Le teorie del complotto, proponendo versioni ipersemplificate della realtà sociale, presentano un’architettura esplicativa, finalistica e intenzionale, del tutto simile alla teoria dell’Intelligent Design che mirerebbe a spiegare la complessità del mondo naturale come prodotto di un agente superiore. La diffusione della disinformazione online è considerata una delle più serie minacce per la società odierna. Per questo i complottismi non vanno liquidati con quattro risate, ma colti per quello che sono: campanelli d’allarme. Tratto da La mela di Newton.
Viviamo nell’era della condivisione dell’informazione: facebook, twitter, youtube, google plus, instagram, snapchat, sono alcuni dei più fruiti social media attraverso cui scorrono flussi rumorosi di informazioni di ogni tipo. Possiamo improvvisarci giornalisti filmando con lo smartphone un atto di vandalismo o le conseguenze di un’alluvione e caricarlo su youreporter per rendere testimone il mondo intero. Abbiamo un accesso potenzialmente illimitato e subitaneo a informazioni provenienti da ogni angolo del globo. Eppure, uno studio che ha fatto il giro del mondo, pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS da un gruppo di studiosi italiani che lavora al laboratorio di Computational Social Science dell’Istituto IMT Alti Studi di Lucca, diretto da Walter Quattrociocchi (The spreading of misinformation online), afferma che viviamo nell’era della disinformazione. Com’è possibile? È presto detto.
È noto che online girano tante bufale, informazioni non verificate e non filtrate che si diffondono in modo virale fino a costituirsi in leggende metropolitane o teorie del complotto. Si passa dai sempreverdi avvistamenti UFO alla presenza sulla terra di extraterrestri rettiliani, alcuni dei quali sarebbero persino piazzati in strategiche posizioni di potere. Lo sbarco sulla Luna? Mai avvenuto. Le scie chimiche lasciate dagli aerei in quelle giornate terse sono un lento strumento di avvelenamento della popolazione da parte di un potere occulto, ma c’è anche la variante secondo cui servirebbero a influenzare il cambiamento climatico.
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