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7 Luglio, 2013

Giovanna Cracco, Guerra, capitalismo e ipocrisia pacifista

by gabriella

SiriaIl Conflict Barometer, la pubblicazione annuale dell’Heidelberg Institute for International Conflict Research, per il 2012 registra 396 confitti in corso nell’intero pianeta, nove in più rispetto al 2011 – occorre sottolineare che secondo la metodologia utilizzata per la classificazione, all’interno di un Paese o fra Paesi diversi possono esistere più confitti contemporaneamente, a seconda degli attori (Stati, gruppi, fazioni) coinvolti. 188 sono classificati “confitti non violenti” (105 controversie e 83 crisi), 43 “guerre altamente violente” e 165 “crisi violente”, per un totale quindi di 208 confitti armati, il numero più alto mai registrato dall’istituto a partire dal 1945.

I principali teatri sono l’Africa sub-sahariana (19 guerre e 37 confitti violenti), la zona dell’Asia e dell’Oceania (10 guerre e 55 confitti), il Medioriente e l’area del Maghreb (9 guerre e 36 confitti). Angola, Chad, Congo, Etiopia, Niger, Sudan, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria le guerre maggiormente note all’opinione pubblica, ma nulla rende più l’idea della localizzazione dei confitti dello sguardo d’insieme che può offrire una mappa (vedi figura 1).

Il Rapporto Sipri 2013 (Stockholm International Peace Research Institute), relativo all’anno 2012 e pubblicato ad aprile scorso, denuncia una spesa militare globale di 1.753 miliardi di dollari, pari al 2,5% del pil mondiale. Nel conteggio sono inclusi acquisti di armamenti, spese per il personale civile, militare e paramilitare, spese di ricerca, spese per le missioni, comprese quelle definite di peacekeeping, e le spese a vario titolo contenute nei bilanci dei ministeri della Difesa dei diversi Stati.

Figura 1. Fonte: Conflict Barometer 2012, Heidelberg Institute for International Conflict Research

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