Un articolo di Wired, ripercorre l’uso ideologico della teoria delle finestre rotte di Phil Zimbardo da parte dei teorici della tolleranza zero.
Dice solo che lo spiegamento di forze di polizia non è altrettanto efficace nè economico del riparare le finestre e ripulire le strade, perchè con quest’ultimo provvedimento gli abitanti comincieranno a prendersene cura e a segnalare i delinquenti.
I candidati alle prossime amministrative, come molti altri politici e integerrimi cittadini, sembrano aver sviluppato una curiosa passione per la sociologia. Da diverso tempo, a supporto dell’ideologia del decoro, si sono messi a invocare nientemeno che la teoria delle finestre rotte. Alla fine degli anni ’60 lo psicologo sociale Philip Zimbardo fece un esperimento: parcheggiò un’automobile senza targa e col cofano aperto nel Bronx, a New York, e una simile a Palo Alto, in California. All’auto parcheggiata in California non successe praticamente nulla, mentre l’auto nel degradato Bronx fu saccheggiata. Successivamente lo psicologo cambiò le condizioni dell’esperimento a Palo Alto rompendo un finestrino: a quel punto le cose cambiarono e anche questa auto fu saccheggiata.
Zimbardo osservò che la maggior parte dei saccheggiatori non avevano affatto l’aspetto di criminali o persone disagiate, sembravano invece persone comuni che mai avremmo classificato come vandali prima di vederle all’opera. Secondo Zimbardo, il finestrino rotto dell’automobile costituisce un indizio di abbandono dell’area, il quale a sua volta è in grado di svegliare in noi peggiori istinti, forti del fatto che difficilmente verremmo giudicati o puniti.
Qualche anno dopo, Zimbardo fece un altro esperimento da cui sembrava che fosse possibile condizionare il comportamento delle persone manipolando il contesto sociale: era il famoso esperimento carcerario di Stanford, in cui un gruppo di studenti si ritrovò a interpretare il ruolo di detenuti, mentre un altro quello di secondini. Zimbardo fu costretto a sospendere l’esperimento a causa dell’escalation di violenze fisiche e psicologiche che si stavano verificando.
La teoria delle finestre rotte è stata però enunciata per la prima volta nel 1982 sulle pagine di The Atlantic dal sociologo James Q. Wilson e dal criminologo George L. Kelling. Partendo dalla stringente attualità dell’epoca i due rispolverarono gli esperimenti di Zimbardo del ’69 e giunsero alla conclusione che la polizia non poteva garantire la sicurezza nelle strade se si limitava a perseguire i crimini, doveva anche fare in modo che fosse la comunità stessa prevenirli. Come? Mantenendo l’ordine, al di là dei singoli reati, promuovendo in questo modo meccanismi di controllo informale che permetterebbero a una comunità (per esempio un quartiere) di salvaguardare la propria sicurezza. Scrivono Wilson e Kelling:
“Il mendicante che non viene controllato è, in effetti, la prima finestra rotta. Aggressori e rapinatori, sia opportunisti che di professione, pensano di ridurre il rischio di essere presi o identificati se agiscono nelle strade dove le potenziali vittime sono già intimidite dalle condizioni dominanti. Se il quartiere non è in grado di impedire a un mendicante inopportuno di dare fastidio ai passanti, potrebbe ragionare il delinquente, allora è ancor meno probabile che la polizia possa identificare un potenziale rapinatore o interrompere il crimine stesso.”
Proviamo a sintetizzare con un contributo dei Simpson…
Come molte teorie sociologiche e psicologiche celebrate dai media, la teoria delle finestre rotte è elegante, promette una soluzione pronta all’uso per un problema complesso, e non potrebbe essere più lontana dalla realtà. Oltre a questo, come si può del resto intuire dal testo di Wilson e Kelling, è violentemente reazionaria: questo può certamente spiegare la sua attuale popolarità in Italia. Coloro che supportano la teoria delle finestre rotte immancabilmente citano Rudy Giuliani, il sindaco della tolleranza zero che fece propria la teoria quando diventò sindaco di New York. Durante l’era Giuliani il crimine sarebbe crollato proprio a causa del pugno di ferro usato contro i reati minori. In realtà i dati dimostrano che la criminalità era già in discesa quando Giuliani prese l’incarico, e non ci sono indicazioni che iniziative come la celebre task force Anti-Graffiti (sic) abbiano contribuito a questo declino. Pacific Standard ricorda addirittura che nel 2004 Wilson, uno dei padri della teoria, spiegava al NewYork Times:
“A oggi io non so ancora se aumentare l’ordine riduca o non riduca i crimini, le persone non hanno capito che si trattava di speculazione.”
Che dire allora dell’esperimento di Zimbardo del ’69, ricordato persino in un opuscolo anti-graffiti diffuso dal Comune di Milano?
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