Archive for Febbraio, 2012

29 Febbraio, 2012

Valsusa

by gabriella

Sono un chiaro segnale di timore le denigrazioni e le accuse a Luca Abbà, ancora in un letto d’ospedale, al quale “Il Giornale” del 28 febbraio 2012 si è ignobilmente permesso di dare del “cretinetti”. Cresce la paura che una protesta ventennale che non accenna a piegare la testa possa parlare ai tanti che, pur non sapendo esattamente dove sia la Val di Susa, potrebbero cominciare a impararne la lingua. Un articolo di Paolo Baldeschi chiarisce perché. Prima però, il servizio realizzato da Sandro Ruotolo sullo sgombero della baita Clarea, la caduta dal traliccio dell’attivista NO TAV e i ritardi dei soccorsi, mentre le ruspe continuano a scavare.

In coda le ragioni del NO e l’appello a Monti firmato da oltre trecento esperti e un articolo dell’Economist sull’assenza di benefici economici del TAV e il fallimento delle politiche europee di sviluppo dei territori. Chiudono uno studio sui costi e il Libro nero (Ivan Cicconi) di questa “grande opera”, paradigmatica di scelte politiche caratterizzate dall’attitudine alla rapina, cecità per il bene comune e promozione della disinformazione: il TAV è ormai divenuto il simbolo della spoliazione e dell’occupazione violenta dei territori ai quali si chiede di subire il depauperamento delle risorse ambientali, la desertificazione delle attività economiche (paradossalmente, mentre di parla di sviluppo) e i danni alla salute dei cittadini che sono per giunta chiamati a pagarne i costi.

Questo, come affermava la signora padovana che ieri mattina ha telefonato a Prima pagina (radiorai3), significa «essere dominati, non più essere governati». Naturalmente, il conduttore Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, le ha tolto immediatamente la parola. La signora ha, infatti, colto implicitamente la connessione tra questo tipo di investimenti pubblici e la firma di Monti dell’altro ieri del fiscal compact, con la quale un paese in recessione si obbliga a conseguire il pareggio di bilancio mentre regala denaro pubblico (stimato per ora a oltre 50 miliardi di euro, il 2,6% dei quali a carico dell’UE) al malaffare (partitico-imprenditorial-mafioso) al costo di scuole, strade, ospedali, e qualità della vita dei cittadini.

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Paolo Baldeschi, TAV Val di Susa. Una battaglia rivoluzionaria per la democrazia

Una battaglia rivoluzionaria, non perché usi la violenza, ma perché le ragioni dei No-Tav, se fossero accolte, implicherebbero una ‘rivoluzione’ nel sistema partitico-imprenditoriale-tangentizio italiano. Tutto ciò è esaurientemente spiegato in Il libro nero dell’alta velocità di Ivan Cicconi. Il libro, documentato oltre possibile dubbio, spiega non solo le vicende, ma le ragioni strutturali di un affare, l’Alta Velocità, che è, dopo tangentopoli, il nuovo banco di finanziamento dei partiti, della casta e, Fiat in testa, dei capitalisti nostrani. E’ un sistema che sfugge a ogni controllo tecnico, contabile e di legittimità e si autoalimenta sestuplicando (come di fatto è accaduto) il costo delle opere.

La chiave dell’architettura è il Project financing combinato alla Legge Obiettivo. Lo stato avrebbe dovuto finanziare attraverso Tav (dal 2010 sciolta in Rete ferroviaria italiana) un quaranta per cento del costo dell’opera, il sessanta i privati; i quali, però, di tasca propria hanno messo gli spiccioli, il resto se lo sono fatto prestare dalle banche, meglio se da loro partecipate. Ma non basta, perché per legge (obiettivo) il General Contractor dell’opera, soggetto privato scelto da Tav, affida direttamente progettazione e realizzazione delle opere a imprese collegate e rappresentative di tutto il capitalismo immobiliare e cementizio italiano: da Caltagirone a Lodigiani, da Todini a Ligresti passando per la Lega delle cooperative, oltre, capofila, Impregilo della Fiat; il tutto senza gare d’appalto e via ‘per li rami’, cioè per sub-appalti e sub-sub-appalti, fino ad arrivare alle imprese della mafia e della camorra.

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25 Febbraio, 2012

Aut aut: il carnevale e la scuola della fine

by gabriella

Accadde in un teatro che le quinte presero fuoco.
Il Buffone uscì per avvertire il pubblico.
Credettero che fosse uno scherzo e applaudirono; egli ripeté l’avviso: la gente esultò ancora di più.
Così mi figuro che il mondo perirà
fra l’esultanza generale degli spiritosi che crederanno si tratti di uno scherzo.

Sören Kierkegaard, Diapsalmata (Aut-aut, Carte di A)

Martedi scorso alcuni studenti non si sono presentati a scuola, optando per il matinée di una discoteca locale. Tra di loro, c’è chi ha candidamente vergato sul libretto delle giustificazioni la causale “CARNEVALE”, facendola firmare ai genitori (immagino, senza eccessiva resistenza da parte loro).

Dai dati sulla dispersione scolastica e sulle difficoltà d’apprendimento nei tre cicli di studi sappiamo che il 50% degli studenti italiani non raggiunge gli obiettivi formativi: compie cioè 19 anni (diplomandosi o meno) senza aver imparato a comprendere un testo, a cogliere un rapporto di causalità, a tenere insieme più fattori esplicativi di un fenomeno.

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20 Febbraio, 2012

Perugia, Dibattito con Girolamo De Michele

by gabriella

Il 21 febbraio 2012 Girolamo De Michele è stato ospite del coordinamento “Viva la scuola pubblica” per un dibattito sulla scuola alla Sala della Vaccara (PG) – la Sala della Vaccara si trova sopra la Sala de’ Notari, salendo la scala esterna del Palazzo de’ Priori.

Presentiamo oggi Girolamo De Michele, un nostro collega, insegnante di filosofia e storia, un intellettuale attivo anche in rete con articoli e inchieste sempre illuminanti per la loro capacità di ricostruzione e svelamento dei fatti e delle scelte che stanno letteralmente “cambiando i connotati” della scuola e della società in cui viviamo.

Da questo punto di vista, La scuola è di tutti è un libro esemplare perché si presenta come una sorta di Summa non solo delle falsificazioni e degli inganni delle politiche di declino dell’istruzione pubblica, ma anche delle prassi, delle involuzioni e persino dei tic che affliggono quello che Girolamo chiama il “ventre molle” della scuola.

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19 Febbraio, 2012

Paolo e Vittorio Taviani, Cesare deve morire

by gabriella

“da quando ho conosciuto l’arte, ‘sta cella è diventata ‘na prigione”

Non mi sorprende l’annuncio in sordina, senza entusiasmo, che i conformisti media italiani hanno dato dell’Orso d’Oro del Festival del Cinema di Berlino a Cesare deve morire, girato dai fratelli Taviani nel carcere di Rebibbia. Qui l’ebook del testo shakesperiano.

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18 Febbraio, 2012

Flavio Caroli, Storia della fisiognomica. Arte e psicologia da Leonardo a Freud. Cesare Lombroso. L’uomo delinquente

by gabriella

Difficile stabilire se la fisiognomica sia una scienza. Di sicuro, però, lo studio dei volti ha influenzato molti campi del sapere, intrecciandosi non solo alla dimensione estetica ma anche a quella etica. Da molti anni il lavoro di Flavio Caroli, storico dell’arte moderna, saggista e perfino narratore, si muove lungo la linea introspettiva dell’arte occidentale, concentrandosi in particolare sulla rappresentazione dei volti: dell’umano ma anche del trascendente (Il volto di Gesù, Mondadori 2009)o del mondo naturale (Il volto e l’anima della natura, Mondadori 2010). Inoltre è appena tornata in libreria la sua Storia della fisiognomica, documentatissimo viaggio della relazione tra la raffigurazione artistica dell’uomo e l’evoluzione del pensiero scientifico moderno (compresa la dottrina psicoanalitica). Lo studio di Flavio Caroli, unico nel suo genere, percorre insomma un fondamentale cammino di idee che accompagna da un lato lo sviluppo della scienza psicologica e dall’altro il lavoro dei pittori lungo il corso dei secoli.

Venerdi 17 febbraio Fahrenheit ha ospitato l’autore che ha rilasciato a Loredana Lipperini questa bellissima (e fluviale) intervista (se il popup dell’MP3 non si avvia, cliccare su “ricarica la pagina”).

 

Cesare Lombroso, L’antropologia criminale

Archivio digitale “Cesare Lombroso”.

La Biblioteca “L. Bergamini” ha digitalizzato e reso disponibili i testi di Lombroso risalenti al periodo in cui era Direttore della “Clinica Psichiatrica della Regia Università di Torino”. Si tratta sia di scritti di Lombroso sia di libri, opuscoli ed estratti da lui utilizzati nel proprio lavoro scientifico e clinico.

In questa pagina proponiamo alcuni rari testi di Cesare Lombroso e della sua scuola, digitalizzati in formato PDF (è necessario Acrobat Reader).

Cesare Lombroso, Sulla medicina legale del cadavere secondo gli ultimi studi di Germania ed Italia : tecnica, identit?, fisiologia, veleni del cadavere. 2. ed. Pinerolo : Tip. Chiantore-Mascarelli, 1890.

A. Grimaldi e R. Fronda, Trasmissione del pensiero e suggestione mentale : studio sperimentale e critico di seguito da alcune indagini fatte sullo stesso soggetto a richiesta del prof. Cesare Lombroso. Napoli : Luigi Pierro, 1891.

Cesare Lombroso, Les applications de l’anthropologie criminelle. Paris : F. Alcan, 1892.

Cesare Lombroso, Trattato profilattico e clinico della pellagra. Torino [etc.] : Fratelli Bocca, 1892.

Cesare Lombroso, Handbuch der Graphologie. Leipzig : Reclam, 1893.

D. Giurati, C. Lombroso, Il caso Amerling. Milano : Fratelli Treves, 1896.

Luigi Roncoroni, Genio e pazzia in Torquato Tasso. Torino : F.lli Bocca, 1896.

Cesare Lombroso, L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alle discipline carcerarie : Atlante. 5. ed. Torino : Bocca, 1897.

Cesare Lombroso, Lezioni di medicina legale. 2. ed. interamente rifatta. Torino : F.lli Bocca, 1900. (Parte 1 e 2).

Cesare Lombroso, Lezioni di medicina legale. 2. ed. interamente rifatta. Torino : F.lli Bocca, 1900. (Parte 3).

Cesare Lombroso, Nuovi studii sul genio, vol. 1 : Da Colombo a Manzoni. Milano ; Napoli ; Palermo : Sandron, 1902.

James Braid, Neurypnologie : traité du sommeil nerveux ou hypnotisme.Paris : Delahaye et Lecrosnier, 1883. (Parte 1)

James Braid,Neurypnologie : traité du sommeil nerveux ou hypnotisme.Paris : Delahaye et Lecrosnier, 1883. (Parte 2)

Ringraziamo Umberto Manera e Francesco Gasparotto per le scansioni.
http://filosofiastoria.wordpress.com/2012/09/25/archivio-digitale-cesare-lombroso/

13 Febbraio, 2012

Gabriele Miniagio, Adversus pedagogistas

by gabriella

Purtroppo gergale (detto tra filosofi: ogni tanto leggiamo anche il giornale) ma bello, l’articolo di Miniagio esamina la struttura del dispositivo disciplinare noto come “scuola delle competenze”. I meno pazienti saltino pure il primo paragrafo per godersi, dal secondo, una storia della scuola italiana veramente sapiente.

Qualcosa di profondo è accaduto nella scuola italiana. A partire dalla riforma Berlinguer, attraverso una serie di politiche protrattesi per un quindicennio, essa è mutata non solo nella sua veste esteriore, ma anche e soprattutto nel suo principio ispiratore, dunque nel suo rapporto con la società e la cultura. L’ideale della paideia, prima gentiliano e crociano, poi marxista, ha ceduto lentamente ma inesorabilmente il passo ad un pedagogismo scientista, che chiama in causa come proprio referente una mente naturalizzata, totalmente spossessata di un senso dell’agire che non sia l’operare macchinico: il compito del percorso didattico diviene quello di implementare in essa competenze e abilità operative per risolvere problemi dati, al di là di ogni definizione della realtà umana in termini esistenziali o storico-politici1.
Ci sforzeremo di mostrare come questa pedagogia tecnico-operazionale abbia origine nella concezione di una soggettività naturalizzata, teorizzata dagli indirizzi più radicali della filosofia della mente, e come entrambe chiamino in causa un processo di produzione di vita soggettiva che, nella società di massa tardo capitalistica, le sottrae il senso di sé e del mondo; il prodotto di tale processo è qualcosa che potremmo chiamare indifferentemente un quasi bios o un quasi soggetto.

Emergerà infatti, nell’ultima parte di questo lavoro, che il dispositivo “pedagogia delle competenze – naturalizzazione del soggetto” non è affatto neutrale: il carattere tecnico-operazionale, l’ossessione quantitativa della docimologia, l’esigenza di un portfolio di competenze certificato, la ricerca di una valutazione oggettiva dei risultati dell’apprendimento sono elementi a cui le forme di reclutamento e le procedure dei nuovi lavori cognitivi danno l’origine e il fine, l’alpha e l’omega. Ma la relazione non finisce qui, perché quel dispositivo non solo addomestica e disciplina di fatto all’assetto produttivo del capitalismo cognitivo, ma anche e soprattutto perché esso delinea la soggettività macchinica e priva di mondo come un modello complessivo, rispetto a cui il referente dell’azione educativa è disciplinato fin dall’inizio a rispecchiarsi e adeguarsi.

In altri termini il dispositivo “pedagogia delle competenze – soggettività naturalizzata” addomestica non solo ad una serie di pratiche, ma anche ad un senso globale, rilanciando e potenziando i processi di soggettivazione che occorrono nella società tardo capitalistica, con l’intento di produrre macchine da problem solving per cui non è mai in gioco l’esistenza, l’agire e l’orizzonte del possibile.

L’analisi che condurremo esplorerà perciò i nessi sussistenti fra questi tre elementi: pedagogismo delle competenze, naturalizzazione della soggettività, processi di soggettivazione tardocapitalistici.

A questo punto si potrebbe chiedere: perché centrare l’attenzione sull’Italia? La risposta è semplice: perché in Italia la società di massa e i processi di produzione soggettiva che essa realizza non incontrano quell’anticorpo che negli altri paesi europei è ancora in opera e che consiste in una modernizzazione politica e civile, la quale ha accompagnato, quando non preceduto, la modernizzazione in senso economico-produttivo. L’impressione è però che l’efficacia di questo anticorpo sia fragile un po’ ovunque e che l’Italia sia solo l’avanguardia di un processo di degrado della democrazia, della società e della cultura che riguarda tutti i paesi a capitalismo avanzato.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di dipanare gli elementi in gioco, che sono tanti e tutti intrecciati fra loro. Dobbiamo porci una serie di domande.

1) Che cosa è successo nella scuola italiana?
2) Che rapporto c’è fra quanto è accaduto nella scuola e il caso Italia in quanto tale?
3) In che senso i cambiamenti intervenuti hanno origine da quella soggettività naturalizzata, teorizzata da alcune correnti della filosofia della mente?
4) Perché la pedagogia delle competenze e la naturalizzazione della soggettività rientrano in un più generale processo di produzione di vita soggettiva povera, che riguarda la società tardo capitalistica nel suo complesso?

Esamineremo le questioni una per una.

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12 Febbraio, 2012

Acta, chiudere Internet

by gabriella

Per adesso si tratta di una sigla sconosciuta al di fuori degli addetti ai lavori, ma ci sono serie possibilità che trovi una grossa notorietà. Eppure è già stata fatta una giornata di protesta mondiale contro l’Acta. A Monaco di Baviera, nonostante un freddo polare, nella stessa giornata mondiale di protesta sono scese in piazza 20.000 persone. Ma che cosa è l’Acta?

Si tratta di un accordo, frutto anche di una serie di accordi internazionali degli anni precedenti, tra diversi paesi, con gli Usa come capofila, per regolare le politiche mondiali contro la copia e la contraffazione. E’ noto soprattutto per lo schema giuridico che impone contro Internet anche se non c’è affatto da dimenticare che cerca di difendere le multinazionali farmaceutiche e i loro costosi brevetti. L’Acta, vanto dell’amministrazione Obama, è stato firmato dal Presidente USA il primo ottobre 2011. Per diventare veramente globale, ed efficace, aveva bisogno dell’adesione dell’Unione Europea. E puntualmente a gennaio di quest’anno l’Unione Europea l’ha firmato. Nel mese di giugno il parlamento europeo sarà chiamato a ratificare l’accordo.

Ma perché l’accordo è così pericoloso per le libertà e persino per l’uso stesso di Internet?
Basta solo leggere cosa recita l’articolo 27 della sezione 5 dell’accordo: i paragrafi 1), 2) e 6) sono un’aperta legittimazione ad utilizzare, da parte delle corporation, mezzi giudiziari straordinari per proteggere i loro prodotti dallo streaming e dal download. In nome della negazione di un diritto naturale, passarsi materiali di cui si è in possesso, una corporation potrà fare di tutto: spiare, buttare giù siti, violare ogni norma elementare di privacy. Lo stato di eccezione si trasferisce così dal piano militare ed economico (il “non ci sono alternative” nella distruzione di Grecia e Italia) a quello della difesa del copyright. In nome di questo tipo di stato di eccezione ogni regola è permessa. Se l’Acta entrasse a regime, Internet sarebbe il sinistro regalo dell’amministrazione Obama, quella eletta con la campagna elettorale su youtube e facebook, ai cybernauti ai quali renderà facebook e youtube inutilizzabili, visto che ogni uso (citazione di giornali, film etc) sarà considerato come violazione di copyright.

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11 Febbraio, 2012

Scenari, Gelo e povertà

by gabriella

Nemmeno la neve cade su tutti nello stesso modo: Scenari racconta come nei paesi ricchi e tecnologici, Europa e Giappone, si muoia di freddo a decine e decine. Dal sesto minuto il servizio inquadra la percezione disumanizzata (anche nota come “despecificazione“) del clochard, quell’incapacità di provare empatia per la quale è più facile solidarizzare con un randagio che con un senza tetto.

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11 Febbraio, 2012

Durkheim, l’educazione come riproduzione sociale

by gabriella

 

Durkheim, Education et sociologie, 1922. Traduzione mia dall’originale francese (a cui si riferisce la numerazione di pagina). Qui l’edizione italiana.

La società si trova […] ad ogni nuova generazione, in presenza di una tavola pressoché rasa, sulla quale deve costruire con sforzi rinnovati. Occorre che, mediante gli accorgimenti più rapidi, all’essere egoista ed asociale che viene al mondo ne venga sovrapposto un altro, capace di condurre una vita morale e sociale. Ecco qual è l’opera dell’educazione: e se ne scorge tutta la grandezza. Essa non si limita a sviluppare l’organismo individuale nella direzione indicata dalla sua natura, a rendere apparenti dei poteri nascosti che non domandavano che di manifestarsi. Essa crea nell’uomo un essere nuovo.

Émile Durkheim, Corsi sull’educazione, 1902-1911

Con i suoi corsi alla Sorbona sull’educazione, Durkheim inaugura il peculiare sguardo sociologico sul fenomeno educativo.

La sua riflessione muove, in primo luogo, dalla critica alla concezione individualistica dell’educazione che, da Stuart Mill a Kant, la interpreta come l’azione di sviluppare il potenziale individuale e di portare l’individuo alla piena umanizzazione:

Come il sociologo ricorda,

«[per Stuart Mill l’educazione comprende] tutto ciò che facciamo per noi stessi e tutto quello che gli altri fanno per noi allo scopo di avvicinarci alla perfezione della nostra natura, [mentre per Kant] lo scopo dell’educazione è di sviluppare in ogni individuo tutta la perfezione di cui è capace» [p. 4]. «Fino a non molto tempo fa, i pedagogisti moderni erano pressoché unanimemente d’accordo nel vedere nell’educazione una cosa eminentemente individuale e per fare della pedagogia, di conseguenza, un corollario immediato e diretto della sola psicologia.

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11 Febbraio, 2012

Pierre Bourdieu, Intervista sulla violenza simbolica

by gabriella

Parigi, Maggio 1994

La nozione di violenza simbolica mi è parsa necessaria per designare una forma di violenza che possiamo chiamare “dolce” e quasi invisibile. E’ una violenza che svolge un ruolo importantissimo in molte situazioni e relazioni [umane]. Per esempio, nelle rappresentazioni ordinarie la relazione pedagogica è vista come un’azione di elevazione dove il mittente si mette, in qualche modo, alla portata del ricevente per portarlo ad elevarsi fino al sapere, di cui il mittente è il portatore. E’ una visione non falsa, ma che maschera [l’aspetto di violenza]. [La relazione pedagogica, per quanto possa] essere attenta alle attese del ricevente, implica un’imposizione arbitraria di un arbitrio culturale. Basti paragonare, per esempio – come si sta incominciando a fare oggi- gli insegnamenti della filosofia negli Stati Uniti, in Italia, in Germania, in Francia, ecc.: si vede allora che il Pantheon dei filosofi che ognuno di questi tipi [nazionali] di insegnamento impone [ai discenti] è estremamente diverso; e una parte dei malintesi nella comunicazione tra i filosofi dei diversi paesi consistono nel fatto che essi sono stati esposti, all’epoca della loro prima iniziazione, ad una certa arbitrarietà culturale. E’ a questo proposito che ho elaborato la nozione di “violenza simbolica”, la quale mi è apparsa importante…

D. A proposito della filosofia, può darci degli esempi di diversità da paese a paese? Evidentemente, il fatto che ogni paese abbia i suoi filosofi preferiti – come i suoi scrittori o musicisti preferiti – mi pare alquanto normale e banale. In che senso le particolarità culturali nazionali si traducono in una violenza sugli allievi?

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