Anche le culture delle periferie del pianeta dimostrano una capacità di riflessione sui fenomeni di “ibridazione” di cui esse sono spesso il soggetto, l’oggetto e lo scenario privilegiati nel medesimo tempo.
Risulta infatti interessante osservare come alcune culture riescano a produrre un proprio discorso, o commento, sui processi di trasformazione che ne segnano la storia presente.
Il caso dei contadini di Bijapur (India meridionale) è, in questo senso esemplare. I coltivatori di questa regione parlano del loro presente come di un tempo “ibrido” o hibred kala e di loro stessi come hibred mandi, o gente “ibrida” (dove il temine hibred è chiaramente una contaminazione terminologica dall’inglese degli agronomi – indiani – che lavorano ai progetti di sviluppo delle aree rurali).
Tali contadini parlano di se stessi come di gente delicata, debole, vulnerabile alle malattie, esattamente come delicate, deboli ed esposte alle malattie sono le sementi introdotte in tempi recenti.
Queste affermazioni, sembrano dirci i ricercatori che hanno studiato il caso Bijapur, sono vari modi di esprimere l’articolazione delle forme locali di esistenza con le forze egemoniche di origine esterna […], il carattere ibrido delle sementi viene da loro connesso con la natura ibrida della condizione attuale degli esseri umani (hibred mandi), con la lori dipendenza, debolezza e vulnerabilità alle malattie che non sono, evidentemente, solo fisiche, ma anche morali. Il caso dei contadini di Bijapur mostra coem le culture, anche quelle delle periferie del mondo, siano in grado di riflettere sulle forze del cambiamento, le quali diventano parte di loro stesse e delle loro dinamiche [U. Fabietti, R. Malighetti, V. Matera, Dal tribale al globale, Bruno Mondadori, Milano, 2001, pp. 98-99].
Consegna
Il candidato rifletta sulla nozione di ibridazione delineata nel brano proposto, soffermandosi, in particolare, sul rapporto tra processi globali e contesti locali e sulle ricadute di tali intrecci sulla vita delle persone.
Spunti per lo svolgimento
Da una lettura attenta, sempre indispensabile, emerge chiaramente il carattere disciplinare del brano proposto che rientra nel campo dell’antropologia culturale. Esprime il modo specifico dell’antropologia di porre i problemi, di analizzarli e di mostrare ciò che accade in un certo luogo non in termini generici, ma con ricchezza di contenuti culturali.
Ciò grazie a uno stile intellettuale particolare che unisce alla sensibilità etnografica per i dettagli della vita quotidiana delle persone, al livello micro al quale si colloca l’analisi etnografica, la capacità di collegare elementi colti in microcontesti alle grandi cornici che attraversano il pianeta; tali cornici, al di là della generica etichetta di “processi globali”, acquisiscono un senso culturale molto definito che ci aiuta a comprendere che cosa in effetti accada nella vita di persone specifiche in posti specifici, per effetto di eventi e processi più ampi.
Ricostruita questa cornice disciplinare, puoi passare all’analisi più dettagliata del brano proposto, iniziando dalla nozione di ibridazione. Per meglio delineare il significato, è utile fare un riferimento alla precedenti prospettive di analisi dei processi culturali, in cui prevaleva una visione statica delle culture e delle identità. Qui, occorre un riferimento ai grandi cambiamenti che hanno investito l’intero pianeta negli ultimi decenni, senza risparmiare le periferie del mondo, anzi, in molti casi, sortendo effetti sconvolgenti per la vita delle persone.
Ci troviamo davanti a un bivio interpretativo. La globalizzazione è un rischio per la diversità culturale o è un’opportunità?
Per capire cosa in effetti accade e dove, occorre una prospettiva vicina all’esperienza delle persone, com’è l’etnografia più recente, di cui quindi vanno presentati i tratti caratteristici, richiamando anche le principali scuole che hanno contribuito a mettere a punto le pratiche di ricerca e di analisi culturale contemporanea.
Nel brano c’è poi un interessante accenno agli “agronomi inglesi” che può essere raccolto per inserire un collegamento tra la condizione di marginalità vissuta dalle persone nelle periferie del mondo nei progetti di cooperazione allo sviluppo, i quali, quasi sempre, sono espressione di logiche egemoniche estranee alle visioni dei popoli locali, che a loro volta reagiscono elaborando risposte in cui si afferma la loro prospettiva sul mondo e sulla vita, e affiorano le pratiche di resistenza o comunque di sopravvivenza messe in atto.
I discorsi metaforici dei contadini di cui si parla nel brano, sono un esempio di reazione locale a pressioni globali; puoi farne altri.
Poi concludere l’analisi con una riflessione sulla fragilità delle identità ibride, contrapposta alla solidità delle “identità pure”, che non dimentichi tuttavia di sottolineare che identità pure non esistono e non possono esistere, se non come l’esito di strumentalizzazioni ideologiche e politiche, e che il futuro dell’umanità, se non vuole essere un futuro di scontri e contrapposizioni anche violente, implica un riconoscimento dell’ibrido come condizione comune.
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