Nel 2002, in occasione di un congresso giuridico – XXIII Congresso nazionale della Società Italiana di filosofia giuridica e politica, Macerata 2-5/10/2002 – Giovanni Sartor propose una lettura del nuovo tipo di diritto che la digitalizzazione sta sovrapponendo ai sistemi normativi tradizionali. La tesi esposta da Sartor ne Il diritto della rete globale, evidenzia come la prevenzione e l’esecuzione automatica della norma, propri della governance digitale affermatasi dall’inizio del millennio con gli accordi internazionali sul copyright, sopprimano il fondamento kantiano del diritto moderno, vale a dire i principi di autonomia e libertà del cittadino. Il giurista ci guida, in questo modo, ad osservare in che modo accada, sottolineando l’inadeguatezza dell’idea comune che la sorveglianza sia fondamentalmente innocua e che debba temerla solo chi delinque.
Ci si potrebbe chiedere se non dovremmo accogliere con entusiasmo questa tendenza, e accettare il fatto che il diritto venga sostituito da forme più evolute di controllo sociale. Il governo dell’attività umana mediante computer potrebbe rendere vera l’antica utopia del superamento del diritto. Anziché usare la normatività per coordinate il comportamento degli individui (che richiede la cooperazione attiva della mente dell’individuo stesso, ed esige che egli adotti la norma quale criterio del proprio comportamento, o almeno che egli tema la sanzione), la società potrebbe governare il comportamento umano (nel cyberspazio) introducendo processi computazionali che abilitino solo le azioni desiderate. Come abbiamo osservato circa i nuovi modi di proteggere la proprietà intellettuale, quando si fosse in grado di rendere impossibili le azioni indesiderate rimarrebbe la necessità di vietare e punire esclusivamente il comportamento di chi tenti di ricreare la possibilità di tenere tali azioni (il tentativo dell’hacker di rimuovere le protezioni software). Tenendo conto della pervasività del cyberspazio e di come esso si vada compenetrando allo spazio fisico, diventerebbe in questo modo possibile governare in modo articolato e complesso i comportamenti del singolo, liberando la sua mente dell’onere di farsi carico del problema della normatività.
Giovanni Sartor, Il diritto della rete globale, 2002
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