La recensione di Sandro Mezzadra a Cittadinanza di Etienne Balibar e, in coda, il seguito del dibattito con l’ottima critica di Badiale.
1. Intervenendo nel dibattito aperto quest’estate da Jürgen Habermas sulla crisi europea (“il Manifesto”, 20 settembre), Étienne Balibar ha riproposto una tesi formulata ormai da diversi anni: l’idea cioè che l’Europa politica sia sì necessaria, ma che al tempo stesso – per essere “legittima e quindi possibile” – essa debba realizzare un “sovrappiù” di democrazia rispetto agli Stati nazione che la compongono. Il punto è, tuttavia, che questo “sovrappiù” di democrazia non sembra più pensabile nei termini di una continuità lineare con i processi di “democratizzazione” che hanno caratterizzato la storia dello Stato nazione in Europa: con quei processi cioè che, per quanto contraddittoriamente (e con la cesura dei fascismi), a partire dall’Ottocento hanno determinato una progressiva estensione del suffragio e un arricchimento “intensivo” dei diritti di cittadinanza, culminato nella costruzione dello Stato sociale democratico.
Balibar lo riconosce, e introduce – come a saggiarne la produttività – una serie di categorie che all’interno dei dibattiti critici vengono impiegate per “reagire” a questa soluzione di continuità, che rende problematica ai suoi occhi l’insistenza di Habermas su un «costituzionalismo normativo»: democrazia partecipativa, governance, democrazia conflittuale, costruzione del comune, contro-democrazia. Si tratta di ipotesi teoriche non necessariamente compatibili l’una con l’altra: ma Balibar, lungi dal proporre una sintesi tra di esse, sembra essere interessato – coerentemente con il suo stile di pensiero – a porle in tensione, con l’obiettivo di produrre un campo teorico e politico al cui interno sia possibile avanzare nella ricerca di un’uscita in avanti, a sinistra, dalla crisi europea.
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