In questo spezzone, tratto da Auguri professore, di Riccardo Milani, lo sfiduciato professor Lipari riflette sulla lontananza degli studenti dalla scuola, rintracciandone le ragioni nell’essersi formato, a sua volta, in una scuola «che ignora la gioia di vivere» e predica – conformemente alla propria matrice cattolica – «il castigo, la pena, il dolore». Dopo aver ironizzato sulla centralità didattica della «concezione del dolore in Manzoni e Leopardi», il professore prorompe così in un
Leopardi riteneva che non se potesse più di piagnistei [perché] pensava che la polica vera era dare al mondo distrazioni vive, occupazioni grandi, movimento, vita. Lui pensava che il fallimento maggiore della politica stava nel non mettere a frutto gli ardori giovanili […] il desiderio di vivere che hai dentro e la rabbia per non poterlo gridare.
Osservando l’interesse della sua allieva davanti a questa interpretazione, Lipari si rende conto di quanto gli piaccia insegnare perché
trasmettere abilità rende abili, trasmettere intelligenza rende intelligenti.
Non si può insegnare senza avvertire e aver voglia di comunicare voglia di vita, e senza quindi abbandonare la pedagogia dell’impegno e del sacrificio.
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