Socrate rappresenta l’atteggiamento filosofico più rigoroso di critica della tradizione e di rifiuto della credenza identificati con l’ignoranza delle ragioni per cui l’opinione si è formata in noi.
La sua insistenza sulla ricerca e sul domandare centrano la filosofia su quel lavoro etico e conoscitivo che chiamò dialettica, dopo averne rovesciato il significato sofista. Se la dialettica sofista era infatti l’arte di vincere un duello verbale, quella socratica è piuttosto il combattimento contro tutto ciò che in noi e nella vita in società è assunto senza intelligenza esenza esame per effetto dell’educazione e dell’influenza.
La lezione è dedicata ai primi protagonisti della paideia filosofica e alla scoperta di questi maestri che «eccellenti si diventa», perché l’areté non una qualità posseduta grazie alla nascita nobile, ma qualcosa che può essere educato.
È il superamento della paideia dei poeti e della visione di Omero: la prima, vera, rivoluzione pedagogica.
Indice
1. Il sophistés 2.Da Solone ai sofisti 3. La rivoluzione pedagogica sofista
Anticamente il termine sophistés era sinonimo di sophós (saggio) ed era riferito a chi possedeva attivamente una vasta e poliedrica conoscenza. Sophistés erano detti ad esempio i Sette Savi che Platone elenca nel Protagora.
Nel V secolo a. C. si chiamarono invece “sofisti” quegli intellettuali stranieri che della sapienza facevano una professione, insegnandola scandalosamente dietro compenso, così che Senofonte poteva definirli «prostituti del sapere».
L’idea di areté, cioè di perfezione umana, identificata da Omero nel valore innato degli aristocratici (Achille, Ulisse) che si esprime sul campo di battaglia, ma anche nelle qualità politiche dei capi (la capacità di guidare i mirmidoni con la parola di Achille, di trovare strategie vincenti in guerra di Ulisse e di parlare con i suoi pari di Telemaco), viene messa dallo spartano Tirteoal servizio del bene comune: la difesa della città (l’oplita spartano, Leonida).
Dopo le grandi trasformazioni che si annunciano nella Ionia dell’VIII secolo a.C., l’eccellenza passa dal piano militare a quello civile, legandosi al lavoro nell’opera del beota Esiodo, cantore della perfezione umana del popolo, e alla giustizia realizzata dalla buona legge nell’arconte di Atene, Solone. Con Solone si assiste alla prima laicizzazione dei concetti di giustizia e ingiustizia, pensati da Esiodo come dono e castigo degli dèi, ma dall’arconte già messi strettamente in relazione all’azione umana.
Con Protagora e i sofisti si assiste alla definitiva democratizzazione e laicizzazione dell’eccellenza, iniziata rispettivamente con Esiodo (democratizzazione) e Solone (laicizzazione): suprema virtù è ora il sapere, non più una qualità di una categoria di individui o un privilegio di casta, ma un modo di essere che tutti possono apprendere.
Intelligere, da intus legere, significa “vedere dentro”. Intelligente è quindi chi sa guardare dentro le cose, le persone, i fatti, oltre il velo dell’apparenza
Dalla sua nascita alla fine dell’ottocento, la psicologia scientifica ha cercato di definire cosa sia l’intelligenza e quali comportamenti possano essere definiti tali.
Nel novecento, questi studi si sono fatti sempre più interdisciplinari, concentrandosi sui processi cognitivi coinvolti nel funzionamento dell’intelligenza, sulla sua misurazione e sulla sua maturazione, interrogandosi anche sulla sua natura di fenomeno innato o acquisito attraverso la stimolazione ambientale.
Gli studi attuali sull’intelligenza coinvolgono perciò tanto le neuroscienze quanto la sociologia e la pedagogia, segno che il groviglio si è fatto più intricato, il mistero più affascinante, contro ogni tentazione semplificatoria della risposta alla domanda «cos’è l’uomo»?
Esercizi sulle videolezioni: 1.Che cos’è l’intelligenza?2. L’intelligenza come problem solving3.L’intelligenza come abilità e competenze 4. Lo sviluppo dell’intelligenza per l’epistemologia genetica e l’approccio storico-sociale 5. La psicometria e i test QI 6.Intelligenza: fattori innati e fattori socio-culturali
1. Che cos’è l’intelligenza?
comprendere la complessità della realtà al di là della superficie
La psicologia non possiede ancora una descrizione e una definizione condivise di cosa sia l’intelligenza.
Sappiamo che l’intelligenza è una caratteristica del pensiero che coinvolge altri processi cognitivi e aspetti psicologici come la memoria, l’apprendimento, il linguaggio, la motivazione.
Resta, però, ancora difficile spiegare le differenze di capacità tra gli individui, decidere se l’intelligenza sia innata o si sviluppi attraverso gli stimoli ambientali; quale sia, se c’è, il rapporto tra intelligenza e profitto scolastico e tra intelligenza e capacità di adattamento all’ambiente. È difficile anche stabilire se si può misurare e se è unica o ne esistono diversi tipi.
Attraverso le loro ricerche, gli studiosi sono pervenuti a risultati differenti, a volte contrastanti.
Potrebbe sembrare, dunque, che la psicologia e le altre scienze umane non abbiano nulla da insegnarci sull’intelligenza, ma mai come in questo caso, forse, sapere che le domande sono ancora più numerose delle risposte, aiuta ad assumere un atteggiamento scientifico e antidogmatico e quindi a procedere nella conoscenza del fenomeno.
Intelligere, dal latino intus legere (o intra legere, secondo alcuni), significa, infatti, “vedere dentro” o “vedere tra le cose”, alludendo, in entrambi i casi, alla capacità di comprendere la complessità della realtà al di là della superficie, cioè di coglierne la struttura profonda al di là delle apparenze.
Ci fu un tempo in cui esistevano gli dei, ma non le stirpi mortali. Quando giunse anche per queste il momento fatale della nascita, gli dèi le plasmarono nel cuore della terra, mescolando terra, fuoco e tutto ciò che si amalgama con terra e fuoco; ordinarono poi a Prometeo e a Epimeteo di dare con misura e distribuire in modo opportuno a ciascuno le facoltà naturali.
Il furto del fuoco da parte di Prometeo procurò agli uomini il sapere tecnico e la capacità di produrre cultura, separandosi dal resto del mondo animale, la giustizia fu invece un dono degli dèi, preoccupati che senza di essa l’umanità potesse estinguersi a causa della violenza reciproca.
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1.Platone, Protagora 320c-324a [temi della giustizia, dell’uguaglianza e dell’educazione alla virtù] 2. Sintesi dell’intero dialogo
Considera tutto ciò e porgi ascolto al diritto,
dimentica ogni violenza.
Ché tale è il costume che Zeus ha prescritto agli uomini:
i pesci e le fiere e gli uccelli alati si divoreranno fra loro, poiché non v’è tra loro diritto.
Ma agli uomini diede egli il diritto, sommo tra i beni.
Le opere e i giorni (Erga kài hemérai), vv. 274-278
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1. La virtù popolare e il rovesciamento dell’aretè omerica 2. Il protagonismo del demos ionico 3. Le Opere e i giorni: la virtù del lavoro contro la hybris 4. L’ordine divino e l’intervento degli dèi nelle cose umane 5. La virtù del demos è la virtù dell’umanità
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