Estratto dell’articolo di Giuseppe Panissidi, Parigi val bene una strage, uscito ieri su Micromega.
L’ascesa al trono di Enrico IV di Francia, nel 1594, poneva (provvisoriamente) fine alle “Guerre di Religione” tra cattolici ed ugonotti – dopo trent’anni di barbarie, nota Voltaire – sfociate nel massacro della ”Notte di San Bartolomeo”. La frase che gli viene attribuita sarebbe stata pronunciata perché e nel momento in cui gli si prospettava la precondizione stessa per ‘meritare’ la corona della potente monarchia francese. Pur legittimo successore, egli avrebbe dovuto compiere il sacrificio ‘morale’ di abbracciare la fede cattolica. E non semplicemente, come si è talora creduto e la vulgata continua a ripetere, per personale convenienza, quanto e soprattutto nell’interesse supremo della nazione.
Non v’è dubbio che la storica e schiacciante vittoria cristiana di Lepanto contro gli Ottomani, il 7 ottobre del 1571, avesse galvanizzato le coscienze. E tuttavia, quella enorme potenza di fuoco (e di fede?) non si volgeva a una semplice “messa”. Meditava e preparava, invece, uno dei più grandi massacri della storia moderna: la strage, per l’appunto, della “notte di San Bartolomeo”.
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