Leggendo i suoi racconti d’infanzia si apprende che Valeriu è un meticcio, uno di quegli individui cresciuti a metà tra due identità. Quando queste identità sono in conflitto secolare tra loro, come sono nel suo caso, la rom e la romena, la loro narrazione non può che essere ironica e illuminante. Tratto da Internazionale dell’11 dicembre 2015.
Per i primi sette anni della mia vita ho avuto una sola identità: ero semplicemente un bambino. Poi, quando sono andato a vivere a Craiova, in Romania, sono diventato uno zingaro. E zingaro sono rimasto per molto tempo. Ma mi sono dato da fare e sono stato promosso a zingaro onesto, signor zingaro, signor zingaro rom, e qualche tempo fa ho ricevuto il titolo di romeno perfino da un canale tv: ormai è ufficiale.
Per la verità, il titolo è puramente onorifico e potrò utilizzarlo fino a che non darò fastidio a qualche romeno purosangue. Nel 2013 ho anche ricevuto un premio e la benedizione del presidente del parlamento europeo e sono diventato cittadino europeo.
È magnifico essere zingari. Niente può sostituire il privilegio di far parte di una minoranza avvantaggiata: in parte umana, in parte animale e in parte in possesso di poteri magici. Noi zingari siamo come le sfingi, i centauri o i fauni. Tutte le maggioranze, che ci sono superiori, per secoli sono state incredibilmente generose nei nostri confronti, ci hanno aiutato e hanno cercato di addomesticarci.
È stato un processo lungo: inizialmente abbiamo avuto l’onore di ottenere, per qualche secolo, accesso illimitato al lavoro. La cosa ci è piaciuta così tanto che abbiamo deciso di lavorare volontariamente, anche in catene. Poi abbiamo goduto della facoltà di viaggiare a spese dello stato verso destinazioni esotiche come i campi di concentramento della Transnistria, Auschwitz e Buchenwald. Gran parte di quelli che hanno generosamente contribuito a domarci, oggi continuano ad augurarci tutto il bene del mondo nel paradiso di Antonescu o di Hitler.
Stirpe di veggenti, streghe e bambini che non si ammalano mai. A noi le regole scientifiche che governano la realtà non si applicano.
In quanto zingari, abbiamo il vantaggio di avere tutti quanti le stesse caratteristiche. Per semplificare la vita ai nostri ammiratori, la nostra razza non ha tratti individuali. Per non indurli in confusione e per non costringerli a nuove sinapsi, operazioni che consumano parecchia energia, abbiamo inserito nel nostro dna tutte le qualità che loro stessi ci attribuiscono: pigrizia, stupidità, propensione alla truffa, spirito criminale, gusti discutibili, millanteria, incompetenza. Stirpe di veggenti, streghe e bambini che non si ammalano mai. A noi le regole scientifiche che governano la realtà non si applicano.
Il disprezzo, il rifiuto e l’odio sono di fatto un’incomprensione o un’interpretazione errata di una semplice espressione dell’amore cristiano, che ha come missione la nostra “educazione”. “Quello che non ti uccide, ti rafforza” è il detto che molti europei usano per descrivere il loro rapporto con noi zingari. La loro ossessione per il nostro rafforzamento è evidente non solo nella retorica di molti uomini politici, ma anche nelle azioni di purificazione, a forza di botte e incendi appiccati alle nostre case, che ci vengono somministrate da gruppi di “educatori” volontari.
Ogni tanto, per rendere più efficienti queste azioni educative, sono stati utilizzati cappi, asce, camere a gas, deportazioni forzate e, di recente, pallottole. Come zingari, d’altra parte, abbiamo la fortuna di non avere responsabilità individuali. Siamo tutti collettivamente responsabili per l’immoralità, l’insolenza, la violenza o la stupidità di ciascuno di noi. Qualsiasi idiozia detta o fatta da un rom che si autoproclama bulibasa, re degli zingari, diventa rappresentativa di ciascuno di noi.
I casi di corruzione, di violenza e d’incivilità che riguardano alcuni dei più popolari leader europei, tutti democraticamente eletti, sono invece giudicati con un metro del tutto differente e considerati responsabilità dei singoli individui. Ecco un’altra prova della magnanimità dei nostri ospiti. Perché, è risaputo, noi zingari abbiamo guastato e continuiamo a guastare il sangue onesto, puro e nobile di chi ci ha concesso accoglienza. Lo stupro di una donna di un’etnia maggioritaria da parte di uno zingaro è la prova che tutti gli zingari sono animali da spedire nel deserto; ma la violenza di sette ragazzi non rom su una giovane è solo l’eccezione alla regola, la conferma che tutto il resto della popolazione è sano e immacolato.
Il prezzo dell’integrazione
Occasionalmente, succede che qualche zingaro, esiliato dal paradiso in cui aveva sempre vissuto, finisca per essere generosamente accettato dai suoi connazionali come cittadino a tutti gli effetti, e perfino come opinionista e osservatore della loro società. Tutto questo, però, ha un prezzo: accettare l’intera responsabilità per il razzismo sistemico contro di noi. Ogni zingaro che viene accettato nella società deve farlo. Su di noi ci sono molte aspettative: dobbiamo prendere pubblicamente posizione contro i musicisti di manele (un genere musicale molto comune suonato da rom, con testi volgari e kitsch), contro i cafoni troppo ingioiellati, contro i teppisti, i delinquenti e chiunque abbia il colore della pelle e i tratti del viso non corrispondenti ai gusti dei veri europei.
Se poi uno zingaro ha la fortuna di innamorarsi di una persona della razza superiore, è molto probabile che riceverà la raccomandazione di non fare riferimenti alle sue origini etniche. La persona con cui ha una relazione sarà generalmente vista come una paladina della tolleranza e una testimonianza vivente della benevolenza nei confronti degli “stranieri”. Qualsiasi errore sarà ripreso con garbo. “ Ma sì, in fondo cosa ti aspettavi?! È sempre uno zingaro…”.
Le élite politiche europee evitano per quanto possono il contatto con gli zingari comuni. Associarsi con i più ricchi – soprattutto non rom, e in gran parte delinquenti acclarati – può invece portare a vincere le elezioni o a ottenere un incarico ai vertici dello stato.
Ovviamente, in quanto zingaro io sono un ipocrita a sostenere quanto ho appena scritto. Il mio ruolo dovrebbe essere quello di denunciare i “criminali della mia stirpe”, educare “i bambini zingari sporchi e maleducati”, impegnarmi “per combattere i problemi delle comunità zingare” e smetterla di lamentarmi. In fin dei conti “i romeni e gli europei mi tollerano”!
Ormai da anni, il più delle volte sono considerato romeno. Rom romeno, perché è così che voglio. Ogni tanto sono ancora trattato da zingaro.
La prima volta che mi sono sentito rom è stato negli Stati Uniti. Ho detto a chi lavorava con me, in modo un po’ umile, che ero uno zingaro. La reazione è stata inaspettata. I miei colleghi americani hanno pensato che fosse interessante: ero un bohemien, un romantico, un musicista di talento, esotico e bravo a letto. Ho usato gli stereotipi a mio vantaggio e ho avuto una fidanzata che altrimenti non mi sarei mai sognato.
In India mi sono sentito di nuovo rom quando, in un treno strapieno, la gente del posto mi ha ceduto il posto per farmi sedere: rispetto a loro sembravo bianco e vestito bene. Sono rimasto in piedi.
In Romania, ormai da anni, il più delle volte sono considerato romeno. Rom romeno, perché è così che voglio. Ogni tanto sono ancora trattato da zingaro, è vero, ma sempre più di rado.
Sfortunatamente, però, ci sono tanti adolescenti e giovani rom che non hanno la mia fortuna. Questo articolo l’ho scritto per loro e rispecchia, purtroppo, il reale livello del dibattito su questo argomento.
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