I filosofi sono come i giocatori, ci sono quelli che vedono ciò che gli altri vedono e li aiutano ad esprimerlo e ci sono quelli che vedono ciò che gli altri non vedono e cambiano il mondo. La seconda questione posta da Filosofia. Corso di sopravvivenza [Milano, Ponte alle grazie, 2001, pp. 9-13] di Girolamo De Michele.
Il filosofo che elabora un concetto è un po’ come il calciatore che fa una giocata. I calciatori (o i cestisti, ecc.) possono essere divisi in tre categorie. Ci sono quelli che fanno ciò che noi che siamo sugli spalti faremmo (così crediamo, almeno), al posto loro: vedono un buco che vediamo anche noi e lo attraversano, o ci fanno passare il pallone. Poi ci sono quelli che vedono un buco che a noi sfuggiva, un buco che noi gente comune vediamo solo al ralenti, in televisione, o addirittura con la moviola, ma che a occhio nudo non si vedeva. Poi ci sono i geni: quelli che il buco lo creano.
Maradona o Baggio che partono da centrocampo contro la difesa schierata e hanno già visto dove passeranno, Platini che ha capito come si muoveranno compagni e avversari prima di impostare l’azione, Johan Cruijff che si lancia contro gli avversari e sembra attraversarli o sorvolare le loro gambe tese, il pallonetto di Pelé nella finale del 1958.
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