Posts tagged ‘late capitalism’

13 Settembre, 2013

Eleonora de Conciliis, La stupidità quale forma del disagio psichico nel tardo capitalismo

by gabriella

idioziaDa Kainos due riflessioni dedicate alla forma che il disagio psichico assume nel tardo capitalismo: quella della stupidità. I testi delineano una crisi del processo di soggettivazione (o costruzione del sé) che impedisce agli individui di entrare in relazione significativa con se stessi e con il mondo. Se il secolo della psicanalisi è stato quello della nevrosi, il nostro tempo è quello della psicosi, un disturbo che, bloccando il passaggio dall’immaginario al simbolico, impedisce l’accesso a sé, alla comprensione del significato, alla lettura della realtà.

Recensioni di Elena de Conciliis, Pensami stupido! La filosofia come terapia dell’idiozia, Mimesi, 2008; e Massimo Recalcati, L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicanalitica, Raffaello Cortina, 2010.

Eleonora del Conciliis su Pensami stupido!

Pensare è comparare: nella cultura occidentale, l’intelligenza filosofica ha potuto esercitare il suo fascino ed affermarsi come lussuosa forma di superiorità individuale, solo attraverso un continuo ma inconfessabile confronto con il suo più debole termine di paragone: la stupidità [un richiamo, in effetti, esplicito in molti passaggi filosofici, in Eraclito, ad esempio, uno dei primi a parlare di “idiotismo” nel senso greco di “chiuso nel proprio particolare, privato”, o in Aristotele che nel De anima e nelle etiche spiega come si diventi uomini – cioè come si diventa ciò che si é -, sviluppando l’anima sensibile e l’anima razionale. Nota mia]. Quest’oggetto necessario, benchè nascosto, disprezzato o addirittura temuto dal pensiero, ha tuttavia una vita storica: se ne può fare la genealogia. Perciò il compito della filosofia, una volta denunciata senza ipocrisie la propria impura origine comparativa, consiste nel comprendere le trasformazioni epocali, le nuove metamorfosi della stupidità: se da un lato essa appare sempre più diffusa nella popolazione dell’Occidente come una specie di demenza senile, dall’altro ha assunto i tratti consumistici, mediocri e volgari dell’infantilismo di massa. Pericolosamente sottovalutati sia dalla politica che dagli ambienti accademici, oggi questi caratteri morbosi rischiano di colonizzare – di inebetire – proprio quelle forme di superiorità intellettuale che nel moderno li hanno usati come termine di confronto per la loro egemonia: il potere e la cultura. Di fronte a tale inquietante contaminazione, che sembra indicare una regressione involutiva di homo sapiens, soltanto la filosofia, pur trovandosi anch’essa assediata dalla stupidità, può forse giocare il ruolo, tutto femminile, di critica del potere e della cultura, diventando così un’ironica terapia dell’idiozia.

Con questo primo percorso intendo inaugurare sul neonato portale di Kainos un nuovo spazio di ricerca e di dialogo con i lettori e gli studiosi che vorranno intervenire, dedicato alle forme che nell’Occidente moderno (ma non solo) ha assunto e sta assumendo il processo di soggettivazione, definito anche, in sede antropologica, ‘processo di ominazione’ (cfr. sprt. L. Bolk, Il problema dell’ominazione, DeriveApprodi, Roma 2006), ed inteso come il processo in virtù del quale ogni cucciolo di uomo, uscendo dalla sua muta animalità ed entrando nel linguaggio, ossia compiendo ontogeneticamente il salto dalla natura alla cultura, diventa soggetto, singolarità, individuo con un volto unico ed inconfondibile, con una propria identità più o meno stabile, pur se scomponibile e riconducibile a fattori genetici, ambientali, sociali, ecc.

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4 Gennaio, 2013

Mona Chollet, Accelerazione e alienazione. Una critica sociale del tempo nella tarda modernità

by gabriella

Murphy, Watch 1925

Traggo dall’ultimo numero di Le Monde Diplomatique (décembre 2012) questa bella ricognizione storica sull’accelerazione e sulle origini della fame di tempo che affligge la contemporaneità.

La technologie devait apporter à l’humanité loisirs et liberté. Mais le rythme de la vie a suivi celui des machines, et chacun se sent accablé de contraintes asphyxiantes. Inégalement réparti, le temps constitue désormais une ressource rare et disputée. Pour comprendre les raisons de cette pénurie, un détour historique s’impose…

ECONOMISTE et romancier, l’Espagnol Fernando Trías de Bes sait bien que les gens ont aussi peu de temps pour lire qu’il en a pour écrire. Il a donc publié il y a quelques années un récit qui a le bon goût d’être à la fois court et truffé d’abréviations (1). On y suit les tribulations d’un personnage ordinaire baptisé TC, pour « type commun». Employé par une multinationale, TC y remplit une fonction décisive : il est chargé de dissimuler dans des armoires les factures des fournisseurs, afin que ceux-ci soient obligés de les renvoyer. Cette tâche prenante ainsi que le crédit contracté pour l’achat de l’appartement familial ne lui laissent guère le temps (T) de se consacrer à la passion secrète qui l’habite depuis l’enfance : l’étude des fourmis à tête rouge (Fourm à Tte Rge).

Ayant un jour calculé, à son grand désespoir, qu’il lui faudra encore trentecinq ans pour rembourser sa dette et rejoindre enfin ses chères Fourm à Tte Rge, TC décide de démissionner et de faire fortune. Une idée géniale lui vient. Il va vendre ce que ses contemporains, comme lui, recherchent avec le plus d’ardeur : du T. Il commence par lancer sur le marché des flacons de cinq minutes, qui s’arrachent aussitôt. Il monte alors en gamme et propose des boîtes de deux heures… Son génie commercial entraînera des bouleversements sociaux et politiques qu’il était loin d’avoir prévus.

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6 Dicembre, 2012

Luigi Ferrajoli, Ma l’economia è democratica?

by gabriella

FerrajoliIn questa bella riflessione su economia e democrazia, Ferrajoli esamina da costituzionalista cause e rimedi del collasso dello stato di diritto e dell’economia sociale di mercato. Ne emerge la drammatica contraddizione che evidenzia, da un lato, la crisi della democrazia costituzionale e l’impotenza della politica a renderla esecutiva e, dall’altro, la sua impossibile (alla luce delle ragioni acutamente delineate dal giurista) soluzione consistente nella risposta politica e nella ricostituzionalizzazione del diritto.

Alla luce di questa impasse, ciò che resta in ombra nell’analisi di Ferrajoli (peraltro uno dei miei costituzionalisti preferiti) sembra dunque la crisi dello stesso costituzionalismo, cioè l’incapacità degli strumenti di analisi del diritto di uscire dall’orizzonte del “dover essere” e di misurarsi con la “realtà effettuale” – come direbbe Machiavelli – della società liberale matura. Una realtà, cioè che, dal punto di vista scientifico (cioè conoscitivo), può essere pensata solo in prospettiva pluridisciplinare e che, da quello politico, può indicare risposte solo quando si misura con la razionalità di tutti gli attori, prima tra tutte quella dei mercati.

Emergono così diverse questioni: se l’economia non è democratica, possono, i mercati, comportarsi come dovrebbero? Può il diritto addomesticare gli animal spirits? E può tanto (come il giurista dice necessario) la politica dei partiti sistemici ai quali Ferrajoli si rivolge nelle conclusioni, dimenticando di aver denunciato, giusto due righe sopra, la loro debolezza, la loro lontananza dalla società, la loro corruzione? Uscire dalla crisi è impossibile se non si pensa la crisi di un paradigma.

 

 

1. La crisi, i mercati e il rapporto tra economia e politica

Io credo che il tema di questo intervento – il rapporto tra economia e politica e la dipendenza della seconda dalla prima – sia il tema di fondo del nostro tempo: un tema che è tutt’uno con il tema della crisi della sfera pubblica, del ruolo e ancor prima della natura della politica e perciò, in ultima analisi con il tema, al tempo stesso teorico e politico, della crisi della democrazia, non solo in Italia ma in Europa e più in generale a livello globale.

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