
Cornelius Castoriadis (1922 – 1997)

Hans Georg Gadamer (1900 – 2002)
Cornelius Castoriadis (1922 – 1997)
Hans Georg Gadamer (1900 – 2002)
Veniamo ai nostri filosofi delle origini, dunque. Cos’hanno fatto? In sintesi, due cose: hanno creato il personaggio concettuale del filosofo solitario, e lo strumento del concetto. Le fondamenta della filosofia occidentale.
Talete
Lo vediamo già nei primo filosofo, Talete, matematico e astronomo noto e stimato in tutto il mondo mediterraneo, del quale si raccontano tre episodi. Il primo, famosissimo, narra che Talete, camminando a testa alta per osservare le stelle, cadde in un fosso, suscitando le risa di una selva.
Nel corso dei secoli a venire, questo episodio sarebbe stato usato per denigrare i filosofi come cultori di cose astratte, ma incapaci di badare alle cose concrete, oppure per elogiare la capacità di cercare una conoscenza elevata disprezzando le cose quotidiane.
Va detto che altri episodi dimostrano che, quando voleva, Talete era in grado di usare il proprio sapere per risolvere i problemi quotidiani: ad esempio, quando previde con le proprie conoscenze un eccezionale raccolto delle olive, e affittò anzitempo tutti i frantoi monopolizzando il mercato (ma poi, soddisfatto dello schiaffo morale inflitto ai suoi detrattori, rese i frantoi).
Talete di Mileto (62 a.C.- 5)
Per Talete dì Mileto (626 a.C -548 ca) il principio (archè) di tutte le cose è l’acqua. Secondo Aristotele, Talete ricavò forse questa convinzione constatando che il nutrimento di tutte le cose è umido; che il caldo stesso vive dell’elemento umido; che i semi di tutte le cose hanno natura umida e che l’acqua è il principio naturale delle cose umide.
[Visualizzare il video da YouTube per usare il minutaggio]
Tutti gli uomini, per natura amano la conoscenza
Aristotele, Metafisica, A, 980a
Anche se il concetto di filosofia emerge nel V secolo, Aristotele e l’intera tradizione della storia della filosofia considerano filosofi i primi pensatori greci vissuti agli inizi del VI° secolo a. C. nelle colonie greche della Ionia (Asia Minore) – coloro che per primi «hanno filosofato intorno alla verità» [Aristotele, Metafisica, I].
La prima scuola sorse nella città di Mileto dove viveva Talete, il suo allievo Anassimandro e Anassimene); poi animò Efeso (Eraclito), Colofone (Senofane), Clazomene (Anassagora).
Athena glaukopis con la sua civetta
La nottola, o civetta, di Minerva, è l’essere alato che accompagna Athena glaucopide nei miti dell’antica Grecia, nei quali simboleggia la saggezza e la filosofia.
Da Omero in poi, Atena è infatti definita glaukopis (γλαυκώπις), appellativo che viene solitamente tradotto come con lo sguardo scintillante o dagli occhi lampeggianti.
Il termine è una combinazione di glaukos [γλαύκος, che significa “lucente”, “argenteo” ed ha la stessa radice del nome greco glaux (γλαύξ, civetta), probabilmente per i particolari occhi di cui è dotato l’animale] e ops (ώψ, “occhio” o talvolta “viso”).
La figura di quest’uccello capace di vedere di notte è strettamente legata
alla dea della saggezza che, fin dalle prime raffigurazioni, è dipinta con la civetta appollaiata sulla testa.
Gli occhi e il becco del rapace seguono la linea della lettera φ (fi), simbolo alfabetico greco della filosofia che accomuna armonia, bellezza e amore per la conoscenza e per la ricerca in senso lato.
La nottola di Minerva compare nell’ultimo capoverso della Prefazione dei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel, che la dipinge come l’uccello che inizia il suo volo sul far del crepuscolo.
La filosofia non può essere l’anticipo di un mondo che dovrà venire: è il proprio tempo appreso col pensiero. Hegel nota infatti che la filosofia sboccia sempre al momento culminante delle civiltà: Socrate e Platone sono vissuti quando cominciava la decadenza della Grecia ed essa iniziava a lacerarsi al proprio interno; non sono fioriti quando la Grecia vinceva contro i Persiani.
[…] la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e fatta. […] La nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo.
Se seguite il basket americano, non potete non sapere chi è Phil Jackson. In ogni caso, basterà sapere che è l’allenatore che ha vinto più titoli di ogni altro: ben 11, 6 con i Chicago Bulls e 5 con i Los Angeles Lakers (più 1 nelle serie minori e 2 come giocatore).
Phil Jackson ha l’abitudine di distribuire libri di filosofia ai suoi giocatori, e di leggere pagine dei filosofi negli spogliatoi, mentre altri ripassano gli schemi prima della partita; tra i suoi libri preferiti ci sono Così parlò Zarathustra di Nietzsche, l’Etica Nicomachea di Aristotele e Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert Pirsig.
Perché regala ai campioni che allena libri di filosofia? Perché, sostiene Phil Jackson, la filosofia ti aiuta a capire che nel mondo esistono anche gli altri: “gli altri” è un concetto importante in uno sport di squadra nel quale non puoi vincere da solo, neanche se sei il miglior giocatore del mondo.
In effetti quello che rende Phil Jackson un grande allenatore è proprio questo: spesso ha allenato i migliori giocatori del mondo (Michael Jordan, ad esempio), o giocatori che si credevano tali (Shaquille O’Neal o Kobe Bryant, ad esempio), ed è riuscito a farli giocare all’interno di un gruppo, e non da soli.
Salutiamo Phil Jackson, e teniamoci le sue parole. Cosa vuol dire: “nel mondo esistono anche gli altri”? In che senso “gli altri” è un concetto? Che cos’è un concetto? E soprattutto, a cosa serve la filosofìa (a parte vincere il campionato NBA)?
Dire che esistono “gli altri” non è una cosa banale: c’è un’intera visione del mondo dentro la parola “altri”. Chi sono gli “altri”?
Sono tutti quegli esseri viventi che condividono, o partecipano, a una essenziale qualità o caratteristica che io trovo dentro me stesso? In questo caso, chiameremo questa caratteristica “umanità”, e da essa faremo derivare determinati diritti che definiremo inviolabili.
O forse no, se troveremo questa caratteristica anche in altri esseri viventi non-umani: e allora estenderemo il concetto di “diritto inviolabile” anche agli animali, ai quali non saremo liberi di fare tutto ciò che ci piace (ad esempio torturarli nei laboratori, infliggere loro crudeltà, farne dei portatori di pelliccia a nostra disposizione, addirittura fare del cibo a nostra disposizione).
Come vedete, per costruire la parola “altri” e dotarla di senso bisogna compiere molte operazioni mentali, ciascuna delle quali è in rapporto con un determinato comportamento pratico.
Giorgio Agamben
«come un male, un inconveniente, un difetto, qualcosa di cui la sua epoca va giustamente orgogliosa» [F. Nietzsche, Considerazioni inattuali, II, 1874].
1. La domanda, che vorrei iscrivere sulla soglia di questo seminario, è:
“Di chi e di che cosa siamo contemporanei? E, innanzitutto, che cosa significa essere contemporanei?”
Commenti recenti