Posts tagged ‘scuola delle competenze’

13 Febbraio, 2012

Gabriele Miniagio, Adversus pedagogistas

by gabriella

Purtroppo gergale (detto tra filosofi: ogni tanto leggiamo anche il giornale) ma bello, l’articolo di Miniagio esamina la struttura del dispositivo disciplinare noto come “scuola delle competenze”. I meno pazienti saltino pure il primo paragrafo per godersi, dal secondo, una storia della scuola italiana veramente sapiente.

Qualcosa di profondo è accaduto nella scuola italiana. A partire dalla riforma Berlinguer, attraverso una serie di politiche protrattesi per un quindicennio, essa è mutata non solo nella sua veste esteriore, ma anche e soprattutto nel suo principio ispiratore, dunque nel suo rapporto con la società e la cultura. L’ideale della paideia, prima gentiliano e crociano, poi marxista, ha ceduto lentamente ma inesorabilmente il passo ad un pedagogismo scientista, che chiama in causa come proprio referente una mente naturalizzata, totalmente spossessata di un senso dell’agire che non sia l’operare macchinico: il compito del percorso didattico diviene quello di implementare in essa competenze e abilità operative per risolvere problemi dati, al di là di ogni definizione della realtà umana in termini esistenziali o storico-politici1.
Ci sforzeremo di mostrare come questa pedagogia tecnico-operazionale abbia origine nella concezione di una soggettività naturalizzata, teorizzata dagli indirizzi più radicali della filosofia della mente, e come entrambe chiamino in causa un processo di produzione di vita soggettiva che, nella società di massa tardo capitalistica, le sottrae il senso di sé e del mondo; il prodotto di tale processo è qualcosa che potremmo chiamare indifferentemente un quasi bios o un quasi soggetto.

Emergerà infatti, nell’ultima parte di questo lavoro, che il dispositivo “pedagogia delle competenze – naturalizzazione del soggetto” non è affatto neutrale: il carattere tecnico-operazionale, l’ossessione quantitativa della docimologia, l’esigenza di un portfolio di competenze certificato, la ricerca di una valutazione oggettiva dei risultati dell’apprendimento sono elementi a cui le forme di reclutamento e le procedure dei nuovi lavori cognitivi danno l’origine e il fine, l’alpha e l’omega. Ma la relazione non finisce qui, perché quel dispositivo non solo addomestica e disciplina di fatto all’assetto produttivo del capitalismo cognitivo, ma anche e soprattutto perché esso delinea la soggettività macchinica e priva di mondo come un modello complessivo, rispetto a cui il referente dell’azione educativa è disciplinato fin dall’inizio a rispecchiarsi e adeguarsi.

In altri termini il dispositivo “pedagogia delle competenze – soggettività naturalizzata” addomestica non solo ad una serie di pratiche, ma anche ad un senso globale, rilanciando e potenziando i processi di soggettivazione che occorrono nella società tardo capitalistica, con l’intento di produrre macchine da problem solving per cui non è mai in gioco l’esistenza, l’agire e l’orizzonte del possibile.

L’analisi che condurremo esplorerà perciò i nessi sussistenti fra questi tre elementi: pedagogismo delle competenze, naturalizzazione della soggettività, processi di soggettivazione tardocapitalistici.

A questo punto si potrebbe chiedere: perché centrare l’attenzione sull’Italia? La risposta è semplice: perché in Italia la società di massa e i processi di produzione soggettiva che essa realizza non incontrano quell’anticorpo che negli altri paesi europei è ancora in opera e che consiste in una modernizzazione politica e civile, la quale ha accompagnato, quando non preceduto, la modernizzazione in senso economico-produttivo. L’impressione è però che l’efficacia di questo anticorpo sia fragile un po’ ovunque e che l’Italia sia solo l’avanguardia di un processo di degrado della democrazia, della società e della cultura che riguarda tutti i paesi a capitalismo avanzato.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di dipanare gli elementi in gioco, che sono tanti e tutti intrecciati fra loro. Dobbiamo porci una serie di domande.

1) Che cosa è successo nella scuola italiana?
2) Che rapporto c’è fra quanto è accaduto nella scuola e il caso Italia in quanto tale?
3) In che senso i cambiamenti intervenuti hanno origine da quella soggettività naturalizzata, teorizzata da alcune correnti della filosofia della mente?
4) Perché la pedagogia delle competenze e la naturalizzazione della soggettività rientrano in un più generale processo di produzione di vita soggettiva povera, che riguarda la società tardo capitalistica nel suo complesso?

Esamineremo le questioni una per una.

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1 Febbraio, 2012

Silvia di Fresco, Matteo Vescovi, L’arrestabile ascesa della scuola delle competenze. Alcune riflessioni sui cambiamenti in atto nel sistema scolastico italiano

by gabriella

Un’ottima ricognizione degli antefatti, delle mistificazioni e degli scopi inconfessabili di vent’anni di programmatico declino scolastico italiano. Bello anche il titolo che mi fa venire in mente la brechtiana “resistibile ascesa” di Hitler e la necessità che gli insegnanti italiani escano dal torpore inconsapevole che li ha avvinti e rifiutino di collaborare alla “soluzione finale”.

State pur tranquilli
ci saranno sempre
più poveri e più ricchi
ma tutti più imbecilli

G. Gaber, La razza in estinzione

1. Società della conoscenza/società del controllo di Silvia Di Fresco

Sulle pagine della rivista «L’ospite ingrato» dedicata al tema della conoscenza, Sergio Bologna1, dopo aver sottolineato l’inefficacia dell’attuale sistema formativo, concludeva il suo articolo chiedendosi quale possa essere il futuro degli studi umanistici in un contesto in cui il lavoro, e il suo linguaggio, sono altamente dominati dalla tecnologia.

Il problema ovviamente non riguarda solo l’Italia e non coinvolge solo aspetti interni alla didattica, ma riguarda il modello di società che saremo in grado di immaginare per risolvere i giganteschi problemi ecologici e sociali che il pianeta si trova ad affrontare. È quella che recentemente Martha Nussbaum ha definito come «crisi dei saperi socratici» [Internazionale, 870, pp. 36-42], cioè di quei saperi che sviluppano competenze non misurabili come la capacità di confrontarsi e mettersi in discussione, di assumere il punto di vista dell’altro, di produrre soluzioni innovative (e non esecutive) rispetto ai contesti in cui sorgono i nostri problemi.

Saperi che rappresentano le finalità di un’educazione rivolta alla costruzione di una comunità democratica, all’interno della quale l’insegnamento di materie letterarie e scientifiche va salvaguardato rispetto a un’educazione schiacciata sui saperi tecnici e specialistici. Sostiene la Nussbaum che tali insegnamenti hanno persino una finalità economicistica indiretta in quanto

l’innovazione richiede intelligenze flessibili, aperte, creative. La letteratura e le arti stimolano queste facoltà. Quando mancano, la cultura aziendale perde colpi in fretta2.

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