Yanis Varoufakis ha fornito la propria interpretazione della morale del debito (schuld, in tedesco, significa anche colpa) in alcune recenti interviste. Nella prima (frammento tradotto da Mauro Poggi) racconta il dialogo con uno dei membri della Commissione europea, nella seconda, offre una scanzonata, ma efficace rilettura della favola di Esopo narrata all’elettore tedesco ogni notte per conciliargli il sonno.
Bene, lasci che le racconti quello che mi è capitato a Bruxelles circa un anno e mezzo fa, parlando con uno dei Commissari di cui non farò il nome qui. Gli avevo obiettato che come economista ritenevo abbastanza idiota aumentare l’IVA in un paese dove la recessione stava partendo a razzo. Quello che intendevo sottolineare era una semplice evidenza macroeconomica: quando la domanda crolla, se aumenti l’IVA finisci con l’avere minori entrate di tasse indirette; i prezzi aumentano e i redditi cadono, perché la domanda crolla ancor più rapidamente.
Così ho domandato al Commissario: “Perché lo state facendo? L’Obiettivo dell’Unione europea non è aumentare le entrate anziché soffocarle?”. Le dico quale fu la risposta: “Lei ha perfettamente ragione. Sappiamo che il risultato è questo, ma è una lezione che cerchiamo di insegnare all’Italia, a Roma in particolare – al Governo di Roma, su cosa si dovrebbero aspettare che accadrà loro se non fanno quello che gli viene detto“.
[un taglio imperfetto del video ha cancellato le ultime parole]
Il commento di Krugman è stato: “l’Europa dovrebbe smettere di sostituire l’analisi alla morale”. Personalmente, tendo a pensare piuttosto, come suggerisce sotto Varoufakis, che una parte dell’Europa, incanti l’altra metà con la morale [e me ne convinco sempre di più pensando alle infinite tirate di Bagnai sull’idiozia degli economisti eurofili: il nemico spesso finge di essere tonto, tanto più quando ha di fronte chi pensa d’essere l’unico sveglio] o meglio, la terrorizzi e catechizzi insieme, come sempre.
Il debito (schuld) e la morale della formica
E’ tutta colpa di Esopo e della sua favola della formica e della cicala. E’ una buona favola, purtroppo però in Europa predomina la stranissima idea per cui tutte le cicale sono a Sud e tutte le formiche a Nord. Ma in realtà abbiamo formiche e cicale ovunque. Quanto accaduto prima della crisi – nella mia revisione della favola di Esopo – è che le cicale del Nord e le cicale del Sud, banchieri del Nord e banchieri del Sud – poniamo il caso – si allearono per creare una bolla, una bolla finanziaria che li ha enormemente arricchiti, permettendo loro di cantare e oziare al sole. Intanto le formiche del Nord e del Sud lavoravano in condizioni sempre più difficili, anche in tempi buoni.
Il potere, l’Europa e il debito secondo Yanis Varoufakis, nell’intervista rilasciata a Joanna Jaufer di SinPermiso e pubblicata in traduzione da popoffquotidiano.
Nella riunione con Scheuble, Varoufakis ha usato un’altra metafora animale, paragonando i greci ai «canarini della miniera».
Joanna Jaufer. E’ un politico di professione da quattro settimane…
V. Tre per la precisione.
Joanna Jaufer. Ha dovuto pensarci molto? Nel suo blog ha scritto che era andato nel panico.
E’ stata una decisione importante. In primo luogo perché sono entrato in politica per realizzare un compito che sempre avevo pensato di dover portare a termine, e mi è stata offerta l’opportunità di mettermi a lavoro. Ha a che vedere con i negoziati tra Grecia e Unione Europea per come li vede Syriza: si tratta di un progetto e di una prospettiva estremamente difficili. In secondo luogo, io sono un accademico, un cittadino, un cittadino attivo; così mi sono abituato a un tipo di dialogo in cui la cosa fondante è ciò che io posso imparare da voi e voi da me, avremo disaccordi, ma questi disaccordi arricchiranno i nostri rispettivi punti di vista.
In politica però è peggio: ogni parte tenta di distruggere l’altra parte, in pubblico, qualcosa di lontano da me, qualcosa che in nessuna forma sarei disposto a servire.
Joanna Jaufer. Cosa succede con il suo lavoro all’Università? Lo ha sospeso?
Sì. in effetti. Ho lasciato l’Università del Texas, negli Stati Uniti, ma mantengo la mia cattedra all’Università di Atene, senza retribuzione, e spero che non passi troppo tempo prima di tornare al mio posto.
Joanna Jaufer. Rimarrebbe in un governo più a lungo termine?
No. Non desidero fare carriera politica. Idealmente ciò che vorrei è che un altro lo facesse, e che lo facesse meglio di me. Per il momento non si è potuto fare in altro modo. Non sono un profeta, così non saprei dirle dove sarò tra due, tre, cinque o dieci anni. Ma per quanto mi ha appena chiesto, la cosa ottimale per me sarebbe che il nostro governo abbia successo nella rinegoziazione di un accordo con l’Europa sostenibile per la Grecia, e che dopo altre persone, sa… il potere deve girare, nessuno dovrebbe prenderci troppo gusto.
Joanna Jaufer. Si parla ancora delle riparazioni di guerra che la Germania era stata chiamata a pagare dopo la Seconda Guerra Mondiale, del perché e come la Germania si sottrasse al pagamento. Secondo lei, forse perché si sosteneva che la Germania era stata sì divisa, ma si aspettava la sua riunificazione? Oppure perché i nordamericani avevano bisogno di una Germania in grado di ospitare le sue basi militari? O una combinazione di entrambe le cose?
E’ stata una combinazione delle due cose. Negli anni 40 gli Alleati avevano deciso di trasformare di nuovo la Germania in un paese di contadini. Si proposero di smantellare 700 impianti manifatturieri ma furono i nordamericani a frenare questo piano di modo che sì, ne distrussero 700, ma dopo cambiarono idea. La cambiarono per ragioni che hanno a che vedere con il modo in cui gli Usa stavano disegnando il capitalismo globale: avevano bisogno di una moneta forte in Europa e una moneta forte in Asia (che finirono per essere il marco tedesco e lo yen giapponese), e tutto il progetto di Unione Europea è stato costruito intorno a questo piano. A noi in Europa piace pensare che l’Unione Europea sia stata una nostra creazione ma non è stato così. E’ stato un disegno nordamericano da noi poi adottato e che, ovviamente, era congruente con i nostri desideri e aspirazioni.
Parte di quel disegno prevedeva di stimolare l’economia tedesca, tirarla fuori dalla depressione, dal pozzo in cui era caduta negli anni ’40, ed una componente importante di qualsiasi tentativo di rivitalizzare l’economia di un paese è alleviare il suo debito, passa per una rimozione importante del debito, per il condono del debito. Così nel 1953 si organizzò la Conferenza nota come Accordo sui debiti esteri germanici, da cui venne fuori una selvaggia rimozione del debito tedesco a scapito di molte nazioni, tra cui la Grecia.
Però la Grecia è un caso speciale, perché la Germania aveva contratto proprio con la Grecia un debito che non aveva con nessun’altra nazione: nel 1943 il Kommandantur ad Atene impose alla Banca di Grecia un accordo per l’emissione di un enorme quantità di dracme – dracme di guerra – da fornire alle autorità tedesche in modo che potessero acquistare materiali, finanziare i loro sforzi bellici, produrre beni agricoli per la Wehrmacht, etc. La cosa interessante è che le autorità tedesche firmarono un contratto: misero per iscritto la somma che prendevano in prestito, promettendo di pagarne gli interessi. Insomma, fu un prestito formale. La documentazione esiste ancora e si trova nelle mani della Banca Centrale di Grecia. Niente di simile è accaduto con altri paesi. Si tratta di un debito ufficiale, contratto con la Grecia in tempi di guerra dalla Germania nazista.
Joanna Jaufer. E’ in grado di dare cifre precise?
Cifre precise. Inutile dire che la difficoltà sta nel valutare quella moneta di guerra, che arrivò prestissimo ad essere iperinflazionata a causa della quantità di dracme emesse. Le autorità tedesche hanno preso e speso questo prestito dal Banco di Grecia svalutando la moneta e provocando enormi costi sociali secondari in tutta la Grecia. E’ molto difficile tradurre esattamente il valore di quel prestito in termini odierni, come calcolare gli interessi e il costo dell’iperinflazione causata… Il mio punto di vista è che siamo partner e dovremmo smettere di fare morali, smettere di puntare il dito l’uno contro l’altro. La teoria economica biblica “occhio per occhio dente per dente” porterà a un mondo cieco e sdentato. Dovremmo semplicemente sederci intorno a un tavolo con lo stesso spirito con cui gli USA si sono seduti nel 1953, senza fare questioni tipo “i tedeschi meritano la punizione?”, “è colpa o peccato?” So che i due concetti – colpa e debito – in tedesco si esprimono con la stessa parola, Schuld, antonimo di credito. Dovremmo limitari ad affrontare questa semplice questione: come tornare a rendere sostenibile l’economia sociale greca riduendo al minimo, per il tedesco o l’europeo medio, i costi della crisi greca?
Joanna Jaufer. Perché molta gente in Europa settentrionale non ha temuto che i tagli ai diritti del lavoro potevano essere presagio dello stesso tipo di conseguenze che si vivono ora in Grecia?
Credo sia tutta colpa di Esopo. La sua favola della formica e della cicala. E’ una buona favola, purtroppo però in Europa predomina la stranissima idea per cui tutte le cicale sono a Sud e tutte le formiche a Nord. Ma in realtà abbiamo formiche e cicale ovunque. Quanto accaduto prima della crisi – nella mia revisione della favola di Esopo – è che le cicale del Nord e le cicale del Sud, banchieri del Nord e banchieri del Sud – poniamo il caso – si allearono per creare una bolla, una bolla finanziaria che li ha enormemente arricchiti, permettendo loro di cantare e oziare al sole. Intanto le formiche del Nord e del Sud lavoravano in condizioni sempre più difficili, anche in tempi buoni: ottenere che i conti quadrassero nel 2003 e nel 2004 non è stato per niente facile per le formiche del Nord e del Sud. Successivamente, quando la bolla che le cicale del Nord e del Sud avevano gonfiato è scoppiata, le cicale del Nord e del Sud si sono messi d’accordo nel dare la colpa alle formiche del Nord e alle formiche del Sud. La forma migliore di farlo era mettere una contro le altre le formiche del Nord e le formiche del Sud, raccontando che nel Sud vivevano solo cicale. Così l’Unione Europea ha iniziato a frammentarsi, il tedesco medio odia il greco medio, il greco medio odia il tedesco medio. Non manca molto che il tedesco medio odierà il tedesco medio, e il greco medio odierà il greco medio.
Joanna Jaufer. E questo è già iniziato?
Sì, ed è esattamente quanto accaduto negli anni ’30: Karl Marx si sbagliava nel dire che la storia si ripete come farsa. Qui la storia si ripete e basta.
Joanna Jaufer. Per quanto riguarda la decisione del signor Draghi di inondare il mercato con milioni di euro, lei ha detto che equivarrebbe a servirsi di una pistola ad acqua per spegnere l’incendio di una foresta.
Credo che il Sig. Draghi abbia anche buone intenzioni. Vuole mantenere unita l’Eurozona ed è molto competente. Fa ciò che può, viste le restrizioni cui è soggetto. Non ho il minimo dubbio – anche se non lo ammetterà mai – che è completamente consapevole che sta facendo poco e troppo tardi: la pistola ad acqua davanti all’incendio di una foresta. Ma lui crede che perfino una pistola ad acqua sia meglio di niente. Dichiarato l’incendio avrebbe preferito servirsi di un cannone ad acqua, e avrebbe preferito servirsene prima. Ma non glielo hanno permesso perché in Europa abbiamo una Carta della BCE che lo blocca mani e pieni e lo getta nel quadrilatero per lottare contro il mostro della deflazione. E sarà così finché l’Europa non comprenderà ciò che è imperiosamente necessario dal punto di vista economico per sostenere una unione monetaria, finché non finirà col capire il perché di tutta questa frammentazione e la crescente rinazionalizzazione di tutto, compresa adesso il Quantitative Easing (QE), l’Alleggerimento quantitativo del Signor Draghi (l’80% di acquisiti di obbligazioni sarà realizzato dalle Banche Centrali nazionali, come se queste esistessero separatamente dalla BCE). Perché questa frammentazione e questa rinazionalizzazione è esattamente l’opposto di quanto dovremmo fare, cioè lavorare insieme, consolidare. Come si sono formati gli Stati Uniti? Perché ogni volta che avevano una crisi – la Guerra Civile, la Grande Depressione – avanzavano nell’unione. Noi diciamo che stiamo facendo la stessa cosa con le “unioni bancarie”, con i Meccanismi Europei di Stabilizzazione Finanziaria, ma non è vero. Creiamo una unione bancaria che non è una unione, è una disunione bancaria che chiamiamo, in modo orwelliano, “unione bancaria”. L’Europa purtroppo non ha imparato le lezioni della storia, e finché non cambieremo direzione è improbabile che riusciremo a mantenere l’insieme dell’unione.
A proposito dei programmi di Syriza per rivitalizzare l’industria in grecia, Theodoros Paraskevopoulos ha detto che in Grecia è importate anche recuperare il settore farmaceutico, perché ha già buone basi…
Joanna Jaufer. E’ vero. Abbiamo buone casa farmaceutiche con solidi livelli di esportazione. Certo che dobbiamo aiutarle come c’è necessità di aiutare e creare industrie anche in altri settori. Noi abbiamo eccellenti programmatori informatici e ingegneri di sofware, così che dovremmo fare qualcosa di simile a quanto fatto da Israele: creare una rete di piccole imprese emergenti orientate all’esportazione internazionale. Se alcune di esse saranno comprate da Google, etc, non sarebbe male. E’ il tipo di cose che dovremo provare e appoggiare, se possiamo.
Joanna Jaufer. Se lo poniamo in termini di come attrarre investitori stranieri in Grecia, c’è qualche idea simile ad associazioni pubblico-privato, qualcosa con cui i paesi dell’Europa settentrionale hanno avuto molti problemi in passato?
Non sono un partitario delle imprese pubblico-privato. Dove si è provato queste associazioni si è finito sempre con il drenare risorse dello stato senza produrre alcun valore aggiunto significativo. Ciò a cui io credo dobbiamo tendere è lo sviluppo di beni pubblici già esistenti senza venderli – ora stiamo liquidando e vendendo male semplicemente per raccogliere entrate – in modo che il denaro del settore privato, i fondi di investimento, possa arrivare e contribuire allo sviluppo in forma mutuamente benefica. E’ un tipo di imprenditoria pubblico-privato, ma non nello stile provato in Gran Bretagna o in altri paesi.
Joanna Jaufer. Tornando al Memorandum, quali fattori intrappolano la Signora Merkel?
Credo che la Germania sia divisa. Gli interessi della banca a Francoforte non sono gli stessi della banca media, così come gli interessi della piccola e media impresa nella Germania centrale non sono gli stessi di quelli della Siemens e della Volkswagen, ecc. E’ molto diverso avere la tua capacità produttiva esclusivamente localizzata in Germania, come le piccole e medie imprese, o essere imbarcati nella globalizzazione e avere fabbriche in Cina e in Messico. E la Signora Merkel è una politica astuta che avverte – o crede di avvertire – che non c’è consenso tra questi interessi in competizione rispetto a ciò che fare con l’euro, con la nostra Banca Centrale, con quella periferica, ecc. La Signora Merkel, semplicemente, non si muoverà finché ci sarà un consenso che le garantisca la sopravvivenza politica.
Joanna Jaufer. Ma tale consenso non è possibile…
Bene, guardi per esempio ciò che è accaduto nel 2012 con l’annuncio bilaterale da parte del Signor Draghi sulle Operazioni Monetarie Definitive (OMT Outright Monetary Transactions), o con il più recente Quantitative Easing. Vedrà che, quando si inizierà ad ascoltare voci che dicono “occhio ragazzi, che la deflazione ci sta uccidendo, bisogna fare altro”, allora la Signora Merkel può servirsi di queste voci per dire: “appoggerò il Signor Draghi, faccia ciò che faccia”. Non è un consenso-consenso, ma sta calibrando le placche tettoniche in movimento sotto i suoi piedi. E il modo in cui lo fa è molto astuto. Quello a cui vorrei invitarla a pensare è alla sua eredità al di là della mera sopravvivenza, e mi piacerebbe che considerasse la possibilità che tra 10, 20, 100 anni, l’Europa potrebbe parlare non solo di un piano Marshal che salvò la Germania, ma anche di un piano che salvò l’Euro.
Yanis Varoufakis e il ritorno della parola politica
Il solo fatto che quest’uomo parli di politica, di economia e di finanze, rinunciando alle formule con le quali i politici si lanciano messaggi in codice ed eludono il controllo democratico, è già una potente novità.
Varoufakis 1: «Non congratulatevi con noi, abbiamo una missione direttamente all’inferno».
Varoufakis 2: «Noi non riconosciamo la Troika, inutile mandare ad Atene gli ispettori. Lavoriamo a un nuovo accordo che vada bene a tutti». Durante l’incontro con il Presidente dell’Eurogruppo del 30 gennaio scorso, Varoufakis solleva eccezioni di legittimità all’intervento tecnico della Troika. Oggi Junker osserva che “in futuro” sarà necessario dotarsi di istituzioni che godano di maggiore legittimità.
Varoufakis 3: «Non è che non ci servano soldi, è che soffriamo a causa dei vincoli e impegni che abbiamo. Sembriamo tossicodipendenti a caccia di un’altra dose. Ciò che questo governo vuole fare è porre fine alla dipendenza».
Carlo Clericetti spiega cosa ha detto ieri Varoufakis al Presidente dell’Eurogruppo.
Il rifiuto del ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, di incontrare ancora la Troika (Commissione Ue, Bce, Fmi) non è un atto di insubordinazione, ma una dichiarazione politica. Varoufakis, economista di valore, contesta la logica che ha guidato finora tutta la costruzione europea, da Maastricht in poi: la logica delle “regole”, poste come delle barriere invalicabili che riducano la discrezionalità delle scelte politiche entro gli ambiti ristretti stabiliti dai “tecnici”.
0:34: Dijsselbloem:«You just killed Troika».
Varoufakis: «WOW».
Dietro questa logica ci sono anni di egemonia del pensiero neo-conservatore, sia in economia che nelle teorie dello Stato e della politica. Un pensiero che nelle sue radici è ideologico e anti-democratico, perché pretende di aver individuato “le leggi” dell’economia, come se questa fosse una scienza esatta, e dunque le sue ricette vadano applicate mettendole al riparo sia dai politici e burocrati, che sono tutti populisti e approfittatori, sia dalle pericolose deviazioni che possono derivare dal voto popolare.
E dunque, le banche centrali devono essere indipendenti dai governi, lo Stato non deve intervenire perché distorcerebbe il libero dispiegarsi delle forze del mercato (che tanto farà sempre per il meglio, guidato dalla “mano invisibile”) e l’operato dei governo deve essere sottoposto al giudizio dei tecnici, veri sacerdoti della religione dell’efficienza. Se poi le cose non vanno come avrebbero dovuto non è colpa di quelle teorie, ma del fatto che sono state applicate male o in modo insufficiente.
I trattati e gli accordi europei, con i loro parametri fissi e i controlli fatti in base a formule esoteriche, che si continuano ad applicare anche dopo che si è riconosciuta la loro inattendibilità, sono la perfetta espressione di questa ideologia come la Troika ne è la perfetta personificazione: tutte persone appartenenti ad organismi tecnici, il cui mandato dunque non è quello di trattare, ma di controllare l’applicazione delle “regole”.
Varoufakis, che queste cose le sa bene, ha intimato un brusco stop: quello che vogliamo, dice il suo gesto, è una trattativa politica, non una eventuale graziosa concessione a deviare (ma solo un po’, come è stato fatto per l’Italia) da quelle “regole” che restano comunque scritte nelle tavole della legge.
Financial Times,Varoufakis/Lamont: The odd couple
Lord Lamont welcomed his old friend Yanis Varoufakis in London this week. The former chancellor of the exchequer and the now Greek finance minister struck up an unlikely friendship in Australia in 2012, when they appeared on opposing sides of a debate on the eurozone’s future.
The Greek economist certainly impressed the hedgies and City types he addressed on Monday night. His two-hour speech received a standing ovation; his flawless English, “more eloquent than practically the entire British Cabinet”, said one person who met him. “Not the dogmatic Marxist he’s portrayed as.”
But not everything went to plan on the visit. Lord Lamont tried to give a breakfast for his friend at the Reform Club, only to find that the perennially tie-less Varoufakis wasn’t allowed in. Lord Lamont tells City Insider: “They wouldn’t accept that his national dress was not a tie.” So they popped around the corner to the less formal Sofitel. Enigmatic Varoufakis never fails to surprise. While he was at the University of Essex, he was secretary of the black students’ union.
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