
Georg Wilhelm Hegel (1770 – 1831)
Georg Wilhelm Hegel (1770 – 1831)
Democrito ritiene che la materia di ciò che è eterno consista in piccole sostanze infinite di numero, e suppone che queste siano contenute in altro spazio infinito per grandezza: e chiama lo spazio con i nomi di «vuoto» e di «niente» e di «infinito», mentre dà a ciascuna delle sostanze il nome di «ente» e di «solido» e di «essere».
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Parmenide (515-10 – 540 (o 450) a. C.)
Bisogna che tutto tu sappia,
e il cuore che non trema della ben rotonda verità,
e le opinioni dei mortali in cui non c’è vera certezza.
l’Essere parmenideo
2.1 L’ontologia parmenidea
3.1 Le tre vie
3.2 Le caratteristiche dell’essere
4.1 La negazione del divenire
4.2 L’eternità dell’essere
4.3 L’essere e il molteplice
Con Parmenide di Elea, vissuto nella prima metà del V secolo a.C., la filosofia giunge ad una prima e radicale soluzione del problema della verità (aletheia) che avrà un’influenza immensa sul pensiero filosofico successivo.
Convinzione fondamentale dell’eleate è che tra la realtà, la ragione umana e il linguaggio usato dagli uomini per descriverla ci sia una sostanziale identità (isomorfismo pensiero e realtà).
L’esistenza non può essere pensata senza movimento e il movimento non può essere pensato sub specie aeterni. Trascurare il movimento non è propriamente un capolavoro, e introdurlo come passaggio nella logica, e con esso il tempo e lo spazio, non è che una nuova confusione.
Infatti, nella misura in cui il pensiero è eterno c’è una difficoltà per l’esistente. L’esistenza è come il movimento: è molto difficile avere a che fare con essa. Se li penso li abolisco e quindi neanche li penso più. Sembra pertanto che sia esatto dire che c’è qualcosa che non si lascia pensare: l’esistere. Ma la difficoltà ritorna, e ciò per il fatto che il pensatore esiste, e il pensare pone insieme l’esistenza […]. L’esistere è per l’esistente il suo supremo interesse e l’interessamento ad esistere è la sua realtà. Ciò in cui consiste la realtà non può essere esposto nel linguaggio dell’astrazione. La realtà è un inter-esse tra l’unità ipotetica dell’astrazione di essere e pensiero […].
Dio non pensa, Egli crea; Dio non esiste, Egli è eterno. L’uomo pensa ed esiste e l’esistenza separa pensiero ed essere, li distanzia l’uno dall’altro nella successione […].
Kierkegaard, Postilla conclusiva non scientifica
Nella vita di Søren Kierkegaard c’è un grande scarto tra la esiguità degli avvenimenti esteriori e la complessità di un’esperienza interiore che rimane in più punti indecifrabile, nonostante le migliaia di pagine del Diario e i numerosissimi spunti autobiografici presenti nelle opere. Il filosofo stesso ha voluto che così fosse:
«dopo la mia morte, nessuno troverà fra le mie carte (e questa è la mia consolazione) una sola spiegazione di ciò che propriamente ha riempito la mia vita».
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