Indice
1. L’antagonista dei platonici
2. La paideia panellenica
3. Le trasformazioni del pensiero educativo nell’ellenismo
3.1 Da Isocrate a Ipazia: nascita e morte dell’ellenismo
1. L’antagonista dei platonici
Isocrate (Ισοκράτης) fu allievo di Gorgia e contemporaneo di Platone, della cui concezione educativa fu fiero avversario.
Nell’Antidosis dichiarò, infatti, polemicamente, l’inutilità pratica della filosofia, tanto sul piano individuale che su quello politico: un attacco all’Accademia platonica a cui rispose Aristotele con il Protreptico, l’Esortazione alla filosofia.
Alla filosofia, secondo Isocrate, era dunque preferibile la retorica, la quale, benché non aspirasse a verità assolute, era capace di avvalersi delle opinioni e di farne strumenti di concreta azione politica.
Mentre Platone era giunto a criticare aspramente l’educazione greca condotta sui classici omerici, Isocrate recupera quindi il valore culturale della tradizione e torna a fondare la paideia sulla retorica.
Rispetto ai sofisti, egli rivede però il ruolo della parola. A differenza di questi filosofi – la seconda sofistica, in particolare – che avevano accentuato il relativismo etico dell’uomo politico, Isocrate è convinto che l’uomo colto, bene educato, a contatto quotidiano con la forma elevata del bello non potrà che elevarsi alla saggezza e alla moralità a vantaggio dello stato (Nicocle).
Questo sarà, sostanzialmente, l’insegnamento della sua scuola, fondata nel 390 a.C..
2. La paideia panellenica
Nel Panegirico, il retore mette inoltre la sua arte al servizio di un preciso disegno politico: l’unione del mondo greco contro i barbari. Atene non è più soltanto maestra della Grecia (come Tucidide fa dire a Pericle), ma di tutta l’umanità.
La Grecia ha, infatti, rivelato all’uomo il valore di ciò che è più specificamente umano: la cultura. È per questo che essere greci vuol dire partecipare della cultura greca piuttosto che essere semplicemente di stirpe greca:
si chiamano Greci piuttosto le genti che partecipano alla nostra educazione, che quelle che hanno il nostro stesso sangue (una perfetta interpretazione di questa concezione è offerta da Marguerite Yourcenar, in Memorie di Adriano).
Inoltre l’amore per il sapere […] che ci ha educato all’azione [e] ha addolcito i rapporti tra noi è stata la nostra città a divulgarlo. Essa ha anche onorato l’arte della parola, cui tutti aspirano invidiando coloro che la conoscono, consapevole del fatto che questo solo privilegio noi abbiamo per natura fra tutti gli animali e che, prevalsi in virtù di questa, ci siamo distinti da loro anche in ogni altra manifestazione […] Di tanto la nostra città ha distanziato gli altri uomini nel sentire e nel parlare che i suoi discepoli sono divenuti maestri degli altri, ed essa ha fatto in modo che il nome dei Greci non sembri essere il nome di una stirpe, ma della cultura, e che siano chiamati piuttosto Greci quelli che hanno in comune con noi lo sviluppo dello spirito anziché la stessa natura. Panegirico, 47-50.
Nel Panegirico, come si vede, Isocrate indica nella civiltà ellenica il vertice della sapienza umana e descrive la grecità come un contenuto culturale, cioè un’identità: si chiamano greci quelli che partecipano della nostra cultura, non quelli in cui scorre il nostro stesso sangue.
Lo storico Henri Marrou ha sintetizzato efficamente l’importanza e la durevole influenza del pensiero di Isocrate sul pensiero educativo dell’ellenismo e delle epoche successive:
E’ Isocrate che, generalmente, è prevalso ed è divenuto l’educatore della Grecia e poi di tutto il mondo antico.[..] La retorica è rimasta lo scopo specifico dell’alto insegnamento greco, dell’alta cultura. […] Così l’eloquenza impone le sue categorie a tutte le forme dello spirito, poesia, storia e anche, come vedremo, filosofia.
La cultura ellenistica è principalmente una cultura oratoria, il cui genere letterario tipico è la conferenza pubblica. […] Il fatto primo è che, dopo i Sofisti e dopo Isocrate, l’eloquenza, nonostante tutte le rivoluzioni politiche e sociali, non ha mai cessato d’essere l’obiettivo principale della cultura superiore, il coronamento di ogni educazione liberale che voleva essere completa. […] da Isocrate in poi la retorica non ha mai cessato d’essere praticata come la forma normale dell’educazione superiore. […] Imparare a ben parlare significava nello stesso tempo imparare a ben pensare, e anche a ben vivere. […] Paideìa! […] designa contemporaneamente educazione e cultura; [..] la distinzione, tra noi tanto netta, fra «cultura» e «educazione», tendeva necessariamente ad annullarsi. [cfr. H.I.Marrou, Storia dell’educazione nell’antichità, Studium, 1966, pp. 266-68].
3. Le trasformazioni del pensiero educativo nell’ellenismo
Con il termine ellenismo si intende quel periodo in cui, dopo la crisi della polis, la storia culturale del mondo greco diviene la storia di tutti coloro che pensano e parlano in greco, quale che sia la loro origine o il popolo d’appartenenza.
Il suo momento d’origine è convenzionalmente fatto coincidere con la morte di Alessandro Magno (323 a.C.) mentre il suo termine, secondo alcuni, è il 529, anno in cui vengono chiuse le ultime scuole filosofiche di Atene.
L’evento storico più significativo dell’ellenismo è la caduta della polis, travolta dal disegno imperiale di Alessandro il macedone. Mentre per Platone e Aristotele, la polis doveva essere «colta con un solo sguardo» e la sua estensione doveva essere tale da permettere ai cittadini di conoscere i detentori delle cariche rappresentative e permettere la partecipazione politica di tutti i cittadini liberi, l’impero universale di Alessandro si estendeva dalla Libia alle rive dell’Indo.
La polis diventava così un organo amministrativo e non più politico, assorbita dall’impero e, successivamente, da monarchie assolute di diritto divino.
Le conseguenze sul piano educativo saranno di grande rilievo. Per la Grecia dell’età classica era impensabile una considerazione dell’individuo avulsa dalla polis. Le concezioni educative di Socrate, Platone e Aristotele erano quindi state volte alla rigenerazione della città.
Con l’ellenismo, invece, proprio per la perdita di significato politico della polis, viene definitivamente reciso lo stretto legame del cittadino con lo stato, con immediate conseguenze sulla concezione educativa, la paideia.
Davanti alla monarchia assoluta non c’è più spazio per il cittadino, ma solo per il suddito, così che l’individuo, perduto ogni legame con la vita politica, ripiega su se stesso e si chiude nel proprio individualismo.
3.1 Da Isocrate a Ipazia: nascita e morte dell’ellenismo
Se Isocrate è un anticipatore dello spirito ellenistico, uno degli eventi più significativi e tragici della fine di quest’epoca è l’assassinio della filosofa e scienziata alessandrina Ipazia (415 d.C.) per mano della setta cristiana dei parabolani.
Quella ellenistica è stata infatti una cultura del libro ed Ipazia fu capo della comunità scientifica sorta a fianco della Biblioteca di Serapide e del Museo di Alessandria.
Come aveva sostenuto Isocrate, Ipazia era greca non perché fosse nata entro i confini dell’Ellade, ma perché pensava in greco e animava ad Alessandria una comunità di ricerca ispirata allo spirito filosofico nato in Grecia.
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