Wu Ming ha pubblicato sul suo blog ospitato da Internazionale un bell’articolo dedicato al referendum bolognese sui finanziamenti alla scuole paritarie. Questo lo stralcio fondamentale:
non c’è una dichiarazione o una riga sottoscritta dai sostenitori laici o clericali dell’opzione B che ricordi questa semplice verità: a Bologna, 26 su 27 scuole d’infanzia paritarie private sono confessionali e aderiscono alla stessa struttura, cioè la Federazione italiana scuole materne (cattoliche), fondata su impulso della Cei nel 1973. L’omissione è cruciale, altrimenti la retorica sulla “libertà di scelta educativa delle famiglie” cadrebbe davanti a quello che è un semplice accordo bipolare stipulato nel 1995 e procrastinato per diciotto anni. In una società sempre più multietnica, multireligiosa e multiconfessionale, tenere in piedi un sistema integrato Peppone-Don Camillo è grottesco, almeno quanto lo sarebbe immaginare un sistema educativo a compartimenti stagni, in cui ogni confessione e ogni gruppo sociale si fa la propria scuola con i contributi pubblici.
[…] A sentire i difensori del sistema scolastico integrato pubblico-privato, l’idea di un primato della scuola pubblica – quella inclusiva, gratuita, pluralista, laica, dove vige la libertà d’insegnamento, tenuta per legge a occuparsi di tutti, a prescindere dal grado di abilità, eccetera – è già stata abbandonata. Le scuole paritarie private ex lege fanno parte del sistema scolastico nazionale e quindi sono equiparabili alle scuole comunali e statali. Poco importa che vi si paghi una retta e si debba accettare un piano educativo confessionale.
E così il 26 maggio la cittadinanza bolognese andrà a votare. Referendum consultivo sui finanziamenti comunali alle scuole d’infanzia paritarie private. Alla cittadinanza viene chiesto di esprimere un parere su quale sia la forma “più idonea” di utilizzo dei finanziamenti comunali per garantire “il diritto costituzionale all’istruzione dei bambini e delle bambine”: dare oltre un milione di euro alle scuole pubbliche comunali e statali (A) o continuare a darlo alle scuole paritarie private (B). Un piccolo caso locale che ha attirato l’attenzione da tutta Italia per il forte valore simbolico (qui la prima e la seconda puntata) e che, comunque andrà a finire, ha già messo in evidenza un dato innegabile: un comitato di poche decine di volontari è riuscito a far tremare i colossi dai piedi d’argilla che saturano lo spazio politico italiano, ritrovandoseli tutti contro, dal Pd alla Cei.
Con il passare delle settimane, il clima in città è andato surriscaldandosi a causa dei toni assunti dall’amministrazione comunale e dal sindaco Merola, a ogni uscita pubblica sempre più nervoso e offensivo nei confronti dei referendari. Il refrain dura da mesi, ma ultimamente è diventato un disco rotto: ideologici, strumentalizzati, estremisti, nemici della scuola, nemici dei bambini, discriminatori, e chi più ne ha più ne metta.
Il motivo di tale aggressività è presto detto: l’appoggio al fronte referendario annovera, oltre a Sel, sindacati di base, M5s, Fiom e Flc-Cgil, tutti gli ultimi esponenti della sinistra italiana. Da Stefano Rodotà a Salvatore Settis, da Luciano Gallino ad Andrea Camilleri, da Gino Strada a Margherita Hack, da Dario Fo a Michele Serra, da Corrado Augias a Marco Revelli, da Paolo Flores D’Arcais a Francesco Guccini… Per non parlare della sfilza di attori, registi, scrittori. Perfino i Forever Ultras del Bologna Fc 1909, che domenica scorsa, in curva allo stadio, hanno srotolato uno striscione con su scritto: “MerolA: BolognA + scuola PubblicA = A”. Last but not least, la Scuola di Barbiana e gli alunni di don Milani hanno aderito alla battaglia del comitato referendario, dimostrando una volta per tutte che non di guerra di religione si tratta, come piacerebbe far credere a certi altri tifosi.
Sull’altro fronte, dalla parte dell’amministrazione comunale e dei sostenitori dei finanziamenti pubblici alle scuole private è sceso in campo niente meno che il presidente della Cei, il cardinale Bagnasco. Poi i tre “Maurizii”: Lupi, Sacconi, Gasparri. Il Pdl è in prima linea insieme alla Lega Nord. E ovviamente il Pd, il primo partito in città, con tanto di endorsement del decano Romano Prodi. Perfino il papa qualche giorno fa si è pronunciato, con un tempismo non casuale, ricordando che “la scuola cattolica costituisce una realtà preziosa per l’intera società, soprattutto per il servizio educativo che svolge, in collaborazione con le famiglie. Ed è bene che sia riconosciuto il suo ruolo in modo appropriato”.
Al pontefice va riconosciuto il dono dell’onestà, perché ha parlato di scuole cattoliche senza giri di parole. Invece non c’è una dichiarazione o una riga sottoscritta dai sostenitori laici o clericali dell’opzione B che ricordi questa semplice verità: a Bologna, 26 su 27 scuole d’infanzia paritarie private sono confessionali e aderiscono alla stessa struttura, cioè la Federazione italiana scuole materne (cattoliche), fondata su impulso della Cei nel 1973.
L’omissione è cruciale, altrimenti la retorica sulla “libertà di scelta educativa delle famiglie” cadrebbe davanti a quello che è un semplice accordo bipolare stipulato nel 1995 e procrastinato per diciotto anni. In una società sempre più multietnica, multireligiosa e multiconfessionale, tenere in piedi un sistema integrato Peppone-Don Camillo è grottesco, almeno quanto lo sarebbe immaginare un sistema educativo a compartimenti stagni, in cui ogni confessione e ogni gruppo sociale si fa la propria scuola con i contributi pubblici. Il sindaco di Bologna è arrivato a dire anche questo, affermando che sarebbe ben contento di poter finanziare una scuola islamica. Chissà cosa ne pensano i suoi alleati leghisti in questa battaglia. Sta di fatto che non è più tornato sull’argomento.
A sentire i difensori del sistema scolastico integrato pubblico-privato, l’idea di un primato della scuola pubblica – quella inclusiva, gratuita, pluralista, laica, dove vige la libertà d’insegnamento, tenuta per legge a occuparsi di tutti, a prescindere dal grado di abilità, eccetera – è già stata abbandonata. Le scuole paritarie private ex lege fanno parte del sistema scolastico nazionale e quindi sono equiparabili alle scuole comunali e statali. Poco importa che vi si paghi una retta e si debba accettare un piano educativo confessionale.
È il modo scelto dal comune di Bologna per aggirare il problema dell’esclusione dalla scuola d’infanzia comunale e statale di 423 bambini, l’anno scorso, poi ridotti alla bell’e meglio a 103, le cui famiglie hanno scelto di “organizzarsi diversamente”, secondo il sindaco. Un dato, quello degli esclusi, di cui non si trova traccia sul sito del comune che canta le lodi del sistema scolastico bolognese, dove invece si annuncia che quest’anno “si va verso l’esaurimento della lista d’attesa”. Se fosse vero sarebbe molto bello. L’azzeramento verrebbe però ottenuto in questo modo: ci sono 221 bambini in lista d’attesa per la scuola pubblica e 90 posti liberi, quindi c’è un esubero di 131 bambini, per i quali però sono disponibili ben 300 posti alle scuole paritarie private.
Insomma, se sei fortunato vai alla scuola gratuita e laica, se invece resti fuori, puoi scegliere tra mandare i tuoi figli alla scuola confessionale a pagamento oppure tenerli a casa (tanto non è scuola dell’obbligo, ci ricorda il sindaco Merola). Ecco qual è la reale “libertà di scelta educativa delle famiglie” a Bologna nel 2013. E se tra gli esclusi ci sono figli di famiglie non cattoliche o troppo povere per pagare anche una retta bassa, fatti loro. Tra l’altro è evidente che spesso le due condizioni coincidono.
Bologna, il Pd per finanziare le scuole private ha bisogno dell’aiuto del Pdl
Lunedì 29 luglio in consiglio comunale il partito democratico chiederà di votare l’ordine del giorno che mantiene il sistema integrato di fondi all’istruzione: contrari Sel e M5S, la maggioranza rischia di aver bisogno del sostegno del Popolo della Libertà. Il 26 maggio, la consultazione promossa dal comitato art.33 aveva stabilito la vittoria dell’opzione A che chiedeva l’interruzione del finanziamento pubblico alle scuole private.

Dal Fatto quotidiano, 20 luglio 2013
Dalle urne all’aula del consiglio comunale, Bologna e il centrosinistra si spaccano di nuovo sui fondi pubblici alle materne convenzionate, cattoliche e non. Un milione di euro all’anno, su cui si gioca la tenuta della maggioranza guidata dal Pd, che ha deciso di ignorare l’esito del referendum di maggio e tirare dritto, portando sul tavolo del consiglio un documento per non toccare l’attuale sistema integrato pubblico privato. Con il risultato di far saltare il dialogo con gli alleati di Sel, e ricreare una situazione da larghe intese, con il Pdl tentato dall’appoggio ai democratici. Una situazione praticamente identica a quella della campagna elettorale, quando il Pd abbracciò senza esitazioni la causa delle scuole private, incassando il sostegno del Pdl, della Lega e della Curia di Bologna.
Ora, a più due mesi dal voto che ha sancito la vittoria di chi chiede la cancellazione dei finanziamenti alle scuole convenzionate, si aspetta la resa dei conti nell’aula di Palazzo d’Accursio, prevista per lunedì 29 luglio (una delle ultime date disponibili per la discussione). E il clima è tutt’altro che disteso. Probabile che gli interventi vadano avanti a oltranza, fino a tarda serata, e non è detto che la maggioranza riesca a trovare la quadra. Già nel corso della seduta del 22 luglio infatti i consiglieri di Sel, sostenuti dal Movimento 5 Stelle, hanno presentato un ordine del giorno per il rispetto dell’esito del referendum e per smantellare gradualmente il sistema attuale. Già in quell’occasione, non hanno usato i guanti di velluto con i colleghi del Pd. E li hanno accusati di “abbandonare il proprio popolo”, oltre 50 mila bolognesi che hanno votato per azzerare i soldi alle strutture private, in favore di quelle pubbliche. Votò solo il 28% degli aventi diritto, anche se gli attivisti del comitato art.33 hanno sempre difeso il risultato: “Pochi siamo noi che abbiamo ottenuto questa vittoria incredibile”.
E a sentire la consigliere vendoliana, Cathy la Torre, la situazione in questa settimana di tregua non è cambiata più di tanto. “Abbiamo cercato di aprire un dialogo ma purtroppo non è successo nulla. Certo, sarebbe molto grave se l’ordine del giorno del Pd passasse con i voti del Pdl. Noi di sicuro andiamo avanti per la nostra strada, poi vedremo tra un anno se ancora non è cambiato nulla”. La maggioranza in comune però, almeno per il momento, non è a rischio, assicura. “Sui singoli atti amministrativi, che sono al di fuori del programma di coalizione, decideremo di volta in volta come votare”.
Anche nel Pd non mancano i mal di pancia. Il renziano Francesco Errani ha già fatto sapere che in aula si asterrà al momento di votare il documento presentato dal Pd, scatenando gli anatemi del partito. “È sbagliato fare finta di nulla e non riconoscere che, nonostante in campagna elettorale il Pd si sia speso per l’opzione B, quella per il mantenimento dei fondi ai privati, i bolognesi abbiano chiesto un’altra cosa” spiega. “Anche perché si tratta di una parte importante del nostro elettorato, non possiamo dimenticarlo. Io ho chiesto che si aprisse un dialogo con i referendari, che non si chiudesse loro la porta, e che si tenesse anche conto delle proposte emerse nella istruttoria pubblica organizzata dopo il voto. Mi sembrava una scelta coerente con l’esito della consultazione. E invece questa strada è stata impraticabile”.
Un voce, quella del consigliere Errani, che per ora non ha trovato sponde all’interno del partito, che sembra deciso a difendere a spada tratta la convenzione con le scuole private. Del resto la direzione l’aveva già indicata prima del voto il sindaco, Virginio Merola, quando aveva fatto capire che l’esito di un referendum consultivo come quello di maggio non avrebbe cambiato comunque le cose. “Il referendum è stato inutile e mal posto con i suoi quesiti, anche perché se si guarda fuori dai confini emiliani non esiste amministrazione che non abbia stipulato una convenzione con le scuole dell’infanzia private” sostiene il consigliere del Pd, Tommaso Petrella. Esclude però che dal voto di lunedì possa uscire una nuova maggioranza Pd-Pdl. “Non abbiamo chiesto l’appoggio a nessuno, nemmeno al centrodestra. Se voteranno con noi, non ci sarà da scandalizzarsi”.
Intanto, in attesa del confronto in aula, c’è già chi, calcolatrice alla mano, ha fatto due conti. E ha fatto notare come il Pd, senza il voto di Errani, non sia autosufficiente e debba per forza contare sulla stampella del Pdl. Larghe intese in salsa bolognese, nel nome della scuola privata.