Posts tagged ‘democrazia’

17 Aprile, 2014

Bruno Montanari, Come si configura oggi il potere

by gabriella

potere-reteIn questo articolo, uscito sul Rasoio di Occam, il filosofo del diritto [Univ. di Catania e cattolica di Milano] illustra le trasformazioni contemporanee del lessico politico-giuridico nel quale la sequenza territorio – ordine – sistema è stata sostituita da quella di globalità – complessità – equilibrio. All’immagine piramidale del potere si è sostituita quella della rete, trama orizzontale e senza confini, determinata dalla forza dei suoi nodi [I lettori meno inclini ad addentrarsi nell’analisi filosofica, possono saltare la trattazione del punto 3].

1. Il comune cittadino, italiano e non solo, è quotidianamente sommerso da una cascata di notizie, che, per intensità di conseguenze, talora solo potenziali, appare somigliare ad un vero e proprio bombardamento. E del bombardamento, questo affluire incessante di notizie – eventi produce i suoi effetti più scontati: macerie.

macerie

macerie

Tra le macerie c’è chi continua a vivere e chi muore; nella esperienza che investe l’attuale ambiente sociale ciò che appare esser morto è l’idea stessa di società, di opinione pubblica, di diritto, di ordinamento giuridico, di legittimità istituzionale. Appaiono essere morte, cioè, quelle figure concettuali attraverso le quali il pensiero politico della “modernità” aveva stabilizzato la relazione tra gli uomini e il potere, imprimendo all’interpretazione di quest’ultimo una direzione sempre più “funzionale”, sostituendo via via gli aspetti “padronali”. Contemporaneamente, a supporto di una tale direzione, era emerso forte il consolidarsi di una idea di società come “opinione pubblica”, con la quale chi detiene il potere deve fare i conti[1].

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13 Aprile, 2014

Colin Crouch, Postdemocrazia

by gabriella

postdemocraziaLa recensione di Luca Baccelli al saggio del 2003 [Post democracy, Oxford, 2004; Laterza, 2003; trad. it Postdemocrazia] di Colin Crouch, tratta da Jure gentium.

“[…]anche se le elezioni continuano a svolgersi e condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato, condotto da gruppi rivali di professionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi. La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall’integrazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici” (p. 6).

Questo è il modello di quella ‘sindrome’ che Colin Crouch definisce ‘postdemocrazia’. La tesi di questo volume è che i regimi rappresentativi esibiscono attualmente una tendenza a trasformarsi in postdemocrazie, percorrendo il ramo discendente di una parabola che ha toccato il suo vertice nella seconda metà del secolo XX, epoca di massima affermazione delle politiche egualitarie. Il tema della crisi della democrazia nell’epoca della retorica globale dei sistemi elettivi/rappresentativi – un topos della recente discussione politologica – è affrontato a partire da una critica della concezione liberale-elitista della democrazia che ha il merito di non indulgere in comode scorciatoie normativistiche (come viceversa avviene in molta teorizzazione contemporanea della democrazia deliberativa).

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2 Marzo, 2014

Michele Martelli, Relativismo, religione, laicità

by gabriella

DioL’Appendice a Il laico impertinente. Laicità e democrazia nella crisi italiana [Roma, Manifestolibri, 2013] pubblicata dal Rasoio di Occam.

Il relativismo e l’antropomorfismo religioso

Qual è l’origine delle religioni? La risposta classica del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, che rovescia la nota formula biblica, riallacciandosi alla riflessione del filosofo greco antico Senofane sulla genesi delle religioni, può essere così riassunta: «E l’uomo creò Dio». Non dunque Dio creò l’uomo “a sua immagine e somiglianza”, ma l’uomo Dio. La teologia si fa antropologia.

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1 Gennaio, 2014

Giorgio Agamben, Democrazia e sicurezza

by gabriella

AgambenL’autore di Stato d’eccezione su sicurezza e democrazia. Tratto da Le Monde diplomatique, gennaio 2014.

Eretta a priorità politica da una quarantina di anni, la sicurezza, questa nuova denominazione del mantenimento dell’ordine cambia spesso di pretesto (la sovversione politica, il «terrorismo») ma conserva la sua mira: governare le popolazioni. Per comprendere ed eludere la ragione securitaria, bisogna coglierne l’origine e risalire al XVIII secolo…

La formula «per ragioni di sicurezza» («for security reasons», «pour raisons de sécurité») funziona come un argomento autorevole che, tagliando corto in ogni discussione, permette di imporre prospettive e misure che non si accetterebbero senza di essa. Bisogna opporgli l’analisi di un concetto dall’apparenza anodino, ma che sembra aver soppiantato ogni altra nozione politica: la sicurezza.

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1 Gennaio, 2014

Lorenzo Possamai, L’evoluzione politica delle poleis greche

by gabriella

bassorilievoIndice

1. Dall’aristocrazia alla democrazia
2. L’evoluzione politica
3. L’età dei tiranni (650- 500 a.C.)
4. La democrazia
Conclusione

 

1. Dall’aristocrazia alla democrazia

Il miglioramento delle tecniche agricole e il conseguente aumento della popolazione, avevano profondamente trasformato il sistema economico uscito dal Medioevo ellenjco. A questa situazione di forte crescita demografica si aggiunse l’impulso al commercio che l’espansione coloniale continuava ad alimentare, sia fra città madre e colonia, che fra tutte le poleis tra loro.
La proprietà fondiaria, appannaggio dell’aristocrazia, cominciò ad essere superata come fonte di ricchezza dal commercio marittimo. Il sistema economico stava trasformandosi: commercio ed artigianato diventavano i settori chiave. Verso la fine del VII secolo, questo processo raggiunse il traguardo importantissimo dell’introduzione della moneta. Ogni polis batteva la sua moneta, recante da un lato l’effige della dea protettrice e dall’altro il simbolo della città. Nacquero presto delle vere e proprie banche, che prestavano denaro ad interesse e che garantivano ai propri clienti la possibilità di prelevare e depositare i propri guadagni, presso una filiale in un’altra città. Ciò è sufficiente a dare l’idea dei progressi che l’economia delle poleis greche compì nel breve spazio di meno di due secoli. Ma quale fu l’impatto sulla società e sugli equilibri politici di simili mutamenti?

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14 Novembre, 2013

Paolo Ercolani, Le metamorfosi del potere

by gabriella

leviathanParafrasando un celebre frammento di Eraclito, in cui il grande filosofo antico si riferiva alla natura, potremmo dire che l’epoca della società in rete, o della globalizzazione, è quella in cui il potere ha subito una trasformazione tanto poco percettibile quanto sostanziale e profonda: siamo infatti passati dal potere che nasconde, censura, manipola o coarta il flusso delle informazioni (o disinformazioni), a quello che ama nascondersi, trasfigurare i propri meccanismi di funzionamento e influenza, mascherare i luoghi del proprio abitare e operare. Lo scopo è sempre lo stesso, la perpetuazione del potere stesso, ma le modalità mutate debbono indurre a più di una riflessione. Dal Rasoio di Occam.

 

 

1. Luci e ombre

Il Potere che ama nascondersi è quello a cui non importa più se e quanto la popolazione possa o debba sapere, perché il suo essere nascosto, tale per cui non si sa bene chi lo detiene, da dove e con quali modalità di esercizio, gli consente comunque di attuare un dominio sulla pubblica opinione (nonché sulle menti e sui corpi degli individui), ancora più capzioso perché in grado di inserirsi nei meandri della mente collettiva e assurgere al rango di senso comune consolidato, pensiero unico difficilmente smentibile se non al prezzo di essere tacciati di follia o paranoia.

 A un livello squisitamente tecnico la questione non deve sorprendere più di tanto, se è vero che già Platone ci aveva insegnato che le malattie degli occhi, per cui essi finiscono col non riuscire più a vedere, sono di due tipi e hanno due cause:

«il passaggio dalla luce all’ombra e dall’ombra alla luce»[1].

 Tanto l’oscurità più totale, quanto un eccesso di luce producono degli esseri umani incapaci di pervenire alla distinzione chiara delle cose e quindi alla conoscenza, limitandoli bene che vada a una pallida percezione di ombre scambiate per oggetti reali. E qui entra in gioco la Rete, onnipotente e generosissima dispensatrice di informazioni infinite e di ogni genere, in cui è possibile rintracciare l’avallo a qualsiasi ipotesi anche strampalata e al suo contrario. Il risultato, ovviamente, è quello di una impossibilità di approssimarsi a delle verità nitide, abbagliati dalla troppa luce dell’«opulenza informativa» e dimentichi che il tutto confina paurosamente con il nulla.

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26 Ottobre, 2013

Paolo Flores D’Arcais, Dio e la democrazia

by gabriella

flores-d-arcais-la-democrazia-ha-bisogno-di-dio-falsoIl Prologo del libro di Flores d’Arcais, Dio ha bisogno della democrazia? Falso! [Laterza, 2013]. Il filosofo del diritto ripercorre le ragioni della laicità e della separazione tra la sfera pubblica e un sentimento religioso necessariamente privato, se si ha in mente la democrazia.

Dio è compatibile con la democrazia? Domanda sconveniente, domanda tabù, che infatti non echeggia mai nei ricorrenti dibattiti su religione e politica, quasi che fosse temerario anche solo pensarla, e  blasfemo formularla. Eppure la risposta dovrebbe essere un perentorio NO, se dovessimo adeguarci all’invito evangelico

“il tuo dire sia sì sì, no no, perché il di più viene dal Maligno”, Matteo 5,37.

Se  vogliamo invece essere più precisi – cioè in questo caso più sfumati – dovremmo rispondere: difficilmente, solo sotto condizioni assai restrittive. Vale a dire: solo se il Dio che il credente si è creato lo lascia libero di scindersi tra credente e cittadino, di prescindere da Lui nella sfera pubblica. Di obbedire a Dio nella condotta personale ma di rifiutarsi che alla legge di Dio debba obbedire la comunità dei liberi ed eguali, che si dà da sé la propria legge. Questo è infatti la democrazia: autonomia, autos nomos.

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5 Ottobre, 2013

Giorgio Agamben, La crisi perpetua come strumento di potere

by gabriella

agambenDa Il lavoro culturale, la traduzione dell’intervista pubblicata dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung il 24 maggio 2013, dopo lo scalpore suscitato dall‘idea di un impero latino da opporre al dominio teutonico sull’Europa. Agamben vi assume la postura astratta del costituzionalista, tornando sui concetti a lui cari di legittimità, legalità, democrazia, crisi; assente (inevitabilmente) quello di politica.

Professor Agamben, quando lo scorso marzo ha proposto l’idea di un “impero latino” contro il dominio tedesco in Europa, s’immaginava che questa idea avrebbe avuto una tale risonanza? Nel frattempo il suo saggio è stato tradotto in molte lingue e discusso appassionatamente in mezzo continente…

No, non me lo aspettavo. Ma credo nella forza delle parole, quando sono pronunciate al momento giusto.

La frattura dentro l’Unione Europea è davvero una frattura tra economie e modi di vita “germanico” del nord e “latino” del sud?

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25 Luglio, 2013

Fabrice Olivier Dubosc, L’aspirazione alla libertà come capacità culturale

by gabriella

Gezi Park1

Con una interessante riflessione che tiene insieme spunti antropologici e di psicologia umanistica, Dubosc propone una lucida interpretazione dei concetti di libertà e democrazia profonda, di cultura e del paradossale rapporto tra stabilità e cambiamento, processo e struttura.

Ho abitato in Turchia per molti anni e mi tocca quanto sta accadendo laggiù. La capacità di protesta di Piazza Taksim  è una capacità culturale come lo era quella di Piazza Tahrir. E’ un grave pregiudizio etnocentrico pensare che la capacità di aspirare a giustizia, libertà, a orizzonti futuri non dominati dal mercato o dall’economia siano appannaggio della cultura occidentale.

Cerco di spiegarmi: cultura è un concetto polisemico, impossibile ridurlo a una formula onnicomprensiva. E’ un concetto per altro che nasce solo di recente, e nel nostro di universo semantico – la parola vien d’uso nel 1700 francese, quando cultura voleva dire il frutto di un’educazione – il punto era semmai se questo fosse più sviluppato nell’aristocrazia o nella borghesia. Ma il concetto si definisce nel 1800 con l’etnografia classificatoria del colonialismo che per almeno 100 anni ha catalogato usi, costumi, eredità, tradizioni come ciò che è legato al passato. Invece la cultura, se non la essenzializziamo (facendola diventare un sostituto della ‘razza’), è un concetto limite, paradossale e composto da antinomie: alcune dimensioni della cultura sono mitiche e narrative e altre materiali; alcune rivolte al passato altre al futuro, e ancora: la dimensione  culturale è stata messa in opposizione alla ‘natura’ ma la natura dell’uomo è di essere culturale ..

Panikkar insegnava che le culture sono incommensurabili l’una con l’altra e allo stesso tempo sono il risultato di una reciproca fecondazione; che i valori di ogni cultura sono relativi a un dato contesto e non sono assolutizzabili (anzi che la visione di universalità dei propri contenuti culturali è l’essenza del colonialismo)… ma che allo stesso tempo in ogni cultura vi sono dimensioni transculturali che aprono al pluralismo e in una tensione verso una dimensione capace di contemplare (non assimilare) le differenze. Insomma le culture sono rivolte alla trasmissione/riproduzione del passato ma anche all’invenzione del futuro.

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18 Luglio, 2013

Giorgio Agamben, Note preliminari al concetto di democrazia

by gabriella

démocratie dans quel étatNel 2009, otto filosofi hanno accettato di contribuire alla discussione sul concetto di democrazia, lanciata dall’editore canadese La Fabrique e raccolta in questo saggio. Agamben ha scritto questa bella nota preliminare sull’ambiguità del concetto di democrazia, tra costituzione e governo, potere costituente e potere costituito [pp. 7-9].

Qu’est-ce qu’un démocrate, je vous prie ? C’est là un mot vague, banal, sans acception précise, un mot en caoutchouc.

Auguste Blanqui

Ogni discorso sul termine “democrazia” è oggi falsificato da un’ambiguità preliminare che condanna al malinteso chi lo utilizza. Di cosa si parla quando si parla di democrazia? A quale razionalità si riferisce questo concetto? Una veloce osservazione  mostra che chi discute oggi sulla democrazia intende con questo termine sia una forma di costituzione del corpo politico che una tecnica di governo. Il termine rinvia dunque sia alla concettualità del diritto pubblico che a quella della pratica amministrativa: designa cioè sia la forma di legittimazione del potere che il suo utilizzo.

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