Platone e l’Accademia rappresentano per il pensiero filosofico qualcosa di più della fondazione di un atteggiamento di ricerca o di una scuola filosofica. Sono, in realtà, la più profonda ricognizione dei problemi della vita umana, individuale e collettiva, mai tentata nel mondo antico e forse nella storia occidentale.
In otto lezioni [e dodici videolezioni] tentiamo di presentare questa immensa elaborazione culturale e l’itinerario filosofico di un autore segnato in gioventù dalla morte ingiusta del maestro, la cui vita successiva è stata dedicata alla costruzione delle condizioni di una città giusta, i cui cittadini fossero liberi ed uguali [la versione stampabile della lezione è in coda al testo].
L’intera storia della filosofia non è che note a margine al pensiero di Platone.
3.1.1 È possibile insegnare la virtù politica (arete) come si insegna una conoscenza qualsiasi (techne)? 3.1.2La risposta di Protagora: Prometeo ed Epimeteo 3.1.3 La virtù è unica o molteplice?
4.1.1 Il filo narrativo 4.1.2 L’ipotesi sofista di Teeteto: la conoscenza viene dalla sensazione 4.1.3 La conoscenza è la capacità di cogliere ciò che «è lo stesso in tutti i casi» 4.1.4 La verità non è una cosa, ma un compito
Liberi dall’ignoranza, liberi dall’ingiustizia perché finalmente capaci di pensare: Socrate rappresenta l’atteggiamento filosofico più rigoroso di critica della tradizione e di rifiuto della credenza identificati con l’ignoranza delle ragioni per cui l’opinione si è formata in noi.
La sua insistenza sulla ricerca e sul domandare centrano la filosofia su quel lavoro etico e conoscitivo che chiamò dialettica, dopo averne rovesciato il significato sofista. Se la dialettica sofista era infatti l’arte di vincere un duello verbale, quella socratica è piuttosto il combattimento contro tutto ciò che in noi e nella vita in società è assunto senza intelligenza e senza esame per effetto dell’educazione e dell’influenza.
La clamorosa condanna per empietà inflittagli da Atene, accomuna la sua sorte a quella di Anassagora di Clazomene e di Protagora di Abdera che subirono condanna ed esilio trentatré e dodici anni prima di lui, per aver sostenuto che «sole e luna non sono dèi», e che «è impossibile sapere se gli dèi esistono».
Indice
1.Introduzione
1.1Cornelius Castoriadis e la filosofia come critica delle rappresentazioni della tribù 1.2La figura spiazzante di Socrate
2. Anime libere e anime di schiavi
3. Sapere di non sapere
3.1 La virtù è il libero esercizio della ragione 3.2 Sapere di non sapere
4.Il «metodo» socratico
4.1 Gli strumenti della ricerca del sapere: dialettica, ironia, confutazione, definizione 4.2 Educazione e autoeducazione: la maieutica
1.1 Cornelius Castoridis e la filosofia come critica delle rappresentazioni della tribù
Cornelius Castoridis (1922 – 1997)
Se si dice “fine della filosofia”, bisogna dire in uno, “fine della libertà”. Perché la filosofia è questo: è precisamente che sono libero di pensare e che sono libero di interrogarmi. Non sono bloccato dal fatto che la verità è già stata detta. [Nel discorso religioso] c’è strutturalmente un grande blocco: bisogna che in qualche modo tu giustifichi che ciò che dici è compatibile con ciò che nostro padre che è lassù ha detto e che è consegnato nei testi canonici.
Raffaello, I sofisti allontanati dal gruppo dei socratici [La scuola di Atene, 1509, particolare]
I sofisti furono i protagonisti dell’Illuminismo greco, critici di un sapere dogmatico su cui si fondava una precisa gerarchia sociale e attori della prima rivoluzione pedagogica.
Demonizzati da Platone e dagli antichi e rivalutati solo con il pensiero contemporaneo a partire da Hegel e Nietzsche, produssero l’insegnamento di Protagora di Abdera e Gorgia di Lentini.
La lezione è dedicata ai primi protagonisti della paideia filosofica e alla scoperta di questi maestri che «eccellenti si diventa», perché l’areté non una qualità posseduta grazie alla nascita nobile, ma qualcosa che può essere educato.
È il superamento della paideia dei poeti e della visione di Omero: la prima, vera, rivoluzione pedagogica.
Indice
1. Il sophistés 2.Da Solone ai sofisti 3. La rivoluzione pedagogica sofista
Anticamente il termine sophistés era sinonimo di sophós (saggio) ed era riferito a chi possedeva attivamente una vasta e poliedrica conoscenza. Sophistés erano detti ad esempio i Sette Savi che Platone elenca nel Protagora.
Nel V secolo a. C. si chiamarono invece “sofisti” quegli intellettuali stranieri che della sapienza facevano una professione, insegnandola scandalosamente dietro compenso, così che Senofonte poteva definirli «prostituti del sapere».
La filosofia di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda, 1770 – Berlino, 1831) nasce dall’aspirazione, condivisa con il movimento romantico, di veder conciliate le contraddizioni tra soggetto e oggetto, sentimento e ragione, individuo e società, finito e infinito, umano e divino, termini che la cultura moderna e illuministica aveva invece contrapposto.
Hegel accusa i filosofi moderni e, particolarmente Kant, di restare ancorati alle rigidità dell’intelletto (definirà seccamente il modo di pensare moderno, o kantiano, frutto di un «intelletto tabellesco»Pref. Fenom., pp. 40-41) e mantenere la loro riflessione sul livello astrattodella distinzione uomo/natura – per quanto riguarda il piano conoscitivo – e dell’opposizione di essere/dover essere su quello etico, senza cogliere il nesso razionale e necessario che lega i singoli aspetti della realtà.
Hegel sarà infatti il sistematore di quella linea di pensiero che, a partire da Fichte, rifiuta la concezione dogmatica dell’essere, inteso come realtà oggettiva e indipendente dal soggetto e la riconduce all’attività creativa dello spirito.
Raccolgo i passi più significativi dell’Esortazione alla filosofia di Aristotele – nell’edizione curata da Diego Fusaro – con uno stralcio del saggio introduttivo dedicato all’opera da Enrico Berti [E. Berti, Protreptico, Torino, UTET, 2008, pp. XXIII-XVIII].
Se si deve filosofare, si deve filosofare e se non si deve filosofare, si deve filosofare; in ogni caso dunque si deve filosofare. Se infatti la filosofia esiste, siamo certamente tenuti a filosofare, dal momento che essa esiste; se invece non esiste, anche in questo caso siamo tenuti a cercare come mai la filosofia non esiste, e cercando facciamo filosofia, dal momento che la ricerca è la causa e l’origine della filosofia.
Aristotele, Protreptico
Indice
1. L’Accademia contro i retori: la risposta del Protreptikos all’Antidosis 2. Il Protrettico
Nell’anno 353 a.C. Isocrate scrisse un’orazione intitolata Antidosis, che significa “scambio”, perché in essa, a riprova della sua innocenza dall’accusa di essersi arricchito illecitamente, il famoso retore si dichiarava disposto a scambiare tutti i suoi beni con quelli dei suoi accusatori.
In essa egli fece l’apologia di tutta la propria vita, rispondendo anche alla polemica condotta contro di lui dagli Accademici [Antidosis, 258]. A costoro si riferiscono infatti inequivocabilmente alcuni paragrafi dell’Antidosis, in cui Isocrate allude a certi ferventi dell’eristica che calunniavano i discorsi comuni e utili, non ignorando il valore di essi né quanto rapidamente essi giovino a chi li usa, ma sperando così di rendere più stimabili i propri [Antidosis, 258].
Nella denominazione di eristi, Isocrate accomuna tutti i socratici, noti per le loro discussioni dialettiche, ma tra essi distingue i platonici, che disprezzano il valore dei discorsi utili e tuttavia conoscono il valore della retorica. Da questi Isocrate dichiara di essere stato attaccato aspramente [Antidosis, 259-60] – accennando sicuramente all’esordio del corso di retorica tenuto da Aristotele:
«è turpe tacere e lasciare che parli Isocrate».
[Aristotele aveva peraltro tacciato di servilismo lo scritto isocrateo dedicato a Grillo, figlio di Senofonte, in occasione della morte in battaglia del giovane nel 362. NDR.] e a lui risponde mediante una valutazione critica della paideia accademica.
Stralcio alcuni passi da questa introduzione al materialismo storico e alla dialettica di Area globale.
Molto raramente si ricorda che una delle conclusioni teoriche di Marx è quella del superamento della divisione disciplinare della conoscenza (si potrebbe dire, della divisione del lavoro nel campo della conoscenza) e l’adozione di un approccio olistico – diciamo, interdisciplinare – ai problemi che in genere vengono catalogati come “filosofici”, “economici”, “storici”, “sociali”, “psicologici”, ecc…
il marxismo non si lascia collocare in nessuno dei comparti tradizionali del sistema delle scienze borghesi, e anche se si intendesse approntare appositamente per esso… un nuovo comparto chiamato sociologia, esso non vi rimarrebbe tranquillamente, ma continuerebbe a uscirne per infilarsi in tutti gli altri. “Economia”, “filosofia”, “storia”, “teoria del diritto e dello Stato”, nessuno di questi comparti è in grado di contenerlo, ma nessuno di essi sarebbe al sicuro dalle sue incursioni se si intendesse collocarlo in un altro» [K. Korsch, Marxismo e filosofia, Sugar, Milano, 1968, p. 87. Cit. in Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, Vol.3, Cap.10 “Marx”].
Commenti recenti