Archive for ‘Filosofia’

27 Marzo, 2018

Felice Cimatti, Filosofia dell’animalità

by gabriella

orang-outanIn occasione dell’uscita del suo nuovo libro, Filosofia dell’animalità [Laterza, 2013], Asinus Novus ha intervistato Felice Cimatti sul suo persorso di ricerca e sulle implicazioni che il tema dell’animalità ha per la filosofia.

Il tuo interesse per il tema della natura non-umana risale ormai a molti anni fa. Ricordo i tuoi studi importanti sulla zoosemiotica e un’opera importante come La scimmia che si parla in cui hai provato a trarre un primo bilancio sul nostro rapporto con l’animalità, la questione spinosa della “specificità” dell’umano ecc. Puoi dirci che posto occupa questo libro nel percorso della tua ricerca?

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26 Marzo, 2018

Dialogo sull’antispecismo

by gabriella

Traggo da Asinus Novus il video della conferenza Antispecismi in discussione tenuta presso la Facoltà di Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma e il Dialogo tra un antispecista politico e un antispecista debole di Marco Maurizi e Leonardo Caffo.

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Antispecismo debole

Marco: Caro Leonardo, potresti spiegare in poche parole ai lettori quali sono le caratteristiche essenziali della tua proposta teorica? Cosa intendi per “antispecismo debole”?

Leonardo: Caro Marco qualche tempo fa, diciamo dopo la pubblicazione e lettura del tuo Al di là della Natura (Novalogos, 2011), mi è capitato di ragionare attentamente sull’antispecismo politico di cui tu sei, a mio avviso, il teorico più preciso (non solo in Italia). Non è una ruffianata di contesto, ma una constatazione legata ad un mio personale problema: mentre esistono formulazioni abbastanza precise delle teorie antispeciste, sole per dirne alcune, “utilitariste” (penso a Singer) o “giusnaturaliste” (penso a Regan), mancano invece descrizioni abbastanza meticolose del concetto di antispecismo politico (penso a Nibert, che può esserne considerato il padre ispiratore). Ora, so che il paragone regge fino a un certo punto: “antispecismo politico” è la denotazione di un approccio teorico, più che di una teoria in quanto tale; potremmo dire che è al suo interno che mancano definizioni delle diverse teorie che esprime, come ad esempio l’antispecismo marxista, quello anarchico, quello ecofemminista, ecc. Ma non sono del tutto d’accordo.

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26 Marzo, 2018

Marco Lorenzi, Senzienza, antispecismo e aborto

by gabriella

embrioniTraggo da Asinus novus l’intervento di Marco Lorenzi nel dibattito bioetico sull’acquisizione dei diritti soggettivi da parte dei viventi.

Amavo tutti gli animali a sangue caldo, che hanno un’anima come la nostra e con i quali – così pensavo – ci comprendiamo d’istinto, perché essi sono così vicini a noi e partecipano della nostra ignoranza. Siamo accomuinati ad essi da gioia e dolore, amore e odio, fame e sete, paura e fiducia – da tutti gli aspetti essenziali dell’esistenza, ad eccezione della parola, di un’acuta coscienza, della scienza.

Carl Gustav Jung, Ricordi, sogni, riflessioni 

Il dibattito etico sui diritti degli animali e sull’aborto condividono una strana sorte, quella di essere da sempre funestati dallo stesso problema e di aver bisogno dello stesso approccio razionale per giungere ad una soluzione condivisa. Il problema che accomuna i dibattiti è la palese inadeguatezza delle argomentazioni addotte dalle parti che si contrappongono nel dibattito pubblico, incapaci di andare al di là di slogan strillati tanto più forte quanto meno sono ragionati.

Gli antiabortisti sostengono che l’aborto equivale ad un omicidio dato che la persona umana è “sacra” fin dal concepimento. Dal mero incontro tra uno spermatozoo e un ovocita umano si avrebbe la creazione di una “persona” che in quanto umana è “sacra” e dunque da difendere a qualunque costo. In una prospettiva antiabortista cristiana l’immoralità dell’aborto è dunque assoluta, implicita nella stessa idea che si possa sopprimere una vita umana a qualunque stadio, per qualunque motivo. Seguono le solite accuse di omicidio per le donne che abortiscono e per i medici che praticano interruzioni di gravidanza oltre che di eugenetica nazista in caso di aborto di feti portatori di patologie congenite.

Nel dibatto pubblico i fautori della liceità dell’aborto spesso rispondono a queste accuse con argomentazioni francamente deboli, non decisive e che comunque non affrontano alla questione etica di fondo sollevata dagli abortisti. Argomentare infatti che l’aborto legale è il minore dei mali perché si minimizzano i rischi per la salute delle donne o che queste ultime hanno il diritto di gestire liberamente il loro corpo e dunque anche la gravidanza e la sua interruzione, è pienamente legittimo solo dopo aver argomentato persuasivamente che lo status morale dell’embrione e del feto è fondamentalmente diverso da quello del neonato o dell’adulto.

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25 Marzo, 2018

Il discorso di Diotima

by gabriella

desiderio

Il sesto a prendere al parola nel Simposio [202 d 8 – 204 c 6] è Socrate che riferisce il discorso di Diotima di Mantinea: l’amore è qualcosa di mezzo tra umano e divino, figlio di mancanza ed espediente, dalla natura desiderante.

Ma cosa sarebbe allora, esclamai, questo Amore? Un mortale?” “Niente affatto” “Ma allora cos’altro è?” “Come nel caso di prima, qualcosa di mezzo fra mortale e immortale.” “Che è dunque, o Diotima?” “Un demone grande, o Socrate. E difatti ogni essere demonico sta in mezzo fra il dio e il mortale. […] Gli dèi non si mischiano con l’uomo, ma per mezzo di Amore è loro possibile ogni comunione e colloquio con gli uomini, in veglia o in sonno. E chi è dotto di queste arti, è un uomo demonico, ma chi è conoscitore di altre tecniche o mestieri non è che un generico. Ora, questi demoni sono molti e vari: uno di questi è anche Amore”.

Eros figlio di Poros e Penìa

Eros figlio di Poros e Penìa

“E suo padre e sua madre, domandai, chi sono?”. “È cosa un po’ lunga da raccontare, rispose, ma a te la dirò. Quando nacque Afrodite gli dèi tennero un banchetto, e fu invitato fra gli altri anche Poro (Espediente) figlio di Metidea (Sagacia).

Ora, quando ebbero finito, arrivò Penia (Povertà), siccome era stata gran festa, per mendicare qualcosa; e si teneva vicino alla porta. Poro intanto, ubriaco di nettare (il vino non esisteva ancora), inoltratosi nel giardino di Zeus, schiantato dal bere si addormentò. Allora Penia, meditando se, contro le sue miserie, le riuscisse d’avere un figlio da Poro, gli si sdraiò accanto e rimase incinta di Amore. Proprio così Amore divenne compagno e seguace di Afrodite, perché fu concepito il giorno della sua nascita, ed ecco perché di natura è amante del bello, in quanto anche Afrodite è bella.

Dunque, come figlio di Poro e di Penia, ad Amore è capitato questo destino: innanzitutto è sempre povero, ed è molto lontano dall’essere delicato e bello, come pensano in molti, ma anzi è duro, squallido, scalzo, peregrino, uso a dormire nudo e frusto per terra, sulle soglie delle case e per le strade, le notti all’addiaccio; perché, conforme alla natura della madre, ha sempre la miseria in casa.

Ma da parte del padre è insidiatone dei belli e dei nobili, coraggioso, audace e risoluto, cacciatore tremendo, sempre a escogitare machiavelli d’ogni tipo e curiosissimo di intendere, ricco di trappole, intento tutta la vita a filosofare, e terribile ciurmatore, stregone e sofista. E sortì una natura né immortale né mortale, ma a volte, se gli va dritta, fiorisce e vive nello stesso giorno, a volte invece muore e poi risuscita, grazie alla natura del padre; ciò che acquista sempre gli scorre via dalle mani, così che Amore non è mai né povero né ricco.

Anche fra sapienza e ignoranza si trova a mezza strada, e per questa ragione nessuno degli dèi è filosofo, o desidera diventare sapiente (ché lo è già), né chi è già sapiente s’applica alla filosofia. D’altra parte, neppure gli ignoranti si danno a filosofare né aspirano a diventare saggi, ché proprio per questo l’ignoranza è terribile, che chi non è né nobile né saggio crede d’aver tutto a sufficienza; e naturalmente chi non avverte d’essere in difetto non aspira a ciò di cui non crede d’aver bisogno”.

“Chi sono allora, o Diotima, replicai, quelli che s’applicano alla filosofia, se escludi i sapienti e gli ignoranti?”. “Ma lo vedrebbe anche un bambino, rispose, che sono quelli a mezza strada fra i due, e che Amore è uno di questi. Poiché appunto la sapienza lo è delle cose più belle ed Amore è amore del bello, ne consegue necessariamente che Amore è filosofo, e in quanto tale sta in mezzo fra il sapiente e l’ignorante. Anche di questo la causa è nella sua nascita: è di padre sapiente e ingegnoso, ma la madre è incolta e sprovveduta. E questa è proprio, o Socrate, la natura di quel demone. Quanto alla tua rappresentazione di Amore, non c’è da meravigliarsi; perché tu credevi, per quanto posso dedurre dalle tue parole, che Amore fosse l’amato, non l’amante; e per questo, penso, Amore ti appariva bellissimo. E in realtà ciò che ispira amore è bello, delicato, perfetto e beato, ma l’amante ha un’altra natura, come ti ho spiegato”».

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25 Marzo, 2018

Il discorso di Aristofane

by gabriella

Il commediografo Aristofane è il quarto commensale a parlare nel Simposio platonico [189 d 5 -193 a 1]: presenta l’amore come simbolo e ricomposizione di un intero.

androgino

androgino

Bisogna innanzi tutto che sappiate qual è la natura dell’uomo e quali prove ha sofferto; perché l’antichissima nostra natura non era come l’attuale, ma diversa. In primo luogo l’umanità comprendeva tre sessi, non due come ora, maschio e femmina, ma se ne aggiungeva un terzo partecipe di entrambi e di cui ora è rimasto il nome, mentre la cosa si è perduta. Era allora l’androgino, un sesso a sé, la cui forma e nome partecipavano del maschio e della femmina: ora non è rimasto che il nome che suona vergogna.

In secondo luogo, la forma degli umani era un tutto pieno: la schiena e i fianchi a cerchio, quattro bracci e quattro gambe, due volti del tutto uguali sul collo cilindrico, e una sola testa sui due volti, rivolti in senso opposto; e così quattro orecchie, due sessi, e tutto il resto analogamente, come è facile immaginare da quanto se detto. […] Possedevano forza e vigore terribili, e straordinaria superbia; e attentavano agli dèi. Pertanto Zeus e gli altri dèi andavano arrovellandosi che dovessero fare ed erano in grave dubbio perché non se la sentivano di ucciderli e farli sparire fulminandoli come i giganti, né potevano lasciarli insolentire. Ma finalmente Zeus, pensa e ripensa:

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14 Marzo, 2018

Karl Marx, Tesi su Feuerbach

by gabriella

karl-marx-7Le Thesen über Feuerbach, un testo tanto breve quanto denso, furono scritte da Marx nel marzo del 1845. Rimasero tuttavia a lungo inedite finchè non furono pubblicate, postume, nella Neue Zeit (1886) da Engels che le riprodusse in appendice al suo Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca (1888).

I

Il difetto principale di ogni materialismo fino ad oggi, compreso quello di Feuerbach, è che l’oggetto, il reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività umana sensibile, come attività pratica, non soggettivamente. E’ accaduto quindi che il lato attivo è stato sviluppato dall’idealismo in contrasto col materialismo, ma solo in modo astratto, poiché naturalmente l’idealismo ignora l’attività reale, sensibile come tale. Feuerbach vuole oggetti sensibili realmente distinti dagli oggetti del pensiero; ma egli non concepisce l’attività umana stessa come attività oggettiva. Perciò nell’Essenza del cristianesimo egli considera come schiettamente umano solo il modo di procedere teorico, mentre la pratica è concepita e fissata da lui soltanto nella sua raffigurazione sordidamente giudaica. Pertanto egli non concepisce l’importanza dell’attività “rivoluzionaria”, dell’attività pratico-critica.

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14 Marzo, 2018

Karl Marx, Introduzione alla Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico. Testo commentato

by gabriella

MarxLa critica non è una passione del cervello, essa è il cervello della passione. […] Essa non si pone più come fine a se stessa, ma ormai soltanto come mezzo. Il suo pathos essenziale è l’indignazione, il suo compito essenziale è la denuncia.

La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l’uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. […]

Karl Marx

 

Marx scrive l’Introduzione alla Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico nel 1843 quando, dopo essere fuoriuscito dalla Prussia la cui censura aveva vietato le pubblicazioni della Gazzetta Renana di cui era redattore, fonda a Parigi, con altri giovani hegeliani, gli Annali franco-tedeschi (Deutsch-Französische Jarbücher) di cui sarebbe uscito solo il primo numero (marzo 1844).

E’ in questo testo che il filosofo venticinquenne delinea il nuovo compito della filosofia e produce la celebre critica della religione quale indispensabile premessa per ogni critica dell’esistente. Sempre in questo testo, Marx usa per la prima volta i concetti di «rivoluzione» e «proletariato», spiegando perché la liberazione di una classe (una parte della società) e il rovesciamento della società borghese significhino la liberazione dell’intera umanità e la premessa per la creazione di una società libera e senza classi. Sotto il testo è leggibile l’analisi svolta in classe, evidenziata in verde e condotta sui primi paragrafi e sulla parte finale dell’opera.

 

Per la Germania, la critica della religione nell’essenziale è compiuta, e la critica della religione è il presupposto di ogni critica

Dopo Feuerbach, la critica della religione, nei suoi elementi portanti è da ritenere conclusa: la teologia è adesso consapevolmente ricondotta all’antropologia, cioè proiezione dell’uomo (delle sue qualità) in Dio (dove queste qualità sono ipostatizzate ed esteriorizzate). La religione è dunque alienazione (patologia psichica che pone l’individuo di fronte a se stesso, ma nell’incapacità di riconoscersi). 

Capire questo aspetto è, secondo Marx, il presupposto di ogni critica; nessuna critica può infatti essere avanzata se si considera vera la religione e naturali, cioè posti da Dio, l’ordine naturale e l’ordine sociale. Marx prosegue qui la critica dell’esistente iniziata già nella tesi di laurea sulle filosofie di Democrito e Epicuro.

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14 Marzo, 2018

Felice Cimatti, L’individuo è l’essere sociale. Marx e Vygotskij

by gabriella
Karl Marx (1818 - 1883)

Karl Marx (1818 – 1883)

Questo bel saggio di Felice Cimatti – incluso nel testo collettaneo Il transindividuale, appena uscito per Mimesis (pp. 253-271) – è dedicato a una teoria della mente che si avvale degli strumenti messi a punto da Marx e Vygotskij per mettere a fuoco i limiti e le aporie dell’individualismo cognitivo e del biologicismo delle neuroscienze.

Se per Marx, l’individuo è «l’insieme dei rapporti sociali», per Vygotskij

«la mente individuale è il punto di arrivo di un processo di emancipazione dalle condizioni naturali, ma anche da tutte le relazioni storico-sociali che si presentano di fronte all’individuo come se fossero naturali».

L’individuo non è dunque la premessa della relazione, ma il suo effetto.

 

Indice

1. «La coscienza è un rapporto sociale»
2.  Vygotskij e la relazione individuo-società
3. Dal transindividuale all’individuo
4. Il ‘pensiero verbale’
5. Individuazione e transindividuale

 

1. «La coscienza è un rapporto sociale»

L’animale non umano, per Marx,

«è immediatamente una cosa sola con la sua attività vitale. Non si distingue da essa. È quella stessa [attività vitale]» Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844.

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14 Marzo, 2018

Il gioco delle signorine Marx

by gabriella

Marx nel 1869Le tre figlie di Marx erano particolarmente appassionate di una sorta di gioco di società, pare molto diffuso nell’età vittoriana, che consisteva nella formulazione di alcune domande che avrebbero dovuto far emergere la personalità dell’interrogato.

Tratto da U. Curi, Marx e la rivoluzione, 8. Capire la filosofia. La filosofia raccontata dai filosofi. La biblioteca di Repubblica, 2011.

Le domande che le figlie rivolgevano a Marx riguardano anche aspetti davvero minori, secondari nella vita dell’autore:

La virtù che preferisci? La semplicità
La qualità che preferisci in un uomo? La forza
La qualità che preferisci in una donna? La debolezza

La tua caratteristica principale? La determinazione
La tua idea della felicità? Lottare
La tua idea dell’infelicità? La sottomissione

Il difetto che scusi di più? La credulità
Il difetto che detesti di più? Il servilismo

La tua occupazione preferita? Razzolare tra i libri
Il tuo poeta preferito? Shakespeare, Eschilo, Goethe
Il tuo eroe preferito? Spartaco, Keplero
Il tuo piatto preferito? Il pesce

Il tuo motto preferito? De omnibus disputandum (occorre discutere e dubitare di tutto)
La tua massima preferita? Nihil humani a me alienum puto (Terenzio, Heautontimoroumenos “niente di ciò che è umano mi è estraneo”).

Marx_signature

14 Marzo, 2018

Pierre Macherey, Le lettere di Marx a Ruge

by gabriella

Deutsch_Franz_JahrbücherTraggo da Consecutio temporum questa bella ricostruzione degli interessi che Marx e Ruge [e Feuerbach] condensarono intorno alla pubblicazione a Parigi del primo [ed unico] numero degli Annali franco-tedeschi, dedicati alla ricerca dei mezzi necessari alla realizzazione pratica della filosofia, il compito che Marx le darà nell’undicesima tesi su Feuerbach.

E così ho finito con il nostro compito comune, ossia l’analisi del filisteo e del suo Stato. Non dirà che ho troppa fiducia nel presente; e se tuttavia non dubito di esso è solo perché la sua situazione disperata mi riempie di speranza. Non parlo affatto dell’incapacità dei signori e dell’indolenza dei servi e dei sudditi, i quali lasciano che tutto vada come piace a Dio; anche se le due cose insieme basterebbero già a provocare una catastrofe. Richiamo la sua attenzione sul fatto che i nemici del filisteismo, ossia tutti coloro che pensano e soffrono, sono giunti a un’intesa per la quale in passato mancavano loro i mezzi; e che persino il sistema passivo di riproduzione degli antichi sudditi arruola ogni giorno nuove reclute al servizio della nuova umanità […] Da parte nostra dobbiamo portare completamente alla luce del giorno il vecchio mondo e creare positivamente il nuovo mondo. Quanto più a lungo gli eventi lasceranno all’umanità che pensa tempo per riflettere e all’umanità che soffre tempo per unirsi, tanto più perfetto verrà al mondo il frutto che il presente porta in grembo.

La riforma della coscienza consiste solo nel rendere il mondo consapevole di se stesso, nel ridestarlo dal suo ripiegamento trasognato, nello spiegargli le sue proprie azioni. Come per la critica della religione di Feuerbach, il nostro scopo non è altro che condurre alla forma umana autocosciente tutte le questioni religiose e politiche.

Karl Marx

Nel marzo 1844 apparve l’unico numero della rivista che Marx, allora deciso a prendere in teoria ed in pratica la massima distanza dalla Germania, aveva fondato a Parigi con Arnold Ruge. Questa pubblicazione comprendeva tre contributi firmati da Marx: uno scambio di lettere con Arnold Ruge, l’articolo su La questione Ebraica (in risposta ad un articolo pubblicato sotto lo stesso titolo da Bruno Bauer) e un’Introduzione alla critica della filosofia del diritto pubblico, redatta a partire del commentario dei passi della terza parte dei Lineamenti della filosofia del diritto di Hegel consacrati allo Stato costituzionale, commentario che Marx – che aveva senza dubbio intrapreso questo lavoro nel 1842 – aveva abbozzato a Kreuznach nel 1843, ma lasciato incompiuto.

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