Archive for ‘Poesia’

12 Gennaio, 2022

Kafka, Il postino delle bambole

by gabriella
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Franz Kafka (1883 – 1924)

Un anno prima di morire, Franz Kafka incontrò, durante una passeggiata con la fidanzata al parco Steglitz, una bambina che piangeva disperata. I due si avvicinarono e le chiesero se si fosse persa, ma la bambina rispose che non lei, ma la sua bambola si era persa.

Lo scrittore le chiese di non piangere perché, disse, la bambola non si era persa, era solo partita per un viaggio. Elsi chiese spiegazioni, allora Kafka finse di essere un postino delle bambole e disse che era stata lei a scriverglielo in una lettera.

Quando la bambina chiese di vederla, disse di averla lasciata a casa e che gliela avrebbe mostrata il giorno dopo. I due si incontrarono al parco venti volte, per leggere venti lettere della bambola scomparsa.

“Per favore non piangere, sono partita in viaggio per vedere il mondo, ti riscriverò raccontandoti le mie avventure…”, così cominciava la lettera.

Quando lui e la bambina si incontrarono egli le lesse questa lettera attentamente descrittiva di avventure immaginarie della bambola amata. La bimba ne fu consolata e quando i loro incontri arrivarono alla fine Kafka le regalò una bambola. Era ovviamente diversa dalla bambola perduta, e in un biglietto accluso spiegò: “i miei viaggi mi hanno cambiata”.

Molti anni più avanti la ragazza cresciuta trovò un biglietto nascosto dentro la sua bambola ricevuta in dono. Riassumendolo diceva:

“Ogni cosa che tu ami molto probabilmente la perderai, però alla fine l’amore muterà in una forma diversa” [tratto da Kafka e la bambola viaggiatrice di Jordi Sierra i Fabra].

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26 Agosto, 2021

Pablo Neruda, Non incolpare nessuno

by gabriella

Ieri, uscendo dalla 3F, mi sono imbattuta in un foglietto, attaccato da qualcuno sulla parete del corridoio. C’era scritto:

Pablo Neruda

(1904 – 1973)

Non incolpare nessuno,
non lamentarti mai di nessuno, di niente,
perché in fondo
Tu hai fatto quello che volevi nella vita.

Accetta la difficoltà di costruire te stesso
ed il valore di cominciare a correggerti.
Il trionfo del vero uomo
proviene delle ceneri del suo errore.

Non lamentarti mai della tua solitudine o della tua sorte,
affrontala con valore e accettala.
In un modo o in un altro
è il risultato delle tue azioni e la prova
che Tu sempre devi vincere.

Non amareggiarti del tuo fallimento
né attribuirlo agli altri.
Accettati adesso
o continuerai a giustificarti come un bimbo.

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24 Aprile, 2021

Jean Paul Galibert, Essere o non essere? Le quattro possibilità di Amleto

by gabriella

Amleto

Durante l’illustrazione della dottrina dell’essere in Parmenide ad una delle ragazze della 3D è venuto in mente il monologo Amleto, dove quell’«essere» su cui si interroga il principe di Danimarca assume un significato completamente diverso da quello inteso dall’eleate.

Come mostra Jean-Paul Galibert [Philosophie de l’inexistence], applicando all’Amleto il quadrato semiotico di Greimas, la scelta su cui si interroga il giovane non è semplicemente quella di vivere denunciando l’intrigo mortale contro il re (essere) affrontando a sua volta la morte, ma anche quella di forme nuove di resistenza: quella della rinuncia (suicidarsi senza lottare) o quella della sublimazione (lottare attraverso forme sotterranee di elaborazione culturale, alla De Certeau). La traduzione dell’articolo di Galibert è mia.

Dormire, forse sognare: ah, c’è l’ostacolo,
perchè in quel sogno di morte
il pensiero dei sogni che possano venire,
quando ci saremo staccati dal tumulto della vita,
ci rende esistanti.

Altrimenti chi sopporterebbe le frustate e lo scherno del tempo
le ingiurie degli oppressori, le insolenze dei superbi,
le ferite dell’amore disprezzato,
le lungaggini della legge, l’arroganza dei burocrati
e i calci che i giusti e i mansueti
ricevono dagli indegni.

Amleto

Amleto non è mai stato di fronte a un dilemma che opporrebbe la vita e la morte come la sua testa ad un teschio. Non è affatto questo dilettante stanco dell’esistenza che comparerebbe i vantaggi dell’essere e del non essere. La sua domanda non é “a che scopo vivere”? o “perché non morire”, perché la questione non è mai stata binaria. Invece di rinchiuderci in un dilemma, Amleto ci libera grazie a un tetralemma, ricco di quattro possibilità, opposte a coppie.

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15 Maggio, 2020

Addio Ezio

by gabriella

La sua partecipazione a Sanremo.

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17 Luglio, 2019

Elsa Morante su Mussolini

by gabriella

Elsa Morante (1912 – 1985)

Il commento di Elsa Morante all’annuncio della morte di Mussolini, il primo maggio 1945. Tratto dal diario della scrittrice, pubblicato postumo su «Paragone Letteratura» n. 456, n.s., n. 7, febbraio 1988.

Mussolini e la sua amante Clara Petacci sono stati fucilati insieme, dai partigiani del Nord Italia.

Non si hanno sulla loro morte e sulle circostanze antecedenti dei particolari di cui si possa essere sicuri. Così pure non si conoscono con precisione le colpe, violenze e delitti di cui Mussolini può essere ritenuto responsabile diretto o indiretto nell’alta Italia come capo della sua Repubblica di Sociale.

Per queste ragioni è difficile dare un giudizio imparziale su quest’ultimo evento con cui la vita del Duce ha fine.

Alcuni punti però sono sicuri e cioè: durante la sua carriera, Mussolini si macchiò più volte di delitti che, al cospetto di un popolo onesto e libero, gli avrebbe meritato, se non la morte, la vergogna, la condanna e la privazione di ogni autorità di governo (ma un popolo onesto e libero non avrebbe mai posto al governo un Mussolini). Fra tali delitti ricordiamo, per esempio: la soppressione della libertà, della giustizia e dei diritti costituzionali del popolo (1925), la uccisione di Matteotti (1924), l’aggressione all’Abissinia, riconosciuta dallo stesso Mussolini come consocia alla Società delle Nazioni, società cui l’Italia era legata da patti (1935), la privazione dei diritti civili degli Ebrei, cittadini italiani assolutamente pari a tutti gli altri fino a quel giorno (1938).

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10 Maggio, 2019

Andrea Ivaz Melis, Ma dimmi tu

by gabriella

Del poeta sardo Andrea Ivaz Melis.

Ma dimmi tu! “Ma dimmi tu questi negri
che vengono a prendersi per disperazione
ciò che noi ci prendemmo con la violenza,
la spada e la croce santa,
lasciandoci dietro solo disperazione

Ma dimmi tu questi negri
che hanno cellulari e guardano le nostre donne,
mentre noi da sempre
ci fottiamo le loro
un tanto a botta nelle strade nere delle periferie,
e prendiamo il silicio dalle cave delle loro terre,
e come osano poi questi negri
avere desideri proprio uguali ai nostri
manco fossero umani

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26 Marzo, 2019

Mahmoud Darwish, Carta d’identità

by gabriella
Mahmoud Darwish (1941-2008)

Mahmoud Darwish (1941-2008)

Mahmoud Darwish, tra i massimi poeti del mondo arabo, era nato ad Al-Birwa, un villaggio palestinese distrutto dall’esercito israeliano durante la Nakba.

Fuggito in Libano con la famiglia per sottrarsi alle persecuzioni sioniste, era tornato in patria, divenuta Israele, da clandestino, dedicando tutta la sua produzione artistica alla guerra, all’oppressione e all’esilio.

Arrestato più volte come immigrato senza documenti e per aver recitato le sue poesie in pubblico, aveva finito per vivere da esule dapprima in Unione Sovietica, poi in Egitto, in Libano, Giordania, Cipro e, infine, in Francia.

Eletto membro del parlamento dell’Autorità Nazionale Palestinese, poté far visita ai suoi parenti solo nel 1996, anno in cui, dopo 26 anni di esilio, aveva ottenuto il primo permesso da Israele. E’ morto a Houston (Texas), dove si era recato per operarsi al cuore, il 9 agosto 2008.

Ricordate!
Sono un arabo
E la mia carta d’identità è la numero cinquantamila
Ho otto bambini
E il nono arriverà dopo l’estate.
V’irriterete?

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9 Dicembre, 2018

Pierluigi Pellini, Letteratura e finanza

by gabriella

aviditàLe parole e le cose pubblica questo bel saggio di Pierluigi Pellini sull’evoluzione della narrazione letteraria del denaro e dell’homo oeconomicus tra ottocento e novecento.

Il denaro è tema letterario di lunga durata, fin dall’antichità. Ma solo con il novel e il teatro del Settecento – da Defoe a Goldoni – le vicende economiche si fanno al tempo stesso motore dell’azione (oggetto del desiderio, motivo di conflitti e rivalità) e principio assiologico: in un contesto mercantile che non riconosce altro valore né altra autorità.

Perché i soldi diventino però l’esclusiva ragione di vita non di un tipo presentato come abnorme – come l’avaro, da Plauto a Molière – ma della quasi totalità dei personaggi romanzeschi; perché tutti i valori della tradizione (virtù, onore, amore) cedano il passo alla logica del profitto; perché insomma l’homo fictus della narrativa si tramuti in homo oeconomicus, si dovrà attendere La Comédie humaine.

Honoré de Balzac (1899 – 1950)

Nel romanzo dell’Ottocento, non si contano avari, accumulatori, speculatori.

In Balzac, il vecchio Grandet guadagna con il commercio una ricchezza enorme, che lesina ai familiari con patologica grettezza (Eugénie Grandet); l’onesto profumiere César Birotteau fa il passo più lungo della gamba, lanciandosi in disastrose speculazioni, e finisce rovinato: fra debiti, cambiali e loschi profittatori (Histoire de la grandeur et de la décadence de César Birotteau); per l’usuraio protagonista di Gobseck, oro e denaro sono strumenti di potere demiurgico e oggetti del desiderio esclusivi, su cui riversare, in un parossismo al tempo stesso esemplare e patologico, ogni energia libidica.

denaro

Il denaro, per impiegare la terminologia degli alienisti coevi (Esquirol), è la monomania di tutti i personaggi balzachiani. Perfino il patetico protagonista del Père Goriot, vittima dell’interesse e dell’egoismo imperante, non esita a dichiarare che «l’argent, c’est la vie» (i soldi sono la vita); e a ammettere che il soldo, quasi personificato, «fa tutto» («monnaie fait tout»).

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18 Giugno, 2018

Gianni Rodari, Il dromedario e il cammello

by gabriella

Una volta un dromedario, incontrando un cammello,
gli disse: – Ti compiango, carissimo fratello:
saresti un dromedario magnifico anche tu
se solo non avessi quella brutta gobba in più.

Il cammello gli rispose: – Mi hai rubato la parola.
È una sfortuna per te avere una gobba sola.
Ti manca poco ad essere un cammello perfetto:
con te la natura ha sbagliato per difetto.

La bizzarra querela durò tutto un mattino.
In un canto ad ascoltare stava un vecchio beduino
e tra sé intanto pensava: – Poveretti tutti e due,
ognuno trova belle soltanto le gobbe sue.
Così spesso ragiona al mondo tanta gente
che trova sbagliato ciò che è solo differente.

[Il secondo libro delle filastrocche, Einaudi, 1996]

4 Febbraio, 2017

George Orwell, Un impiccato

by gabriella

George-Orwell

George Orwell (1903 – 1950)

Appena ventenne, Eric Arthur Blair (noto con lo pseudonimo di George Orwell) lasciò gli studi per tornare in India, dov’era nato, ed arruolarsi nella polizia imperiale di stanza in Birmania.

L’esperienza, traumatica, gli rivelò l’arroganza imperialista e la funzione repressiva della polizia. Si dimise, sostenendo in seguito di aver capito che dal quel momento il suo posto sarebbe stato «davanti ad una baionetta, mai più dietro».

L’Impiccato è incluso nella raccolta George Orwell, Nel ventre della balena e altri saggi, Milano, RCS, 2010, pp. 257-261.

Il peggior criminale che abbia mai camminato su questa terra
è moralmente superiore al giudice che lo condanna alla forca.

George Orwell

Accadde in Birmania, un fradicio mattino durante la stagione delle piogge. Una luce malaticcia, come stagnola giallastra, da sopra l’alto muro pioveva di sbieco nel cortile della prigione. Eravamo in attesa davanti alle celle dei condannati a morte: una fila di cubicoli, chiusi da doppie inferriate, come piccole gabbie per animali. Ogni cella era poco più di tre metri per tre e non conteneva che un tavolaccio e una brocca d’acqua da bere. Alcune erano occupate da silenziosi uomini dalla pelle scura, accovacciati presso l’inferriata interna, con una coperta drappeggiata intorno al corpo. Erano i condannati a morte, che sarebbero stati impiccati quella settimana o la settimana successiva.

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