Esiodo, Le opere e i giorni
L’adornò del cinto
E delle vesti, le donar le Grazie
E Pito veneranda aurei monili,
E de’ più vaghi fior di primavera
L’Ore chiamate, le intrecciar corone.
Ma l’uccisor d’Argo, Mercurio, a lei,
Ché tal di Giove era il voler, l’ingegno
Scaltri d’astuzie e blande parolette
E fallaci costumi …
[…]
Aveva Prometeo a lui
Fatto divieto d’accettar mai dono
Venutogli da Giove, ché funesto
Esser questo potea; ma, del fratello
Obliando Epimeteo i saggi avvisi.
Accettollo, e del male, allor che il dono
Era già suo, di subito s’accorse.
[…]
Di propria mano scoperchiato il vaso,
Che i mali in sé chiudea, questi si sparsero
Tra i mortali, e sol dentro vi rimase
All’estremo dell’orlo la Speranza,
Perché la donna, subito, il coperchio
Riposto, il volo a lei contese. Tale
Era il cenno di Giove.
Commenti recenti