendita – il reddito da capitale – è maggiore dell’aumento della produttività e del reddito da lavoro (r > g), così che le diseguaglianze economiche non possono che aumentare, soprattutto nei periodi di bassa crescita. Non a caso, uno dei riferimenti iniziali dell’introduzione è Balzac e quel XIX secolo degli ereditieri e delle grandi fortune che Piketty indica come il modello più verosimile del XXI.

La lunga introduzione (accessibile gratuitamente in rete nell’originale francese e incollata sotto) parte dal confronto storico tra le prognosi, parimenti infauste, di Malthus, Ricardo e Marx per i quali le diseguaglianze economiche sono destinate ad impennarsi, rispettivamente, per effetto della sovrappolazione e della scarsità di risorse alimentari, della concentrazione della proprietà fondiaria e della tendenza capitalistica all’accumulazione infinita. Questi autori basavano le loro analisi sul principio di scarsità, incapaci di immaginare, osserva Piketty, come l’aumento della produttività e la spinta delle rivoluzioni tecnologiche avrebbero di lì a poco contrastato la tendenza all’accrescimento delle diseguaglianze, facendo lievitare la ricchezza disponibile e rendendo possibile una maggiore perequazione.

Gli shock economici legati ai due conflitti mondiali e alla ricostruzione posero le condizioni per l’inversione del paradigma apocalittico e per la sua sostituzione con la curva di Kuznets, la quale suggerisce che le diseguaglianze economiche sono destinate ad accrescersi solo nella prima fase dello sviluppo industriale, per attenuarsi fisiologicamente in quelle successive. Nasce con la conferenza di Detroit (1953) e la cattiva divulgazione delle tesi di Kuznets il mito del capitalismo del benessere diffuso e della distribuzione equa della ricchezza in base al merito e al talento quale principio immanente dell’economia di mercato. Si trattava piuttosto, argomenta Piketty, di situazioni determinate da scelte politiche ed eventi irripetibili, la cui inesistenza determina oggi il ritorno ai normali squilibri ottocenteschi. Non per niente il libro si apre con le tragiche rivendicazioni salariali a monte dello sciopero di Marikana in cui trentadue minatori furono uccisi dalla polizia di Johannesburg nel 2012, non diversamente dagli operai di piazza Haymarket del 1° maggio 1886.

 Les distinctions sociales ne peuvent être
fondées que sur l’utilité commune.

Article premier, Déclaration des droits de l’homme
et du citoyen, 1789.

Marikana, 2012

Marikana, 2012

Chicago, Haymarket 1886

Chicago, Haymarket 1886

La répartition des richesses est l’une des questions les plus vives et les plus débattues aujourd’hui. Mais que sait-on vraiment de son évolution sur le long terme ? La dynamique de l’accumulation du capital privé conduit- elle inévitablement à une concentration toujours plus forte de la richesse et du pouvoir entre quelques mains, comme l’a cru Marx au xixe siècle ?

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