Archive for ‘Pedagogia’

13 Giugno, 2014

Eleonora de Conciliis, Che cosa significa insegnare?

by gabriella

de_conciliisInsegnare significa essenzialmente produrre soggettività, dar forma a un individuo, strutturare l’informe imprimendovi un segno. Si tratta infatti di una tecnica di governo degli altri che è in grado di formare anche l’oggetto su cui si esercita. Come tale è anche un sintomo, cioè un segno della condizione patologica in virtù della quale si esercita il dominio. Il modo in cui si insegna rivela, pertanto, i tratti decisivi della società contemporanea, facendo emergere la domanda cruciale: si può insegnare, cioè plasmare, governare in un altro modo? Si può farlo in modo diverso da come si è fatto finora? Uno stralcio della bella introduzione di Che cosa significa insegnare?.

Insegnare (insieme a curare e governare) è, per dirla con Freud, un mestiere impossibile, ma è pur sempre una professione (Beruf) weberianamente politica.

Pier Aldo Rovatti, Soggettivazioni

Insegnare vuol dire, alla lettera, imprimere nella mente, fare un segno (signum) dentro qualcuno, avviare un processo attraverso un linguaggio che scrive, incide l’interiorità psichica e così facendo non solo la apre, ma la crea. L’insegnamento produce soggettività: in termini foucaultiani, è una tecnica di governo degli altri che implica il governo di sé, una forma di potere-sapere che è in grado di formare anche l’oggetto su cui si esercita. Questi due significati (segno e governo) si rimandano l’un l’altro e ne dischiudono un terzo, poiché l’insegnamento non è solo trasmissione di un sapere che ha il potere di incidere e con ciò produrre il (s)oggetto; per chi lo impartisce e per chi lo riceve, esso è anche un sintomo che nel quadro clinico della civiltà contemporanea, compare insieme ad altri come spia di una condizione patologica.

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13 Giugno, 2014

Cominciai a insegnare per questo

by gabriella

In questo spezzone, tratto da Auguri professore, di Riccardo Milani, lo sfiduciato professor Lipari riflette sulla lontananza degli studenti dalla scuola, rintracciandone le ragioni nell’essersi formato, a sua volta, in una scuola «che ignora la gioia di vivere» e predica – conformemente alla propria matrice cattolica – «il castigo, la pena, il dolore». Dopo aver ironizzato sulla centralità didattica della «concezione del dolore in Manzoni e Leopardi», il professore prorompe così in un

Gezi Park2

La protesta turca a Gezi Park

Leopardi riteneva che non se potesse più di piagnistei [perché] pensava che la polica vera era dare al mondo distrazioni vive, occupazioni grandi, movimento, vita. Lui pensava che il fallimento maggiore della politica stava nel non mettere a frutto gli ardori giovanili […] il desiderio di vivere che hai dentro e la rabbia per non poterlo gridare.

Osservando l’interesse della sua allieva davanti a questa interpretazione, Lipari si rende conto di quanto gli piaccia insegnare perché

trasmettere abilità rende abili, trasmettere intelligenza rende intelligenti.

Non si può insegnare senza avvertire e aver voglia di comunicare voglia di vita, e senza quindi abbandonare la pedagogia dell’impegno e del sacrificio.

 

 

1 Giugno, 2014

Bertold Brecht, Lode dell’imparare

by gabriella

BrechtImpara quello che è più semplice!
Per quelli il cui tempo è venuto
non è mai troppo tardi!
Impara l’a b c: non basta, ma
imparalo! E non ti venga a noia!
Comincia! Devi sapere tutto, tu!
Tu devi prendere il potere.

Impara, uomo all’ospizio!
Impara, uomo in prigione!
Impara, donna in cucina!
Impara, sessantenne!
Tu devi prendere il potere.

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27 Maggio, 2014

L’efficacia didattica in banlieue. Il modello Drancy

by gabriella
Drancy

Jérémie Fontanieu nella sua classe di Drancy

Potrebbe essere considerato il successore di Pennac questo venticinquenne parigino che si è inventato un modo per portare al successo scolastico i ragazzi di periferia, cioè studenti in gravi situazioni di svantaggio, distratti da situazioni familiari drammatiche e privi di motivazione-speranza di riscatto sociale o personale. Quel tipo di studente che riempie, ormai, anche le classi delle scuole italiane, giusto con meno implicazioni etniche.

Il prof. Fontanieu insegna economia e scienze sociali a Drancy – cittadina alla periferia nord di Parigi nota per essere stata lo snodo ferroviario principale per Auschwitz. Il suo metodo spicca per realismo e assenza di cornici pedagogiche: si limita ad insegnare con passione, arricchendo le sue lezioni di stimoli eterogenei, puntando tutto sulla cooperazione sinergica famiglia-scuola (contando sulla particolare sensibilità di quelle immigrate), sulla verifica settimanale degli apprendimenti, sulla semplicità e ripetitività dei compiti, calibrati senza fretta sulle reali capacità degli allievi.

Sembra aver capito a perfezione il significato della tesi di Vaneigem che «il lassismo non è il soffio della libertà, ma il fiato della tirannia», e non poteva essere che un giovane precario. Ne parla questa settimana Le Monde.

Jérémie Fontanieu, professeur de sciences économiques et sociales au lycée Delacroix à Drancy (Seine-Saint-Denis) a vingt-cinq ans, ce prof tout juste débarqué dans le «93» – par choix-, a décidé de se fixer un objectif de 100% de réussite au bac. A un mois des premières épreuves, il semble en passe de réussir. Une gageure dans ce lycée de banlieue à la réputation peu flatteuse.

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13 Maggio, 2014

Renato Foschi, Costruire il cittadino desiderabile: le prove INVALSI e la psicopedagogia

by gabriella

social engineeringC’è una pedagogia autoritaria dietro agli INVALSI: non si tratta di misurare competenze, ma di guidare attraverso i test la scelta delle competenze e dei saperi utili alla società di mercato del futuro. Gianni Rodari sarà ancora un autore desiderabile per questa scuola?

Apri, – gridò alla moglie, – in nome della legge.
Ma quale legge? Cosa le vuoi fare, a questa povera bambina?
Domanda piuttosto a lei cos’ha fatto. Domandale dove e come ha perso la scarpina. […]
(…) Nostra figlia è una spia, – esclamò il sor Meletti, buttandosi su una sedia. E agitando la scarpina che teneva in mano aggiunse: – Ne ho le prove. […]
Non c’è dubbio alcuno, – concluse, – nostra figlia lavora per i marziani.

Gianni Rodari, da La torta in cielo

Per una pedagogia a misura di bambino
non che misuri il bambino.

Renato Foschi

Nella introduzione alla terza edizione del suo Metodo, Maria Montessori scrisse che i test psicopedagogici somministrati ai bambini non portavano a riforme educative, ma a riforme degli esami fondate sulla misura delle abilità mentali degli allievi.

Di questi giorni è la polemica sulle prove INVALSI, dal nome dell’ente (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) deputato alla standardizzazione di test destinati agli alunni delle scuole italiane e all’analisi dei risultati. Tali prove di abilità cognitive, in particolare relative all’italiano e alla matematica, iniziano nella seconda elementare e, per follow up successivi, intendono testare le generazioni degli studenti italiani, senza discriminare a livello individuale, [il che non è esatto, visto che sono inclusi anche in prove d’esame, ndr.] con l’intento di fornire la fotografia di come funziona il sistema educativo italiano per poi modificarlo di conseguenza. Tali prove da quest’anno, sono obbligatorie per legge (art. 51 comma 2 del Decreto-Legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito in legge n. 35).

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13 Maggio, 2014

Matteo Vescovi, Testificare le menti, banalizzare la scuola

by gabriella

Un intervento di Matteo Vescovi sulla relazione valutativa e i test INVALSI uscito su Carmillaonline. In coda l’inchiesta di Silvia Di Fresco sulla chiusura di una piccola scuola e l’esclusione di chi ha di meno nell’Italia dei tecnocrati.

Silvia e Matteo, insieme a Girolamo De Michele miei amici e colleghi, sono diventati un costante punto di riferimento della scuola pubblica italiana più attiva, le penne capaci di esprimere il meglio di ciò che siamo. Hanno già scritto insieme L’arrestabile ascesa della scuola delle competenze e non li ringrazierò mai abbastanza.

I test scolastici sono un mezzo per misurare il grado di banalizzazione. Se lo studente ottiene il punteggio massimo, ciò è segno di una perfetta banalizzazione: lo studente è completamente prevedibile, e quindi può essere ammesso nella società. Non sarà fonte di sorprese, né di problemi.

Heinz Von Foerster

Che dalla voce di un Ministro “tecnico” di un governo “tecnico” non potessero che uscire elogi nei confronti di uno strumento anch’esso “tecnico” di valutazione “oggettiva” degli apprendimenti dei nostri studenti, certo non poteva stupirci. Come non ci ha stupito sentirlo tessere l’elogio di un sistema di valutazione finalmente “moderno” ed europeo che basandosi sulle evidenze di questi test possa fornire ai decisori gli strumenti necessari per conoscere e intervenire nel sistema di istruzione nazionale. Come non ci ha stupito nemmeno la sede squisitamente “tecnica” (un convegno organizzato dalle Fondazioni San Paolo e TreeLLLe) in cui queste affermazioni sono state rilasciate per la prima volta dal Ministro ai mezzi d’informazione.

Cerchiamo, però, di prendere in considerazione anche alcuni aspetti sgradevoli, ma purtroppo necessari quando si ha a che fare con “obsoleti” esseri umani e non con moderne tecnologie d’avanguardia.

Alcune ovvietà sulla relazione valutativa a scuola

Cominciamo esaminando alcuni aspetti generali della relazione valutativa [1]. Aspetti che ogni insegnante conosce bene anche se spesso rimangono sottintesi alla sua attività didattica. È evidente infatti che, prima ancora di qualunque riflessione sugli obiettivi e sulle metodologie, prima ancora delle griglie e delle scale alfanumeriche o delle strategie di correzione che fanno il mestiere dell’insegnare, l’attività di valutare è parte fondamentale della relazione educativa.

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13 Maggio, 2014

Adriana Presentini, La riflessione filosofica dei bambini all’indomani del test INVALSI su “La saggezza del moscerino”

by gabriella

invalsi_no7 maggio 2010. Prima conversazione: “La sapienza del moscerino”

I bambini, divisi in coppie, hanno riletto il testo ed elaborato le seguenti domande:

Lorenzo e Alessio (Tirex):
– Come mai il moscerino vuole essere più intelligente delle formiche?
Andrei S. e Chakira (Tigri dai denti a sciabola):
– Come mai le formiche non vedono la chiocciola?
– Come mai il moscerino ha visto la chiocciola?
Riccardo e Rawene (Draghi):

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15 Marzo, 2014

Marc Augé, L’utopia nera dell’oligarchia planetaria

by gabriella
Marc Augé

Marc Augé

La crisi dell’educazione e l’utopia nera di un mondo per pochi in questa riflessione di Marc Augé pubblicata da Micromega.

Si potrebbe ipotizzare che il rifiuto di pensare come un tutt’uno il problema dell’economia e quello dell’educazione sia la causa profonda dei nostri fallimenti in entrambi i campi. Dissociarli significa infatti cedere alla grande tentazione postmoderna: rifiutare di porsi la questione delle finalità.

Nelle situazioni di povertà che viviamo oggi è inevitabile che la priorità venga data agli obiettivi a breve termine e ai modi di raggiungerli (aiuti d’emergenza, piani sociali, formazione professionale permanente). Ma nel contempo si passa sotto silenzio la questione del sapere in vista di cosa si lavora o si studia.

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27 Febbraio, 2014

Alain Gousseau, BES. Quale inclusione?

by gabriella

ESCLUSIONETraggo da La letteratura e noi, questa riflessione critica sulla direttiva MIUR che invita ad individuare nei nostri studenti la presenza di bisogni educativi speciali.

Mi permetto di proporre alcune riflessioni in riferimento al dibattito in corso nel mondo della scuola e degli ambienti pedagogici sulla questione dei cosiddetti ‘bisogni educativi speciali’ che ha trovato una sua esplicita formalizzazione nei documenti del Miur di dicembre 2012 e marzo 2013.

Considero la questione estremamente delicata e complessa ma anche importante poiché è il riflesso di una concezione della scuola e di una visione della gestione delle differenze in termini di apprendimento, crescita individuale e collettiva. In sostanza ne va del modello di società che vogliamo costruire formando le future generazioni e quindi della nostra idea di democrazia.

Faccio rapidamente alcune considerazioni e pongo alcuni quesiti sui quali invito il mondo della scuola ma anche dell’educazione in generale a riflettere seriamente:

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22 Febbraio, 2014

Silvio Antoniano, Del batter i fanciulli

by gabriella

BUB174_R Antoniano SilvioTraggo da Muntu il capitolo dedicato alla severità pedagogica dei Tre libri dell’educatione christiana dei figliuoli (1584) di Silvio Antoniano (1540-1603), pedagogista e filosofo della controriforma ignoto ai più, divenuto improvvisamente celebre con l’inclusione nelle Indicazioni Nazionali per le scienze umane della riforma Gelmini.

In questo testo, la teorizzazione della violenza pedagogica di cui l’autore, erede della visione pedagogica veterotestamentaria, si fa portatore. Qui, una recente riaffermazione della bontà delle sculacciate da parte del papa.

 

Del batter i fanciulli

Cosi come le Città, per bene, et quietamente conservarsi, adoprano il premio, et la pena; con l’uno eccitando la virtù, et con l’altra reprimendo il vitio; così possiamo dire, che il medesimo sia necessario nel governo della casa, che è à guisa d’una piccola Città. Et per tanto non si deve negare, che conviene, che il padre di famiglia, che tiene il luogo del magistrato, adopri la verga, et il flagello, per correttione de i figliuoli, ò per ritirarli dal male, ò per incitarli al bene.

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