Traggo dal Centro studi Campostrini questo studio sul confronto di Derrida con Carl Schmitt.
È in Politiques de l’amitié [1], ancor più che in Spectres de Marx[2], che l’orientamento politico, direi: la ‘destinazione’ politica, della filosofia di Derrida, anche delle analisi teoriche più astratte ed apparentemente lontane da ciò che si è soliti indicare col termine ‘politica’ – un singolare che a Derrida non piaceva, come già il titolo del libro rileva –, ha trovato la sua più convinta espressione. La politica, infatti, non è stata per il filosofo francese un tema di riflessione accanto ad altri; è stata anzitutto fonte di ‘responsabilità’. Lo attesta il confronto con Schmitt, che di questo libro costituisce la struttura portante, la cui motivazione originaria è nella dichiarata ‘esigenza’ di comprendere perché
«questo giurista ipertradizionalista della destra cattolica»
ha suscitato tanta simpatia
«in certi circoli del pensiero politico di sinistra».
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