Platone e l’Accademia rappresentano per il pensiero filosofico qualcosa di più della fondazione di un atteggiamento di ricerca o di una scuola filosofica. Sono, in realtà, la più profonda ricognizione dei problemi della vita umana, individuale e collettiva, mai tentata nel mondo antico e forse nella storia occidentale.
In otto lezioni [e dodici videolezioni] tentiamo di presentare questa immensa elaborazione culturale e l’itinerario filosofico di un autore segnato in gioventù dalla morte ingiusta del maestro, la cui vita successiva è stata dedicata alla costruzione delle condizioni di una città giusta, i cui cittadini fossero liberi ed uguali [la versione stampabile della lezione è in coda al testo].
L’intera storia della filosofia non è che note a margine al pensiero di Platone.
3.1.1 È possibile insegnare la virtù politica (arete) come si insegna una conoscenza qualsiasi (techne)? 3.1.2La risposta di Protagora: Prometeo ed Epimeteo 3.1.3 La virtù è unica o molteplice?
4.1.1 Il filo narrativo 4.1.2 L’ipotesi sofista di Teeteto: la conoscenza viene dalla sensazione 4.1.3 La conoscenza è la capacità di cogliere ciò che «è lo stesso in tutti i casi» 4.1.4 La verità non è una cosa, ma un compito
La teoria della conoscenza e la filosofia politica del fondatore del pensiero liberale.
Indice
1. Il problema della conoscenza tra 600 e 700
1.1 Il razionalismo 1.2L’empirismo e la critica dell’innatismo 1.3 Il problema della conoscenza per Locke 1.4La critica all’innatismo e la teoria delle idee 1.5 La critica della metafisica e dell’idea di sostanza 1.6 L’analisi del linguaggio e la concezione della conoscenza
2. Il pensiero politico
2.1 I Due Trattati sul governo civile: lo stato di natura e la fondazione della proprietà privata
2.1.1 L’importanza del pensiero politico lockeano 2.1.2 I due Trattatisul governo 2.1.3 La confutazione delle tesi di Filmer 2.1.4Lo stato di natura e la fondazione del diritto di proprietà 2.1.5 La spinta naturale all’autoconservazione 2.1.6 La derivazione della proprietà dal lavoro 2.1.7 Le due fasi dello stato di natura e la legittimazione del possesso privato
2.2 Locke teorico dello stato liberale
2.2.1 Socievolezza e insocievolezza secondo Locke 2.2.2 La divisione dei poteri dello Stato 2.2.3 I poteri illegittimi e il diritto alla rivoluzione
1. Il problema della conoscenza tra 600 e 700
Niente è nell’intelletto che non fu già nei sensi.
Tommaso d’Aquino
Il problema del valore della conoscenza, cioè della corrispondenza delle nostre rappresentazioni con la realtà esterna, è il problema specifico della filosofia moderna da Cartesio a Kant.
Tra il seicento e il settecento la questione decisiva diventa la determinazione di quanto, nel processo conoscitivo, derivi dall’esperienza e quanto dall’attività dell’intelletto.
Razionalismo ed empirismo possono essere considerate, al riguardo, le due grandi modalità attraverso cui la filosofia tenta di risolvere la discussione circa l’origine, i limiti e la validità della conoscenza.
1. Il Lord cancelliere 2.La scienza come regnum ominis 3. La nuova logica della scienza 4. I pregiudizi della mente 5. Il metodo induttivo 6.L’ambiguità della tecnica
1. Il Lord cancelliere
Della biografia di Francis Bacon, londinese, Lord Cancelliere di Giacomo I, si ricorda soprattutto l’infamante accusa di corruzione che il Parlamento gli rivolse nel 1621 e davanti alla quale il filosofo si dichiarò colpevole.
Due accusatori dichiararono infatti di avergli versato, rispettivamente, 100 e 400 sterline per ottenere da lui un giudizio favorevole. Il giudizio di Bacone fu in realtà contrario, ma l’accusa di corruzione rimase ferma perché le somme gli erano state pagate a giudizio ancora in corso, non successivamente, a titolo di legittimo onorario.
Se non per corruzione, la storiografia filosofica ricorda, quindi, Bacone per la sua avidità ed arroganza. Questo cortigiano di non specchiata moralità ebbe, però, un senso altissimo del valore della scienza e della sua utilità al servizio dell’uomo.
Liberi dall’ignoranza, liberi dall’ingiustizia perché finalmente capaci di pensare: Socrate rappresenta l’atteggiamento filosofico più rigoroso di critica della tradizione e di rifiuto della credenza identificati con l’ignoranza delle ragioni per cui l’opinione si è formata in noi.
La sua insistenza sulla ricerca e sul domandare centrano la filosofia su quel lavoro etico e conoscitivo che chiamò dialettica, dopo averne rovesciato il significato sofista. Se la dialettica sofista era infatti l’arte di vincere un duello verbale, quella socratica è piuttosto il combattimento contro tutto ciò che in noi e nella vita in società è assunto senza intelligenza e senza esame per effetto dell’educazione e dell’influenza.
La clamorosa condanna per empietà inflittagli da Atene, accomuna la sua sorte a quella di Anassagora di Clazomene e di Protagora di Abdera che subirono condanna ed esilio trentatré e dodici anni prima di lui, per aver sostenuto che «sole e luna non sono dèi», e che «è impossibile sapere se gli dèi esistono».
Indice
1.Introduzione
1.1Cornelius Castoriadis e la filosofia come critica delle rappresentazioni della tribù 1.2La figura spiazzante di Socrate
2. Anime libere e anime di schiavi
3. Sapere di non sapere
3.1 La virtù è il libero esercizio della ragione 3.2 Sapere di non sapere
4.Il «metodo» socratico
4.1 Gli strumenti della ricerca del sapere: dialettica, ironia, confutazione, definizione 4.2 Educazione e autoeducazione: la maieutica
1.1 Cornelius Castoridis e la filosofia come critica delle rappresentazioni della tribù
Cornelius Castoridis (1922 – 1997)
Se si dice “fine della filosofia”, bisogna dire in uno, “fine della libertà”. Perché la filosofia è questo: è precisamente che sono libero di pensare e che sono libero di interrogarmi. Non sono bloccato dal fatto che la verità è già stata detta. [Nel discorso religioso] c’è strutturalmente un grande blocco: bisogna che in qualche modo tu giustifichi che ciò che dici è compatibile con ciò che nostro padre che è lassù ha detto e che è consegnato nei testi canonici.
Raffaello, I sofisti allontanati dal gruppo dei socratici [La scuola di Atene, 1509, particolare]
I sofisti furono i protagonisti dell’Illuminismo greco, critici di un sapere dogmatico su cui si fondava una precisa gerarchia sociale e attori della prima rivoluzione pedagogica.
Demonizzati da Platone e dagli antichi e rivalutati solo con il pensiero contemporaneo a partire da Hegel e Nietzsche, produssero l’insegnamento di Protagora di Abdera e Gorgia di Lentini.
Il compito principale della psicologia sociale è di analizzare come l’attività mentale delle persone viene condizionata dalla realtà sociale.
In questa prima parte del modulo, i temi dell’attribuzione e degli errori d’attribuzione (tra i quali la tesi disposizionale del male) e dell’obbedienza all’autorità, presentati attraverso alcuni celebri esperimenti americani del dopoguerra.
Indice
1.Gli studi di psicologia sociale nel secondo dopoguerra 2. L’attribuzione e l’origine del male
2.1 Gli studi sull’attribuzione 2.2 Philip Zimbardo, L’origine del male e l’effetto Lucifero
2.2.1 La visione corrente del crimine come errore fondamentale d’attribuzione e l’ideologia della «tolleranza zero» 2.2.2 La psicologia del male e l’esperimento carcerario di Stanford 2.2.3 Concezione disposizionale e situazionale del male 2.2.4 L’esperimento carcerario e il silenzio trentennale di Zimbardo
3. L’esperimento Milgram e l’obbedienza all’autorità
3.1 Il reality francese del 2010 3.2 L’esperimento Milgram
3.2.1 Eteronomia e ridefinizione della situazione
3.3 Come resistere al tempo della barbarie 3.4La rosa bianca e la necessità della resistenza 3.5 Obbedienza e disobbedienza in filosofia politica
4. Il caso di Kitty Genovese e l’effetto bystander (indifferenza dello spettatore)
1. Il caso di Kitty Genovese 2. L’ignoranza pluralistica e la diffusione di responsabilità 3. Ignoranza pluralistica ed effetto spettatore (bystander effect) 4. Inerti di fronte a un dramma: le risposte della psicologia sociale
Con Anassagora, Democrito è il filosofo che ridà legittimità alla ricerca intorno alla natura, dopo il divieto di Parmenide di pensare molteplicità e divenire che per gli eleati equivaleva a contraddittoria compresenza di essere e non essere.
Anche Democrito sceglie una soluzione pluralista: la verità profonda delle cose è legata agli atomi, unità indivisibili di materia che volteggiano nel vuoto dando origine a generazione e distruzione.
Secondo Carlo Rovelli, una tappa fondamentale nella storia della conoscenza è stata il viaggio o la fuga di Leucippo, il maestro di Democrito, da Mileto ad Abdera nel 450 a.c.. Scrive il fisico:
Anassagora rappresenta l’arrivo della mentalità ionica, scientifica e laica, nell’Atene del V secolo. Consigliere di Pericle e amico della compagna di lui, Aspasia di Mileto, fu processato per empietà, avendo dichiarato che «sole e luna non sono dèi, ma una pietra infuocata e una massa terrosa».
Il suo pensiero rappresenta la rifondazione delle scienze naturali dopo l’attacco di Parmenide e Zenone, per i quali divenire e molteplicità (dunque l’intera physis) erano illusori e contraddittori in quanto erronea attribuzione di verità al passaggio dal non essere (nulla) all’essere.
Anassagora sosterrà che «tutto è in tutto», ogni cosa è fatta dei semi di tutte le altre (omeomerie) che sviluppandosi (o restando piccoli) passano dall’invisibilità alla visibilità.
Bisogna che tutto tu sappia,
e il cuore che non trema della ben rotonda verità,
e le opinioni dei mortali in cui non c’è vera certezza.
Solo due strumenti ha la mente per conoscere: i sensi e la ragione. Ma i sensi ci mostrano una realtà mutevole e incomprensibile, nella quale ogni cosa, cambiando, diventa il proprio opposto. Di cosa dunque possiamo essere certi? Esiste una realtà stabile che permette una conoscenza certa, relativa a una verità permanente?
Seguendo la ragione possiamo sapere che l’essere è perché il nulla non può essere pensato. Se invece ipotizzassimo che l’essere non è cadremmo in un grave errore perché «la stessa cosa è e pensare che è», quindi, se pensiamo, dimostriamo che l’essere esiste e che il pensiero non può pensare che l’essere (qualcosa che è).
Il non essere, d’altra parte, non è e non può essere pensato. Dunque tra essere e nulla c’è una differenza incolmabile, essenziale: l’uno non può mai diventare l’altro e viceversa.
Eppure i sensi vorrebbero accreditarci proprio questa tesi: che l’essere e il non essere sono entrambi e passano continuamente l’uno nell’altro, come mostrano il divenire (le cose che sono, un tempo non erano e torneranno ad essere nulla) e la molteplicità degli enti (questa cosa è se stessa ma non è quell’altra e viceversa). La ragione vieta però di accogliere questa confusa contraddittorietà, propria degli uomini che nulla sanno, la cui ignoranza dirige l’errante mente ..
Comprendere che divenire e molteplicità sono opinione infondata (doxa), apparenza illusoria, è allora accogliere senza tremare la ben rotonda verità che l’essere soltanto è necessariamente.
l’Essere parmenideo
Indice
1. Pensare ed essere: l’ordine logico e l’ordine della realtà 2. Il poema sulla natura
2.1L’ontologia parmenidea
3. L’essere, il pensiero, il linguaggio
3.1Le tre vie 3.2 Le caratteristiche dell’essere
4. L’interpretazione di Melisso di Samo 5.L’interpretazione di Emanuele Severino
4.1 La negazione del divenire
4.2 L’eternità dell’essere 4.3 L’essere e il molteplice
1. Pensare ed essere: l’ordine logico e l’ordine della realtà
Con Parmenide di Elea, vissuto nella prima metà del V secolo a.C., la filosofia giunge ad una prima e radicale soluzione del problema della verità (aletheia) che avrà un’influenza immensa sul pensiero filosofico successivo.
Convinzione fondamentale dell’eleate è che tra la realtà, la ragione umana e il linguaggio usato dagli uomini per descriverla ci sia una sostanziale identità (isomorfismo pensiero e realtà).
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