Archive for 3 Settembre, 2018

3 Settembre, 2018

L’isola di Gorée e la porta del non ritorno

by gabriella

Gorée, Senegal

La storia dell’isola degli schiavi, ricostruita a partire da un articolo dell’Espresso, un reportage di viaggio, i documenti del Merseyside Museum of Slaverty di Liverpool e l’Encyclopedia of Race and Racism.

C’è una roccia a Plymouth, in Massachussets, sulla quale è inciso che gli Stati Uniti sono nati sull’sola di Gorée.

Da questo frammento di terra africana al largo del Senegal partivano infatti le rotte degli schiavi, e di lì veniva il passeggero del Mayflower che fu il primo ad essere formalmente venduto e acquistato come schiavo, nel 1619, in terra americana [Cfr. Encyclopedia of Race and Racism, Thomson Gale, p. 134].
Gorée, in senegalese Bir che significa “ventre femminile”, si trova a tre km. da Dakar, la capitale del Senegal.
Dichiarata patrimonio dell’Umanità dall’ONU nel 1978, Gorée ha rappresentato, per chi l’ha attraversata in catene fin dal lontano 1444, «la porta per l’inferno» della schiavitù, alla quale sono stati sottoposti milioni di uomini e donne africani, strappati alla loro terra ed inviati, con le imbarcazioni portoghesi, spagnole ed olandesi, nelle Americhe del Sud e nei Caraibi per lavorare nei campi di cotone e di canna da zucchero.

La porta del non ritorno

La porta del non ritorno

Nella Casa degli Schiavi sull’isola si può ancora visitare la porta del non ritorno da dove uscivano gli schiavi catturati in tutta l’Africa occidentale per essere poi caricati sulle navi che li avrebbero portati in America.
Molti degli schiavi (dai 9 a 15 milioni di uomini, donne e bambini) lasciarono le coste dell’Africa da Gorée durante i tre secoli interessati alla deportazione. Tenuti in celle fino alla partenza delle navi, imboccavano il corridoio che portava direttamente al mare attraverso la porta del non ritorno. I più forti erano imbarcati, i deboli gettati in mare.
Il 20/25% di loro moriva durante la traversata.

La visita di Barak Obama

3 Settembre, 2018

Storia della schiavitù. Una visita al Merseyside Museum di Liverpool

by gabriella
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They will remember that we were sold, but not that we were strong. They will remember that we were bought, but not that we were brave. William Prescott, former slave, 1937

20150723_111537Il traffico di schiavi ha avuto un ruolo determinante nella costruzione della civiltà occidentale, delle sue fortune, del suo splendore.

Il Merseyside Museum of Liverpool ricorda la storia dei tre secoli di commercio transatlantico, più del 10% del quale passato proprio dal porto inglese – dal 1780 la capitale del traffico di schiavi -, nel bellissimo International Museum of Slavery, aperto nel 2007.

Vi si racconta la storia di milioni di persone (dai 9 ai 15), la cui vita in cattività durava in media cinque anni, durante i quali dovevano subire ogni tipo di violenza e sopraffazione. I testi seguenti sono mie traduzioni dei documenti del Museo, visitato nel luglio 2016.

 

Indice

1. Introduzione
2. Il Middle passage
3. L’Africa prima dello schiavismo europeo

3.1 Autobiografia di Olaudah Equiano, 1789

 

4. La cattura e la vendita degli schiavi

4.1 Storia di Okechukwu, Kwame, Oyeladun e Kofi

 

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3 Settembre, 2018

Il Manifesto della razza

by gabriella

Il primo documento ufficiale da cui scaturirono le leggi razziali italiane è il Manifesto sulla purezza della razza pubblicato il 14 Luglio 1938. Questo testo rappresenta un esempio, tra i più noti e drammatici, della distorsione ideologica di principi e conoscenze scientifiche al servizio delle leggi e delle pratiche discriminatorie del fascismo, promulgate 70 anni fa, il 3 settembre 1938 (in coda, una sintesi delle leggi razziali curato dall’ANCI).

1. Le razze umane esistono

L’esistenza delle razze umane non è già un’astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.

2. Esistono grandi razze e piccole razze

Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, l’esistenza delle quali è una verità evidente.

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