27 Febbraio, 2014
by gabriella
Traggo da La letteratura e noi, questa riflessione critica sulla direttiva MIUR che invita ad individuare nei nostri studenti la presenza di bisogni educativi speciali.
Mi permetto di proporre alcune riflessioni in riferimento al dibattito in corso nel mondo della scuola e degli ambienti pedagogici sulla questione dei cosiddetti ‘bisogni educativi speciali’ che ha trovato una sua esplicita formalizzazione nei documenti del Miur di dicembre 2012 e marzo 2013.
Considero la questione estremamente delicata e complessa ma anche importante poiché è il riflesso di una concezione della scuola e di una visione della gestione delle differenze in termini di apprendimento, crescita individuale e collettiva. In sostanza ne va del modello di società che vogliamo costruire formando le future generazioni e quindi della nostra idea di democrazia.
Faccio rapidamente alcune considerazioni e pongo alcuni quesiti sui quali invito il mondo della scuola ma anche dell’educazione in generale a riflettere seriamente:
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Posted in Pedagogia, Scuola Pubblica | Commenti disabilitati su Alain Gousseau, BES. Quale inclusione?
12 Gennaio, 2014
by gabriella
Con la direttiva 17.12.2012 sui Bisogni Educativi Speciali, il MIUR ha richiamato l’attenzione su quella parte rilevante del disagio scolastico non legata a deficit cognitivo o a disturbi d’apprendimento (DSA) certificati. Gli studenti con bisogni educativi speciali sono, infatti, bambini e ragazzi, in condizioni di difficoltà (linguistica, psicologica o sociale) non includibili nelle prime due voci.
Un documento dell’Università di Bologna, evidenzia gli anacronismi (l’Unesco ha raccomandato già dal 2000 di sostituire l’espressione Bisogni Educativi Speciali con Educazione per tutti e non si tratta di un problema nominalistico), le arretratezze (il paradigma biomedico a cui i BES fanno riferimento attribuisce tutte le difficoltà d’apprendimento all’individuo, mentre il modello relazionale o “comunicativo”, decisamente più aggiornato, le interpreta come il prodotto dell’interazione tra l’individuo e il suo contesto), ed infine l’ipocrisia di una direttiva che invita la scuola a farsi carico della complessità educativa e sociale, senza specifico supporto economico, organizzativo, formativo: non sono infatti previste risorse per gli strumenti didattici, il numero di alunni per classe resta di 27/35, né si prevede l’assegnazione di insegnanti di sostegno o di formazione per gli insegnanti.
In questo contesto, la direttiva 2012 sui BES può ben essere definita, come osserva Ivana Prete nell’ultimo intervento, come uno strumento che «vela di inclusione una politica che giustifica l’esclusione» per quanto, paradossalmente, in quel teatro dell’assurdo che è ormai la scuola, capita persino di doverlo difendere.
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