30 Novembre, 2019
by gabriella
L’uomo che ha disarmato l’accoltellatore del London Bridge era stato posto in libertà vigilata da alcuni giorni, dopo essere stato incarcerato per assassinio nel 2004 a 21 anni e condannato all’ergastolo.
C’è una storia nella storia di questo nuovo episodio terroristico di Londra. L’aggressore, prima dell’arrivo della polizia, è stato affrontato e bloccato da alcuni civili. Uno di questi eroi, che si è buttato addosso al terrorista cercando di salvare la vita di una donna, è James Ford, un assassino che da poco ha ottenuto – come il terrorista – la libertà vigilata.
Lo rivela il Mail online. Uno strano gioco del destino ha voluto che proprio lui, condannato per aver ucciso una donna a coltellate, diventasse eroe per un giorno per aver difeso una donna dal coltello di Usman Khan. Ora 42enne, Ford è stato incarcerato a vita – con una pena minima di 15 anni – nell’aprile 2004 per l’omicidio di Amanda Champion, strangolata e sgozzata: il suo corpo fu trovato abbandonato su un mucchio di rifiuti vicino alla sua casa di Ashford, nel Kent, nel luglio precedente. Aveva 21 anni, ma un’età mentale di 15.
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3 Dicembre, 2014
by gabriella
Mona Hatoum, Cage à deux, 2002
Per fare alcune considerazioni sul rapporto stretto che lega neoliberismo e carcere, è opportuno partire dal volume di Loïc Wacquant Iperincarcerazione. Neoliberismo e criminalizzazione della povertà negli Stati Uniti (Ombre corte. Ne ha già scritto su questo giornale Vincenzo Vita il 7 giugno). È, quello dello studioso francese, un «diario della crisi» dell’Impero visto da uno dei suoi lati più oscuri: il disastro sociale, eppur funzionale e messo a valore, che l’ideologia neoliberista ha provocato negli States. Lo stesso autore con Punire i poveri. Il nuovo governo dell’insicurezza sociale (DeriveApprodi) e Simbiosi mortale. Neoliberismo e politica penale (Ombre corte), ancora prima che esplodesse la bolla finanziaria del 2008 aveva anticipato come il controllo e la gestione della marginalità, tramite l’ipertrofia penale e carceraria, avrebbero portato gli Usa a essere elencati tra i paesi con il più alto tasso di carcerizzazione del mondo esibendo senza alcuna vergogna settecentosedici prigionieri su centomila abitanti al 2012 (i dati sono ricavati dagli studi dell’International Centre for Prison Studies).
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1 Gennaio, 2014
by gabriella
Questo ottimo articolo di Alessandro De Giorgi uscito su Alfabeta2, [n. 30, giugno 2013] fa luce sui meccanismi simbolici e sociologici della cosiddetta governamentalità neoliberale della paura, una razionalità di governo incentrata sulla guerra al nemico pubblico individuato nel marginale e sulla criminalizzazione di massa delle popolazioni urbane segregate, rese economicamente superflue dalla ristrutturazione capitalistica postindustriale.
Il 14 ottobre 1982 Ronald Reagan teneva un importante discorso in cui illustrava la svolta punitiva alla base della nuova politica criminale della sua amministrazione:
«La crescita di una classe criminale senza scrupoli è stata in parte il risultato di una filosofia sociale sbagliata, che in modo utopico considera l’uomo come prodotto del suo ambiente, mentre la trasgressione è vista sempre come conseguenza di condizioni socio-economiche svantaggiate. Questa filosofia predica che dove si verifica un crimine è responsabile la società, non l’individuo. Ma il popolo americano sta finalmente riaffermando alcune verità indiscutibili: il bene e il male esistono, gli individui sono responsabili delle proprie azioni, il male è spesso frutto di una scelta, e la pena deve essere certa e immediata per chi si fa strada a danno degli innocenti».
A trent’anni da quella dichiarazione di guerra alla criminalità la popolazione carceraria degli Usa ha raggiunto la quota di 2,4 milioni di individui confinati in oltre 5000 istituti penali, per un tasso di incarcerazione di 756 soggetti per 100.000abitanti. Nel complesso 7,2 milioni di persone sono sottoposte a controllo penale: il 2,4% della popolazione. Sebbene trascurata dai media e dal dibattito politico, la situazione carceraria statunitense rappresenta una vera e propria emergenza sociale, risultato di quarant’anni di simbiosi tra liberismo economico e governo punitivo della povertà.
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