L’adornò del cinto E delle vesti, le donar le Grazie E Pito veneranda aurei monili, E de’ più vaghi fior di primavera L’Ore chiamate, le intrecciar corone. Ma l’uccisor d’Argo, Mercurio, a lei, Ché tal di Giove era il voler, l’ingegno Scaltri d’astuzie e blande parolette E fallaci costumi …
[…]
Aveva Prometeo a lui Fatto divieto d’accettar mai dono Venutogli da Giove, ché funesto Esser questo potea; ma, del fratello Obliando Epimeteo i saggi avvisi. Accettollo, e del male, allor che il dono Era già suo, di subito s’accorse.
[…]
Di propria mano scoperchiato il vaso, Che i mali in sé chiudea, questi si sparsero Tra i mortali, e sol dentro vi rimase All’estremo dell’orlo la Speranza, Perché la donna, subito, il coperchio Riposto, il volo a lei contese. Tale Era il cenno di Giove.
La storia di Prometeo raccontata da Jean-Pierre Vernant nel capitolo Il mondo degli umani [L’univers, les dieux, les hommes. Récits grecs des origines (1999), trad it. L’universo, gli dèi, gli uomini. Il racconto del mito, Torino, Einaudi, 2000, pp. 53-61] e Platone [Protagora,320c-324a].
Indice
1. Il mondo degli umani
1.1 Prometeo l’astuto 1.2Il bue sacrificale e la differenza tra uomini e dèi 1.3La vendetta di Zeus e il fuoco divino
2.Platone, Protagora
Com’è nato il mondo? All’inizio c’era Urano, figlio e sposo di Gea, la terra. I loro figli erano imprigionati da Urano nel ventre della madre perché il padre temeva di essere spodestato. Ma la madre Gea, non sopportando più l’oppressione costruì una falce con la quale il titano Crono evirò il padre.
Nel regno di Crono, il titano di unisce a sua sorella Rea. I due generarono alcuni dei, tra i quali Zeus, ma Crono divorava i suoi figli a causa degli stessi timori del padre. Uno di loro però, Zeus, fu nascosto al padre e crebbe lontano. Una volta adulto sconfisse il padre e lo costrinse a rigurgitare tutti i suoi figli, dèi e titani. Comincia allora una guerra tra dèi e titani che durerà dieci anni per decidere quale posto abbia ognuno e chi comanderà. Vinceranno di dèi olimpici e il loro capo, Zeus, che dopo la guerra spartisce gli onori tra tutti gli esseri viventi.
1. Il mondo degli umani
1.1Prometeo l’astuto
Come ripartire sorti e onori fra gli dèi e gli uomini ? Qui l’uso di una violenza pura e semplice non è più concepibile. Gli esseri umani sono talmente deboli che basta un semplice buffetto per annientarli, mentre gli immortali, da parte loro, non possono accordarsi con i mortali come se fossero loro pari.
Si impone allora una soluzione che non risulti né da un sovrappiù di forza né da un accordo fra pari. Per realizzarla, con mezzi necessariamente ibridi e distorti, Zeus si rivolge a un personaggio chiamato Prometeo, un essere tanto singolare e bizzarro quanto lo sarà l’espediente da lui escogitato per decidere e risolvere la contesa.
Perché è Prometeo il prescelto del caso? Perché nel mondo divino gode di uno statuto ambiguo, mal definito, paradossale. Viene chiamato Titano, mentre è in realtà il figlio di Giapeto che è fratello di Crono. E’ dunque il padre a essere un Titano. Prometeo non lo è in verità del tutto, senza per questo essere neppure un Olimpico, poiché non appartiene alla stessa discendenza. La sua natura è titanica, come quella del fratello Atlante, che sarà ugualmente punito da Zeus.
Da Studia humanitatis, traggo due brani raccolti da Jean-Pierre Vernant sulla condizione femminile nella Grecia antica: la custodia e la negazione della cittadinanza e il matrimonio.
La custodia e la negazione della cittadinanza
Il sesso era un decisivo fattore per determinare chi potesse diventare cittadino adulto in senso pieno. Ad Atene, una donna era integrata nella città non in quanto cittadina, bensì in quanto figlia o moglie di un cittadino. Il diventare adulte per la maggior parte delle ragazze di condizione libera era segnato dalla tappa decisiva del matrimonio. Alla paideía maschile corrispondeva, nel caso delle femmine, alla “custodia”. Il termine parthénos alludeva in primo luogo allo status antecedente al matrimonio, più che all’integrità fisica vera e propria.
Una legge attribuita a Solone stabiliva che, se il padre avesse scoperto che la figlia intratteneva rapporti sessuali prima del matrimonio, essa cessava di appartenere alla famiglia e poteva essere venduta. Per essa si chiudevano le prospettive del matrimonio; di qui l’importanza della “custodia”, come garanzia di preservazione delle condizioni d’accesso alle nozze. Fin dalla nascita le giovani trascorrevano gran parte della loro vita in casa, affidate alle cure della madre o delle schiave: qui, apprendevano ben presto i lavori domestici della filatura e della preparazione del cibo. Solo le feste religiose delle città erano un’occasione di uscita.
Raccolta di testi per esplorare la natura del mito in relazione alla costitutiva incompletezza della natura umana (Vernant; Guidorizzi) e al suo uso politico. I testi di Levi-Strauss, Barthes, Escobar sono pensati per introdurre all’uso politico del mito e del simbolico.
Jean-Pierre Vernant, Il mito greco
Non sono soltanto racconti. Contengono un tesoro di pensieri,
forme linguistiche, fantasie cosmologiche, precetti morali, ecc. che costituiscono il patrimonio comune dei greci dell’epoca preclassica.
Jacques Roubaud
Tratto da L’Univers, les Dieux, les Hommes (1999) trad. it. L’universo, gli dei, gli uomini, Torino, Einaudi, 2000.
Secondo Lévy-Strauss, un mito (μύθος) quale che sia la sua provenienza, si riconosce per la sua differenza dal racconto storico. La differenza con la narrazione storica è così ben marcata che in Grecia la historia(ἱστορία) si è formata contro il mito, come il resoconto esatto di fatti abbastanza vicini nel tempo perché testimini affidabili avessero potuto attestarli. Il mito si presenta invece come
un racconto venuto dalla notte dei tempi e che esisteva già prima che qualsiasi narratore iniziasse a raccontarlo[J.-P. Vernant, L’universo, gli dèi, gli uomini. Il racconto del mito, Torino, Einaudi, p. 5].
Il mito greco è un corpus di racconti arrivato a noi solo nel momento del declino, sotto forma di testi scritti che appartengono alle opere letterarie maggiori dell’epopea, della poesia, della tragedia, della storia e persino della filosofia, nelle quali, ad eccezione dell’Iliade, dell’Odissea e della Teogonia di Esiodo, compaiono dispersi, in modo frammentario, a volte allusivo. La condizione d’esistenza del mito è infatti l’oralità che permette alla polisemicità del racconto di svilupparsi e prendere forma in infinite variazioni ad ogni narrazione. Il racconto mitico presenta sempre varianti, versioni multiple.
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