Cineasta e artista surrealista, Nelly Kaplan ha scritto anche alcuni racconti femministi, tra cui questo Je vous salue, maris, anche noto come Ave, mariti in cui racconta la servitù pavloviana degli uomini nel matriarcato prossimo venturo.
Il testo può sembrare la rivincita onirica di un mondo a parti rovesciate, invece è un esperimento narrativo finalizzato allo smascheramento dell’ideologia sessista, qui ironicamente rivolta all’uomo.
Da millenni ormai viviamo di nuovo sotto il regime del matriarcato. Le donne hanno vinto. Hanno proprio vinto. Stiamo pagando duramente la loro condizione servile di un tempo. Noi, gli uomini. E ciò dura da millenni.
Eppure, talvolta ho sperato in un cambiamento. Nella storia di questo mondo i giorni si susseguono e non rassomigliano l’uno all’altro. Nei libri di storia io cerco un motivo di speranza. Infatti, sono uno dei pochissimi uomini che ancora ama la lettura. Durante le lunghe giornate che passo qui recluso, nella dimora in cui sono relegato, io leggo le opere degli avi. E le capisco, perfino. Sembra che, nonostante la condizione in cui vivo, la mia intelligenza sia al di sopra della media. E per questo, senza dubbio, che quelle mi sorvegliano con particolare insistenza. Ma ciò non mi impedisce di divorare delle opere che, a sprazzi, mi rivelano quel che era il mondo in un lontano passato, molto prima del matriarcato. E mi fanno sognare. Invano. Perché non usciremo mai dal nostro stato. In verità, la speranza non può essere che un’illusione. Quelle ci tengono in pugno. Si sono ammirevolmente organizzate per darci l’essenziale: vitto, alloggio e perfino tutti i comfort. Una specie di anestesia, insomma, un’anchilosi mentale che ci incarcera molto meglio delle sbarre di una prigione.
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