Un classico illuminista del conflitto tra diritti delle donne e multiculturalismo, pubblicato in Boston Review nell’ottobre/novembre 1997 e tradotto da Maria Chiara Pievatolo per Swif. Okin vi argomenta, da un punto di vista liberale, contro il riconoscimento di diritti speciali per un diverso gruppo culturale, alla luce delle disuguaglianze interne, particolarmente di genere, del gruppo stesso.
Proprio in virtù di questa struttura di diseguaglianza, le richieste dei componenti maschi non andrebbero infatti considerate rappresentative dell’intero gruppo, né volte ad assicurarne universalmente il benessere.
Fino a pochi decenni fa, ci si aspettava tipicamente dai gruppi minoritari che si assimilassero nelle culture di maggioranza. Ora questa attesa di assimilazione è spesso considerata oppressiva e molti paesi occidentali cercano di escogitare nuove linee di condotta politica, più sensibili alla persistenza delle differenze culturali. Paesi che, come l’Inghilterra, hanno chiese nazionali o una educazione religiosa patrocinata dallo stato, trovano difficile resistere alla richiesta di estendere il sostegno statale alle scuole religiose minoritarie; paesi che, come la Francia, hanno una tradizione di istruzione pubblica laica, sono lacerati da dispute sul permesso di vestire, nelle scuole pubbliche, gli abiti richiesti da religioni minoritarie. Ma una questione è ricorrente in tutti i contesti, sebbene non sia quasi stata notata nel dibattito attuale: che fare quando le pretese di culture o religioni minoritarie collidono col principio dell’uguaglianza di genere che è per lo meno formalmente sottoscritta dagli stati liberal-democratici – per quanto continuino a violarla nella pratica?
Commenti recenti