il 7% della popolazione mondiale (incluso il Regno Unito)
età media 45 anni
il 25% del PIL mondiale
il 50% spesa socio-sanitaria mondiale
Leggenda vuole che il tiranno Zohak, oppressore dei curdi, pretendesse di cibarsi di due sudditi al giorno fino alla rivolta vittoriosa dei «sopravvissuti della montagna».
Sotto gli F16 turchi che nelle campagne continuano le operazioni contro il PKK, il movimento per l’autonomia del sud-est a maggioranza curda del paese, era scontato che il mito divenisse grido di battaglia contro Erdogan.
«Lo sconfiggeremo come sconfiggemmo il re cannibale Zohak»,
ha tuonato Osman Baydemir, un politico del partito filo-curdo HDP, davanti alla folla.
«Il nostro Presidente Demirtas è in prigione, i nostri sindaci sono in prigione, cercano di dividerci dai fratelli curdi negli altri stati, ci torturano ma noi ci riprenderemo la libertà!».
Il 21 Marzo, è il Capodanno (”Newroz“, “Nauruz” a seconda delle trascrizioni) Kurdo e di vari paesi dell’Asia centrale e del Medio Oriente. Si celebra accendendo fuochi rituali, nei giorni intorno al 21 Marzo, in continuità con i riti della religione zoroastriana che considera il fuoco come simbolo di giustizia e della lotta contro le forze del male.
Nella parte più orientale della Turchia, l’Anatolia del Sud-Est, questa festa ha assunto negli ultimi decenni anche un significato politico, legato alle richieste di democrazia, autonomia e giustizia della minoranza curda (circa quindici milioni di persone) del Kurdistan turco, verso le quali il governo turco si mostra insensibile negando alla popolazione persino il diritto di esprimersi nella propria lingua.
Il grande gioco della storia, sta in chi s’impadronirà delle regole, chi prenderà il posto di quelli che le utilizzano, chi si travestirà per pervertirle, le utilizzerà a controsenso e le rivolgerà contro quelli che le avevano imposte; chi, introducendosi nel complesso apparato lo farà funzionare in modo tale che i dominatori si troveranno dominati dalle loro stesse regole.
M. Foucault, Nietzsche, la genealogia, la storia
I. La genealogia è grigia; meticolosa, pazientemente documentaria. Lavora su pergamene ingarbugliate, raschiate, più volte riscritte.
Paul Ree ha torto, come gli inglesi, a descrivere delle genesi lineari, — a ordinare per esempio alla sola preoccupazione dell’utile tutta la storia della morale: come se le parole avessero conservato il loro senso, i desideri la loro direzione, le idee la loro logica; come se questo mondo di cose dette e volute non avesse conosciuto invasioni, lotte, rapine, simulazioni, astuzie. Di qui, per la genealogia, un’indispensabile cautela: reperire la singolarità degli avvenimenti al di fuori di ogni finalità monotona; spiarli dove meno li si aspetta e in ciò che passa per non aver storia – i sentimenti, l’amore, la coscienza, gli istinti; cogliere il loro ritorno, non per tracciare la curva lenta d’un’evoluzione, ma per ritrovare le diverse scene dove hanno giocato ruoli diversi; definire anche l’istante della loro assenza, il momento in cui non hanno avuto luogo (Platone a Siracusa non è diventato Maometto…).
L’esclusione di parti rilevanti della popolazione mondiale dalla vita attiva è la triste realtà del presente e degli anni a venire. È la tesi di Saskia Sassen, sociologa della globalizzazione e delle città globali, distillata nei suoi ultimi due libri – Territorio, autorità, diritti (Bruno Mondadori) e Espulsioni (Il Mulino) -. E se il primo offre una riflessione sul rapporto dinamico tra globale e locale, il secondo analizza le caratteristiche del capitalismo estrattivo, categoria o figura delle tendenze emergenti dell’economia mondiale, dove l’espulsione di popolazioni dai luoghi dove hanno sempre vissuto e il land-grabbing (letteralmente, “accaparramento della terra”, nota mia) sono elementi di una pratica diffusa di appropriazione privata di ricchezze naturali, conoscenza.
Nel 1974 John Berger e Jean Mohr terminano di scrivere un libro dedicato all’emigrazione in Europa. Raccontano con parole e immagini gli undici milioni di persone che dai paesi marginali del Continente (Spagna, Portogallo, Italia, Grecia) si sono spostate per lavorare nei paesi più ricchi. Provengono anche da Turchia e Nord Africa.
Mi sono reso conto, e continuo ad averne conferma, che le competenze a scuola sono spesso vissute all’interno di una narrazione mitologica.
Il mito è una forma di narrazione antica fondata sul pensiero magico, che interpreta la realtà in base a credenze interiorizzate che non dimostrano nulla, perché la conoscenza non è dell’uomo ma proviene dalla divinità. Proprio per questo motivo, proprio perché non fondato sul pensiero razionale e sull’osservazione del fenomeno, il mito è un po’ la coltre di nubi che nasconde la vetta dell’Olimpo. E così sono anche le convinzioni di molti (non tutti) docenti in ordine alle competenze: mitologia tout court.
Proviamo, quindi, a far scendere tali credenze dal Monte Olimpo, avvolto nelle sue nubi, per restituirle a più appropriati significati.
Il capo di questo partito (dei comunisti) è Karl Marx; i sottocapi sono Friedrich Engels a Manchester, Freiligrath e Wolff (detto Lupus) a Londra, Heine a Parigi, Weydemeyer e Cluss in America; Burgers e Daniels lo erano a Colonia, Weerth ad Amburgo. Ma la mente attiva e creatrice, la vera anima del partito è Marx; perciò voglio informarla anche della sua personalità.
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«è un bene, paradossalmente, che la Buona scuola abbia esteso l’obbligo anche ai Licei, perché questo scandalo comincia ad essere visibile solo oggi, quando diventa chiaro a tutti cosa facciano realmente i ragazzi che avrebbero più bisogno di studiare».
In viaggio verso Roma ci siamo fermati ad un Autogrill per una breve sosta.
Avvicinandomi al bancone ho notato che la ragazza che mi stava per servire un caffè aveva sulla divisa il logo dell’alternanza scuola-lavoro.
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