Un sogno introdusse Jung alla definizione della nozione di inconscio collettivo. Avvenne nel momento del distacco da Freud, quando ancora forte era la sua influenza e imminente il distacco. Emerge nel racconto l’idea, già freudiana, che l’attività dell’analista sia simile a quella dell’archeologo: uno scavo e una ricerca tra strati e sedimenti depositati nel tempo; un tempo che per Freud si limitava alla sfera individuale, mentre per Jung abbraccia la storia dell’umanità. Tratto da Ricordi, sogni e riflessioni di Carl Gustav Jung, Milano, BUR, 1992, p. 200-204.
L’anno 1909 fu decisivo per i nostri rapporti. […] Consideravo Freud una personalità più anziana, più esperta e matura, e mi sentivo come un figlio suo. Ma poi capitò qualcosa che inferse un duro colpo alla nostra amicizia. Freud ebbe un sogno, che implicava problemi che non mi sento autorizzato a riferire. Lo interpretai come meglio potevo, ma aggiunsi che si sarebbe potuto dire molto di più se mi avesse fornito alcuni particolari sulla sua vita privata. A queste parole Freud mi guardò sorpreso, con uno sguardo carico di sospetto, poi disse:
«Non posso mettere a repentaglio la mia autorità!»
La perse in quel momento. Quella frase si impresse come un marchio indelebile nella mia memoria, e in essa vi era già un preannuncio della fine della nostra amicizia. Così, Freud poneva l’autorità personale al di sopra della verità!
Come ho già detto, Freud, o era incapace di interpretare i sogni che avevo, o li interpretava solo parzialmente. Erano sogni di contenuto collettivo, con una quantità di materiale simbolico. Uno per me fu particolarmente importante, perché per la prima volta mi indusse al concetto di «inconscio collettivo», e pertanto rappresentò una specie di preludio al mio libro Wandlungen und Symbole der Libido.
Ero in una casa sconosciuta a due piani. Era “la mia casa”. Mi trovavo al piano superiore, dove c’era una specie di salotto ammobiliato con bei mobili antichi di stile rococò. Alle pareti erano appesi antichi quadri di valore. Mi sorprendevo che questa dovesse essere la mia casa, e pensavo: “Non è male!” Ma allora mi veniva in mente di non sapere che aspetto avesse il piano inferiore. Scendevo le scale, e raggiungevo il piano terreno.
Tutto era molto più antico, e capivo che questa parte della casa doveva risalire circa al XV o al XVI secolo. L’arredamento era medioevale, e i pavimenti erano di mattoni rossi. Tutto era piuttosto buio. Andavo da una stanza all’altra, pensando: “Ora veramente devo esplorare tutta la casa!” Giungevo dinanzi ad una pesante porta, e l’aprivo: scoprivo una scala di pietra che conduceva in cantina. Scendevo, e mi trovavo in una stanza con un bel soffitto a volta, eccezionalmente antica.
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