Posts tagged ‘Pearson’

7 Maggio, 2015

Anna Angelucci, La valutazione negli Stati Uniti: storia di un fallimento

by gabriella
Milton Friedman (1912 - 2006)

Milton Friedman (1912 – 2006)

L’intervento di Anna Angelucci al Convegno “Educare alla critica: quale valutazione?”. Liceo Classico Mamiani, Roma, 26 novembre 2013.

Economisti che sui problemi della scuola si costruiscono carriere, imprenditori e faccendieri a caccia di nuovi guadagni, insieme a politici e burocrati compiacenti, stanno imponendo il governo tecnocratico nella scuola e nell’università, un governo che inneggia all’individualismo e alla competizione sfrenata, dove l’istruzione ridotta a prodotto di mercato, e che liquida come anacronistico retaggio del passato ogni dimensione del sociale. Una pletora di decisori senza idee che, a dispetto di ogni evidenza, vogliono imporre oggi in Italia quello che la storia mostra aver fallito altrove. In questo scenario il test non è neutro e non è innocuo: è un dispositivo di controllo che agisce come strumento performativo retroattivo, trasformando ciò che facciamo e il senso di ciò che facciamo a scuola .

La “cultura della valutazione” nasce nella seconda metà del secolo scorso negli Stati Uniti d’America, imposta dal modello economico neoliberista, che applica anche all’istruzione il principio imprenditoriale dell’analisi costi-benefici a breve termineLe scuole saranno più efficienti se saranno sottoposte alle leggi del mercato capitalistico e, come tutte le aziende, entreranno in concorrenza le une con le altre per attirare i loro clienti: gli studenti», così Milton Friedman, nel 1955, in “The role of Government in education”].

reaganPer fare questo occorreva individuare un’entità misurabile circoscritta, una unità di misura e uno strumento di misurazione, che permettesse di valutare “oggettivamente e sistematicamente” il livello degli  apprendimenti di uno studente, di una classe, di una scuola, di uno Stato.

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13 Maggio, 2014

Giorgio Mascitelli, La scuola della valutazione

by gabriella

The GuardianUna condivisibile riflessione sulla standardizzazione dei saperi e sulle finalità private infiltrate negli obiettivi educativi dettati dalle prove OCSE-PISA e dai test INVALSI: «finale di partita – osserva Mascitelli su Alfabeta2 –  dell’idea di acculturazione e della formazione come processo di emancipazione che ha informato di sé la scuola moderna», cioè della scuola repubblicana nata dalla Rivoluzione francese.

La pubblicazione sul giornale inglese Guardian il 6 maggio scorso di una lettera al direttore del programma PISA dell’OCSE Andreas Schleicher da parte di un gruppo di accademici ed esperti di didattica in prevalenza anglosassoni sui danni prodotti dallo stesso programma al sistema scolastico rappresenta una riflessione e una proposta di dibattito che per la sua ampiezza richiederebbe il rapido sviluppo di quella che, per comodità, potrei chiamare un’opinione pubblica globale.

Gli estensori della lettera criticano la pretesa di ridurre a valutazioni quantitative omogenee sistemi scolastici disomogenei finendo con il produrre risultati falsati, ponendo le scuole e i sistemi scolastici che operano in ambienti sociali sfavorevoli agli ultimi posti e favorendo una didattica tutta rivolta a migliorare la posizione in classifica, che trascura obiettivi fondamentali dell’insegnamento come la formazione culturale e civica dello studente. Un secondo genere di osservazioni non meno importanti è relativo al quadro di legittimità delle prove PISA che sono promosse da un’organizzazione che non ha alcun mandato internazionale, a differenze di Unicef o Unesco, per occuparsi di questioni educative e culturali e alla sua collaborazione per la realizzazione di queste prove con soggetti economici privati che hanno interessi aziendali nel mondo della scuola.

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