Eraclito di Efeso

by gabriella
Eraclito (535 - 475 a. C.)

Eraclito (535 – 475 a. C.)

La lezione su Eraclito, nel manuale alle pp. 28-35.

La verità ama nascondersi

DK 123

Indice

1. La sapienza e l’unità del tutto

1.1 La critica del senso comune e dell’erudizione
1.2 La sapienza è cura per la verità

 

2. Il Lógos

2.1 L’unità degli opposti
2.2 Il divenire

 

Armando Massarenti, Scopri l’errore
Eràclito o Eraclìto? Come si pronuncia

 

1. La sapienza e l’unità del tutto

Eraclito di Efeso è il primo ionico a dare un nome a concetti impliciti nella filosofia dei milesi. Sua è, infatti, l’opposizione tra sapiente e uomo comune tra apparenza e realtà.

Nel frammento DK 22 B101 lascia scritto:

«ho indagato me stesso»,

ad indicare che la verità va cercata in primo luogo dentro di noi, perché l’uomo non è che una parte del tutto, come ogni cosa che ci circonda.

Solo chi se ne è impadronito può dirsi saggio: veramente consapevole è quindi colui che abbandona il mondo ingannevole delle apparenze e impara a vedere nella propria anima, cioè a guardare il mondo attraverso la ragione.

La maggior parte degli uomini, tuttavia, è del tutto ignara di questa verità: gli uomini infatti vivono come in un sogno,

«non sono coscienti di ciò che fanno» [DK 22 B1].

e si muovono con indifferenza, in modo superficiale, mossi solo dall’abitudine, incapaci di comprendere la verità che hanno davanti agli occhi:

«assomigliano a sordi coloro che anche dopo aver ascoltato non comprendono; di loro testimonia il proverbio: «Presenti, essi sono assenti» [DK 22 B 34].

 

1.1 La critica del senso comune e dell’erudizione

«Sophia è dire cose vere e farle».

pedante

La critica dei sapienti

La critica dell’uomo comune si associa in Eraclito a quella dei sapienti. Questi conoscono molte cose, ma in modo disordinato. Non conoscendo il Lógos, la legge universale che governa il mondo umano e naturale, la loro conoscenza è solo parziale:

«Sapere molte cose non insegna ad avere intelligenza: l’avrebbe altrimenti insegnato ad Esiodo, a Pitagora e poi a Senofane ed Ecateo» [DK 22 B 40].

Pitagora di Samo (570 – 495)

Con particolare asprezza si esprime nei confronti di Pitagora che considera

«l’iniziatore della schiera di coloro che ingannano con le loro chiacchiere» [DK B 81].

Chi conosce il Lógos invece, ha una visione complessiva e approfondita della natura, per questo la sua anima «tende incessantemente alla verità». 

Il sapiente, infatti, non è colui che conosce molte cose ma colui che ascolta il Lógos.

 

 

1.2 La sapienza è cura per la verità

Nella sapienza, intesa in questo modo, risiede la virtù: emerge per la prima volta l’idea che la cura per la verità è la legge fondamentale che deve guidare la vita dell’uomo.

 

2. Il Lógos

Ma cos’è il Lógos? È la legge generale del cosmo, il principio generale interno alla natura per cui tutte le cose nascono e muoiono.

Tutto si produce in base a questo Lógos in quanto tutto si conforma alla sua legge, ma Lógos è anche la ragione umana che comprende e spiega la legge del mondo, è

«il pensiero che è a tutti comune »

il quale riflette il Lógos universale e indica all’uomo la via della sapienza, accordando l’anima dell’uomo con la legge divina.

Lógos è quindi la legge interna del cosmo, la ragione che la comprende e il linguaggio che la esprime.

Eraclito

Ma

«di questo Lógos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato, sia subito dopo averlo ascoltato […] agli uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non non sono coscienti di ciò che fanno dormendo» [DK 22 B1].

Eraclito è quindi il primo filosofo, con Parmenide che fu suo contemporaneo, a porre in modo esplicito il problema del rapporto tra uomo e natura, tra realtà e ragione.

Tra i due ambiti esiste, infatti, per Eraclito una stretta connessione perché obbediscono allo stesso Lógos. Ciò spiega perché Eraclito usi lo stesso termine per esprimere la realtà oggettiva (natura) e il principio soggettivo (pensiero).

Nell’800, Hegel dirà che caratteristica del pensiero antico è lidentità essere/pensiero: natura e uomo, soggetto della conoscenza e cosa conosciuta sono indistinguibili; una concezione difficile da comprendere per noi contemporanei, figli di una cultura moderna che li ha invece messi in opposizione.

 

2.1 L’unità degli opposti

Il filosofo triste. Particolare de La scuola di Atene [Raffaello, 1509]

La stessa cosa sono il vivente e il morto, lo sveglio e il dormiente,
il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli
e quelli di nuovo mutando son questi

Eraclito, DK 22 B 88

L’acqua è insegnata dalla sete
la terra, dagli oceani disegnata
la pace, dai racconti di battaglia
L’amore da un’impronta di memoria
Gli uccelli dalla neve

Emily Dickinson

Con la ricerca dell‘arché, Talete, Anassimandro e Anassimene pensano l’unità degli opposti. Eraclito, invece, non solo pensa, ma riflette esplicitamente sull’identità degli opposti e ne parla:

«Ascoltando non me, ma il Lógos, è saggio convenire che tutto è uno».

Eraclito porta alla luce che lidentità delle cose è il loro stesso essere diverse e opposte, il loro stesso diversificarsi (dalle altre) e opporsi (alle altre) e chiama guerra (pólemos) l’opposizione in cui ogni cosa consiste e in cui è generata:

«polemos è padre di tutte le cose, di tutte re» (DK 22 B 8).

Come aveva visto Anassimandro, la realtà si presenta come un’immensa raccolta di elementi contrari in lotta tra loro (concordia/discordia, dritto/curvo, mortali/immortali), la guerra (polemos) è dunque la legge che presiede alla vita di tutte le cose, ma ogni contrario non si spiega per sé, non è realmente isolato, è, invece inscindibilmente legato al suo opposto: ogni cosa infatti trae senso e significato dal suo contrario (per capire questo concetto rileggi la poesia di Emily Dickinson).

Mentre per Anassimandro il conflitto che oppone i contrari (il loro distinguersi uno dall’altro e sull’altro) esprime l’ingiustizia di tutte le cose che vengono al mondo («essi pagano l’un l’altro la pena e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo», Anass. DK 12 B 1), per Eraclito esprime la profonda armonia che regna tra tutte le cose

«l’opposto concorde e dai discordi bellissima armonia» [DK 22 B 8].

Il comune modo di pensare degli uomini che vede i diversi come esistenti indipendentemente dalle altre cose è dunque falso, pura apparenza: il bello si spiega e comprende solo col brutto, la salute con la malattia ecc.

Solo in virtù del rapporto che li unisce, insomma, i molti acquistano significato, in quanto sono momenti opposti di una stessa realtà:

«una e la stessa è la via all’insù e la via all’ingiù» [DK 22 B 60].

 

2.2 Il divenire

panta-reiIl divenire delle cose ha una particolare importanza per Eraclito, perché è il legame che unisce gli opposti: la pace nasce dalla guerra, la guerra dalla pace, si riscaldano le cose fredde, si raffreddano quelle calde.

Nel divenire, quindi, sia il contrasto e l’opposizione delle cose che l’unità degli opposti si presentano nel modo più manifesto: nel divenire, ogni cosa diventa il suo contrario e in ciò è l’espressione visibile di quell’“armonia nascosta” in cui consiste la natura divina come originaria unità degli opposti.

Eraclito rappresenta il divenire del Kósmos come «fuoco eternamente vivo», il quale va dunque inteso come la sostanza di cui sono fatte e a cui ritornano le cose e la loro legge (cfr. Emanuele Severino, La filosofia antica, Milano, 1984, 44).

L’eterno fluire delle cose svela così la contraddittorietà della realtà:

«Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo» [DK B 91].

Tutto è soggetto al tempo e destinato a trasformarsi nel proprio opposto.

Già presso Platone e Aristotele il motto eracliteo “tutto scorre” (panta rei) godeva di grande notorietà.

In realtà questa espressione non è attestata da nessuno dei frammenti giunti fino a noi ed è forse da attribuire ai discepoli del filosofo di Efeso, e in particolare a Cratilo, il maestro di Platone, il quale ne offre un’interpretazione scettica: se tutto è in continuo divenire, è impossibile giungere a una conoscenza vera e perfino chiamare le cose col loro nome significa fissarle per quel che sono “ora” e sottrarle al divenire.

Si racconta che per questo Cratilo rinunciò a parlare, limitandosi ad indicare le cose con il dito (Cioffi, Luppi, Vigorelli, Zanette, Il testo filosofico, Bruno Mondadori, 2000, p. 78).

Eraclito

 

Armando Massarenti, Pànta rei: scopri l’errore

La teoria dell’eterno divenire ha due lati che vengono spesso sottovalutati ma che hanno conseguenze interessanti. Per prima cosa, infatti, se tutto mutasse nel suo opposto, anche il mutamento dovrebbe cambiare nell’assenza di cambiamento.

Dunque, ogni tanto le cose smetterebbero di cambiare. Ancora peggio, anche il significato delle parole dovrebbe cambiare: dunque non potremmo mai leggere due volte la stessa frase (era questa infatti l’interpretazione di Cratilo, NDR) e anche i frammenti di Eraclito non avrebbero mai due volte lo stesso senso. Tuttavia possiamo porci una ulteriore domanda: se questa ultima ipotesi fosse vera, come potremmo accorgercene?

Tali considerazioni che sembrerebbero dimostrare l’impossibilità della teoria di Eraclito, possono essere utilizzate anche per lo scopo opposto. Se essa viene presa alla lettera, come possiamo sperare di dimostrare qualcosa? Tutto, per così dire, cambierebbe troppo in fretta per fornire un appiglio alle nostre menti. Siamo dunque in presenza di tre alternative:

1. La teoria di Eraclito deve essere riformulata in «tutto cambia tranne il cambiamento e il senso delle nostre parole» (ma perché dovrebbero esserci proprio queste due eccezioni?);

2. La teoria di Eraclito è radicalmente sbagliata;

3. E’ la logica ad essere sbagliata, perché fissa punti fermi in una realtà che non ne ha.

Nonostante le difficoltà che abbiamo illustrato, c’è una delle tre ipotesi che ti sembra più plausibile e perché?

 

Eràclito o Eraclìto? Come si pronuncia

La pronuncia corretta di un nome greco dovrebbe seguire l’accentazione latina: questa è la regola in generale. Esistono però alcuni nomi che trasgrediscono il principio stesso.

Eràclito è uno di questi. Viene pronunciato ormai da tutti, compresi gli studiosi, Eràclito alla greca e non Eraclìto, come si dovrebbe se si seguisse l’accento latino.

Pronuncia alla greca, dunque, come consiglia anche il Dizionario di Pronuncia Italiana di Luciano Canepari.

 

Esercitazione

1. Spiega perché Eraclito critica sia il sapere dei sapienti (tra cui Pitagora) che l’opinione del senso comune.

2. «La stessa cosa sono il vivente e il morto, lo sveglio e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi» (DK 22 B 88). Spiega il significato di questo frammento e dell’affermazione eraclitea che «ascoltando non me, ma il Logos, è saggio convenire che tutto è uno».

3. Spiega che cos’è il Logos.

4. Spiega il significato del frammento che indica nel«l’opposto concorde e [ne]i discordi bellissima armonia», illustrando la differenza tra la visione di Eraclito e quella di Anassimandro.

5. Spiega il significato dell’affermazione della scuola eraclitea che «tutto scorre».


 

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