Indice
1. L’areté spartana: continuità e differenze dall’areté omerica
2. L’elegìa di Tirteo e la virtù spartana
3. L’educazione spartana prima e dopo la guerra civile
3.1 L’agogé
4. La battaglia delle Termopili
4.1 La storia
4.2 Qualche spunto tratto dal film 300
1. L’areté spartana: continuità e differenze dall’areté omerica
Il momento di maggior splendore di Sparta, capoluogo della Laconia, è da collocare nel VII-VI° secolo a. C, in un’epoca, dunque di poco posteriore alla stesura dei poemi omerici.
Si riconosce perciò nel suo ideale educativo, un’eco dell’areté eroica, ma con la fondamentale differenza che l’atto eroico non indica più l’abilità e il coraggio del singolo guerriero e non ha più come fine la gloria individuale, ma la difesa e il potenziamento della polis.
L’eroe spartano non è quindi colui che esalta se stesso in disprezzo della vita, ma il soldato solidale con il compagno in battaglia che non indietreggia di fronte al nemico, ma sa dare se stesso per Sparta.
Si narra che Sparta, a differenza delle poleis vicine, non avesse mura a propria difesa, confidando baldanzosamente nel valore militare dei propri cittadini e nel muro impenetrabile formato dai loro scudi.
Perfetto esempio di eccellenza spartana sono Leonida e i suoi trecento, il re di Sparta e la guardia scelta che si scontrarono alle Termopili contro l’esercito del re persiano Serse [agosto del 480 a.C.], oggi ricordati con un monumento che reca incise le parole:
Va a dire agli spartani, viandante
che qui, secondo la legge di Sparta, noi giacciamo.
L’ordine più semplice che un re possa dare: ricorda perché siamo morti
Lui non desiderava tributi o canzoni o monumenti o poemi di guerra e coraggio
Il suo desiderio era semplice: ricorda chi eravamo – così mi ha detto
2. L’elegìa di Tirteo e la virtù spartana
Non riterrei meritevole un uomo di memoria duratura
E non parlerei di lui né per la virtù dei suoi piedi
Né per la sua arte di lottatore [areté agonale]
nemmeno se la sua grandezza e la sua forza
fossero imponenti come quelle dei ciclopi
e se egli vincesse nella corsa il tracio Borea.E quand’anche fosse più bello di Titone, figlio di Tantalo,
e avesse una lingua di favella più grata di Adrasto [areté intellettuale],
non per questo l’onorerei,
avesse pure la più gran fama del mondo,
se non possiede coraggio guerriero
e non si addossa al nemico corpo a corpo.Questa è areté, perché questo è un bene per la comunità,
per la città e per tutto il popolo [superamento dell’areté omerica]
Così come la dedizione del soldato è un bene per tutti e rappresenta il principale valore della società spartana, la viltà degli uomini è dannosa a loro stessi, perché la sconfitta militare arreca lutti e dolori e tutta la comunità.
L’alternativa all’eroismo, spiega quindi Tirteo, non è la conservazione della vita, ma l’inizio della vita infame, dell’esistenza sradicata e miserevole, priva di ogni bene e di rispetto, propria dello schiavo.
Bello all’uomo valoroso è il morire per la patria
pugnando in prima fila;
tristissimo lasciare la paterna
città e i dolci campi, e andar mendìcoramingando per estranee contrade,
con la madre diletta e il vecchio padre
e i bimbetti e la sposa giovinetta.Straniero dappertutto, ovunque vada,
il bisogno lo incalza e la miseria.
Onta fa alla sua stirpe e il suo decoro
imbratta e son sue scorte infamia e fame.
Se dunque l’uomo va ramingo, spoglio
è d’ogni bene e di nobil ossequio.
3. L’educazione spartana prima e dopo la guerra civile
Prima della rivolta dei Messeni del 620 a.C., la cultura spartana non era inferiore a quella di Atene.
Anche se aveva conservato e accentuato i tratti dell’areté militare di tradizione omerica, l’educazione a Sparta si avvaleva di una scuola di musica di prim’ordine, coltivava la danza e la poesia e le affiancava a un’educazione fisica eccellente che faceva di molti suoi cittadini i vincitori delle Olimpiadi. Prima della guerra civile, la paideia spartana era quindi basata sulla cultura.
Diverso è, invece, il periodo successivo, caratterizzato da una situazione di guerra permanente, aggravata dalle lotte intestine che opponevano l’aristocrazia di Sparta (gli spartiati, cittadini liberi in possesso dei diritti politici che definivano se stessi gli “eguali”) ai ceti subalterni (i perieci, cittadini liberi ma privi di diritti politici) e gli iloti (che erano prevalentemente schiavi di orgine messena).
Sparta diviene allora un feroce esercito di occupazione del territorio circostante, dominato da poche famiglie aristocratiche che si ispirano ad un passato ormai immobile e divinizzano la propria legislazione facendola derivare da Licurgo e ritenendola ispirata da Apollo.
È in questo momento che inizia la pratica dell‘agogé.
3.1 L’agogé
Intorno al 620 a.C. i messeni iniziano una ribellione che dura a lungo e può essere domata solo grazie ad una repressione durissima.
Gli spartiati sono impegnati in un servizio militare permanente e la città volge il suo sforzo educativo alla formazione di uomini capaci di valore militare e donne in grado di partorire figli sani per la difesa di Sparta.
Fino a poco tempo fa si riteneva che gli spartani praticassero forme crudeli di eugenetica (pratiche di selezione della popolazione), gettando da una rupe i neonati deboli o malformati. Recenti scavi archeologici hanno però messo in dubbio questa convinzione, poiché ai piedi del promontorio che domina Sparta sono stati trovati solo resti di uomini adulti, probabilmente appartenenti a condannati.
E’ in quest’epoca che, dopo la prima educazione in famiglia, a sette anni i fanciulli sono inseriti in un severo programma educativo gestito dallo stato dal quale escono a vent’anni. Musica e attività sportiva lasciano il posto alla marcia e all’addestramento militare, mentre ogni aspetto della vita comune dei ragazzi viene modellato in funzione dell’acquisizione della forza, del coraggio e dell’indurimento del carattere: è l’agogé, l’allevamento del guerriero.
L’areté perde i tratti di umanità e nobilità dell’ideale omerico [l’ira, il pianto, il rispetto di Achille per il vecchio Priamo, l’orgoglio di Agamennone, l’astuzia di Ulisse ..] e vengono esaltati la scaltrezza, il furto, la dissimulazione a fini pratici e sembra che negli anni di più aspra lotta ai Messeni, l’agogé si concludesse con la caccia e l’uccisione di uno schiavo ilota.
L’educazione mediante la cultura è ridotta e finalizzata alla formazione militare: si declamano le elegie di Tirteo, adatte ad essere recitate durante la marcia, la musica è insegnata per essere usata in battaglia, come nota Plutarco,
«era uno spettacolo maestoso e terribile quello dell’esercito spartano che marciava all’attacco al suono del flauto».
L’addestramento alla battaglia diventa un tirocinio militare volto alla formazione di un esercito di professionisti: l’unico, fino al IV secolo [fino a quell’epoca vanno in battaglia eserciti improvvisati di cittadini].
Per quanto riguarda l’educazione delle ragazze, esse ricevono una formazione strettamente regolamentata in cui l’insegnamento della musica, della danza e del canto cedono il ruolo principale alla ginnastica. Si cerca di irrobustire il corpo e di rafforzare il carattere delle vergini spartane, togliendo loro ogni delicatezza femminile, imponendo loro di esibirsi nude durante le feste e cerimonie.
4. La battaglia delle Termopili
300 è un film abbastanza fedele al racconto che Erodoto fa della battaglia delle Termopili e dello scontro dei greci con l’impero persiano.
A costo di qualche semplificazione e anacronismo, è molto utile per passare in rassegna gli ideali educativi di Atene e Sparta e anche per osservare come, di fronte al gesto di eroismo de re Leonida, lo storico ateniese Erodoto abbandoni il tradizionale stereotipo ateniese che vedeva gli spartani come rozzi amanti della guerra e della violenza e riconosca in loro lo spirito greco dell’amore per la libertà e della dedizione del cittadino all’autonomia del proprio governo.
4.1 La storia
La battaglia delle Termopili si inserisce nel contesto della seconda guerra persiana. E’ l’agosto del 480 a.C. Dopo la sconfitta di Maratona, il re persiano Serse, figlio di Dario, non aveva perso le sue ambizioni espansionistiche e attacca i greci via terra con un esercito gigantesco che si favoleggia composto da un milione di uomini (ma si pensa in realtà di 500.000 soldati). Contro un attacco proveniente da nord i greci possono contare su linee geografiche di difesa: scelgono di aspettare Serse al passo delle Termopili, una gola larga 20/30 metri, così stretta da poter essere difesa anche da un numero piccolissimo di uomini.
Quando gli esploratori comunicarono a Serse il numero degli avversari (4.000), il re si convince che i greci scapperanno solo valutando la sproporzione delle forze, sottovalutando la forza della loro cultura e loro determinazione a non sottomettersi. I messaggeri di Serse vanno a parlamentare con il re degli spartani, dicendo che Serse ha un esercito così grande che le sue frecce avrebbero oscurato il cielo. Leonida risponde: “allora combatteremo all’ombra”.
Serse attende quattro giorni che i greci arretrino di fronte alla sua potenza, il quinto giorno attacca, ma il suo esercito subisce molte perdite. Le sorti della battaglia vengono decise dalla delazione di un traditore, Efialte, che guida l’esercito persiano per un sentiero sulle montagne, così da cogliere i greci alle spalle. Nella retroguardia, alle spalle degli spartani, i mille focesi (abitanti di Focea) sorpresi dall’arrivo dei persiani, scappano senza nemmeno tentare la difesa: Leonida e i suoi soldati sono accerchiati.
Consapevole della necessità di salvare l’esercito per le battaglie successive, Leonida lascia andare tutti gli alleati e resta con i soli suoi trecento a difendere il passo. I persiani coprono di frecce la valle occupata dal drappello spartano, il re è ferito, ha perso la lancia e continua a combattere con la spada corta, gli spartani rifiutano di consegnare le armi e i persiani non osano avvicinarsi per il valore con cui questi soldati combattono. Leonida cade e i suoi uomini cercano di strapparne il corpo al nemico, infine cadono tutti sopra il suo corpo.
I persiani hanno perso ventimila uomini. Serse si impadronisce del corpo del re e lo espone come trofeo. Solo dopo la vittoria di Salamina i greci possono seppellirlo e onorarlo.
Dopo le Termopili, l’esercito persiano dilaga nell’Attica, entra ad Atene e la distrugge. Un mese dopo, gli ateniesi che erano fuggiti dalla città, prendono il mare contro Serse e lo battono nella grande battaglia di Salamina.
La battaglia di Salamina è vinta dai greci con la stessa logica delle Termopili: anche qui si tratta di uno specchio di mare ristretto che non permette a Serse di schierare le sue navi dieci volte più numerose della flotta greca. È la battaglia navale più imponente dell’antichità. Serse fugge, lasciando una parte dell’esercito al comandante Mardonio che viene affrontato da Pausania, reggente di Sparta, a Platea. Dopo la battaglia di Platea dove i persiani perdono centomila uomini, per due secoli nessun esercito oserà attentare ancora alla libertà dei greci.
L’anno dopo, un esercito guidato da Pausania libera le colonie ionie.
Dopo la vittoria sui persiani, Sparta si ritira nella sua guerra civile, Atene resta la sola potenza del Mar Egeo. Trent’anni dopo scoppierà la guerra del Peloponneso (raccontata da Tucidide). Dopo la vittoria sui persiani Atene aveva visto crescere il proprio potere nell’Ellade e lo esercitava sulle altre poleis. Intorno ad Atene e Sparta si creano due coalizioni che si combattono per circa 30 anni (includendo anche periodi di armistizio). Infine prevarrà Sparta, ma la polis lacedemone è indebolita dalla lunga guerra. Seguiranno 10 anni di egemonia tebana, poi sarà l’ascesa della potenza macedone di Filippo II e Alessandro.
4.2 Qualche spunto tratto dal film
Gli stereotipi incrociati ateniese e spartano: lo stereotipo ateniese sugli spartani, visti come rozzi militari senza cultura e raffinatezza, è attenuato da Erodoto che li descrive come combattenti greci per la libertà e l’autonomia delle loro istituzioni civili. Viceversa, il film dà voce allo stereotipo spartano sugli ateniesi, visti come effeminati, dediti alla chiacchiera in piazza, benché questi fossero buoni combattenti e altrettanto gelosi delle loro istituzioni. Falsa anche la visione della filosofia come esercizio della mollezza. Ne è esempio Socrate, il filosofo per eccellenza del V secolo, combatte con valore in tre distinti epidosi di guerra, salvando la vita ad Alcibiade e Senofonte.
Terra e acqua: l’offerta di terra e acqua, richiesta da Serse, simboleggiava la sottomissione formale al Gran Re.
Gli immortali: (athanatoi) erano i diecimila uomini, né uno di più né uno di meno, della guardia scelta di Serse. Erano solo di origine persiana. Se uno di loro veniva ucciso, veniva subito rimpiazzato: ecco perché venivano chiamati immortali (dalle Storie di Erodoto).
Esercitazione
1. Qual era il fine dell’azione educativa spartana nel VII secolo?
2. In cosa l’areté di Leonida è paragonabile a quella di Achille? In cosa si differenzia?
3. Che cos’era l’agogé?
4. Quale obiettivo aveva l’educazione femminile e perché aveva fini eugenetici?
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