Posts tagged ‘condizione operaia’

27 Dicembre, 2017

Jack London, La proprietà privata contro la persona umana

by gabriella

La proprietà privata contro la persona umana è una sezione de Il popolo dell’abisso, un racconto del 1903 in cui London ha racchiuso le osservazioni raccolte nell’inchiesta sull’Est End londinese condotta travestito da barbone, tra i lavoratori poveri delle wet shop londinesi.

Muovendosi tra letteratura e giornalismo, London ha scagliato un potente atto d’accusa contro il “glorioso” Impero Britannico e l’ipocrisia delle classi agiate, decostruendo l’ideologia puritana che voleva i poveri colpevoli del loro destino, perché intenti, pigri e inoperosi, a crogiolarsi nella «bella vita». Il frammento è tratto da Ad alta voce, trasmissione radiofonica pomeridiana di Rai 3 inclusa in Fahrenheit. La vece recitante è di Graziano Piazza.

In coda un’illustrazione del contenuto delle studentesse della 4F.

I contenuti del testo

8 Marzo, 2016

La condizione femminile nella filanda

by gabriella

filandaleTratto da Angela Frulli Antiocchieno, Mestieri da donna. Le italiane al lavoro tra ‘800 e ‘900, Venezia, 2002. 

Le filande erano opifici importanti in cui i bozzoli del baco da seta venivano trasformati in matassa di seta. Gli stabilimenti erano collocati in vari comuni settentrionali. Le filande rappresentavano l’unica possibile realtà occupazionale per molte donne ed in esse trovavano lavoro, di regola, anche bambine di circa dodici anni. Le operaie di una filanda dette filandale avevano compiti diversi ed erano, pertanto, suddivise in tre categorie: batusèti, tacarèni, filèri.

Le prime erano bambine inesperte, al primo lavoro, che avevano il compito di immergere i bozzoli in vasche piene di acqua bollente e, con l’ausilio di una piccola spazzola, trovare il filo iniziale del bozzolo, per poi darlo alle filèri. Queste dovevano inserire i numerosi fili di seta nelle filiere, sorvegliando che tutto procedesse nel migliore dei modi. Le filèri erano poi aiutate dalle tacarèni, che avevano il compito più arduo, cioè quello di riannodare i capi in fretta e con mani esperte quando, durante il passaggio nelle filiere, i fili si rompevano.

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13 Agosto, 2012

Ilva, non di sola morte

by gabriella

Il ricatto e l’oppressione quotidiana dentro e fuori la fabbrica, nell’intervista realizzata da David Cobbe, Devi Sacchetto e Luca Cobbe, a un operaio dell’Ilva di Taranto. In coda l’articolo del Fatto quodiano sulle intercettazioni e il coinvolgimento della Regione Puglia nella costruzione del silenzio sul disastro.

Cataldo Ranieri ci dà appuntamento in un piazzale, alle otto di sera, in uno dei tanti baracchini in cui si mangiano le pucce tarantine. La nostra intervista dovrebbe svolgersi prima della riunione del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti, ma ben presto si tramuta in una sorta di chiacchierata collettiva con circa trenta persone che, a nostro avviso, mostrano bene le diverse sfaccettature di questo movimento ancora in fasce. L’incontro avviene il 9 agosto, cioè il giorno prima che il giudice per le indagini preliminari di Taranto, Patrizia Todisco, notificasse all’Ilva che il risanamento va fatto a fuoco spento. Colpisce come l’onnipotente governo tecnico sia messo in crisi dalla decisione tecnica di una funzionaria burocratica. Improvvisamente la decisione politica torna a essere occasionale e in deroga alle regole. E’ persino divertente che il provvedimento di ieri esautori Bruno Ferrante, scelto affinché la sua faccia tecnico-burocratica nascondesse quella del padrone interessato solo al profitto. Ma più che sulle sventure tecniche dei vari livelli di governo tecnico della crisi, o sul ruolo della magistratura che, immaginiamo, abbia ancora molto altro da indagare, ci interessava cominciare a ragionare sulla condizione operaia in Italia, a partire da quanti sembrano esprimere nuove forme di soggettività dentro e fuori le fabbriche.

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