Archive for ‘Scuola Pubblica’

17 Maggio, 2024

Massimo Recalcati, Non fate gli psicologi, insegnate!

by gabriella

Recalcati esamina le distorsioni educative della scuola contemporanea (non solo, ma soprattutto, italiana): la stupidità valutativa, il ripiegamento su un insegnamento trasmissivo, la finalizzazione della didattica al principio di prestazione, ma anche la rinuncia ad insegnare davvero una disciplina, un campo del sapere, a vantaggio di una generica accoglienza che lascia i giovani privi di «quel trasporto erotico verso la cultura che costituisce il vero antidoto per non smarrirsi nella vita». Tratto da Repubblica, 20 settembre 2013.

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RecalcatiIn queste settimane che la Scuola riapre le sue porte auguro che ogni insegnante ritrovi il senso del suo lavoro – bistrattato e umiliato economicamente e socialmente – come uno tra quelli più decisivi nella formazione dell’individuo. Auguro loro di saper ritrovare passione nello spiegare una poesia di Ungaretti, le leggi della termodinamica, la deriva dei continenti, una lingua nuova, la bellezza formale di una operazione di matematica o di un teorema di geometria.

Auguro che la loro parola riesca a tenere vivi gli oggetti del sapere generando quel trasporto amoroso ed erotico verso la cultura che costituisce il vero antidoto per non smarrirsi nella vita. Nel nostro tempo la scuola di ogni ordine e grado sembra ridotta ad un “esamificio”. L’impeto della valutazione vorrebbe imporre scansioni dell’apprendimento uguali per tutti. Sempre più si sta imponendo una scuola che il “sogno” di un recente ministro della pubblica istruzione codificava con le tre “i” (impresa, inglese, informatica), cioè una scuola fondata sul principio di prestazione.

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1 Novembre, 2023

Il minuto di silenzio

by gabriella

Ieri, nella mia scuola, si è tenuta l’assemblea sindacale sui temi del momento: la ripartizione del Fondo scolastico tra i progetti, i nuovi compiti del consiglio di classe, i progressi legislativi del famigerato “Liceo” del Made in Italy.

Inaspettatamente, il collega che la presiedeva ha proposto all’assemblea di far precedere la discussione da un minuto di silenzio in memoria delle ultime vittime israeliane e palestinesi.

Nessuno ha obiettato, me compresa, ma non si era mai aperta in questo modo un’assemblea sindacale. In altri tempi mi sarei alzata a spiegare perché non si fa e non è giusto che si cambi ma, invecchiando, sono diventata più sensibile alle ragioni individuali e non ho voluto fare un intervento che sarebbe suonato come la stroncatura della conduzione del giovane collega eletto, una persona troppo amabile che mi dispiaceva offendere.

Ho sempre detestato i minuti di silenzio, soprattuto da quando il Ministero dell’Istruzione li ha resi una pratica odiosa di condizionamento, prescrivendoli in ogni occasione in cui fosse necessario rafforzare l’ordine del discorso e ricordare alla scuola come si deve pensare e cosa si deve dire.

Li boicotto, perciò, fieramente, da anni, sostituendoli con minuti di parola in cui apro la discussione con gli studenti sul tema in questione, certa che far crescere la riflessione e l’informazione su quanto accade sia più facile con le parole che coi silenzi, con il ragionamento piuttosto che con la commozione e con il dia-logos invece che con l’ascolto obbediente delle superiori disposizioni.

Spesso una commozione non educata si traduce in pura educazione alla conformità, cioè in una semplice diseducazione: una misura controproducente, contraria agli obiettivi che vuole perseguire.

Ma, in un’assemblea sindacale che si apre con un minuto di silenzio accade qualcos’altro. Far iniziare un’iniziativa collettiva con un gesto individuale pubblico, trasforma un luogo di discussione e di mobilitazione in un oratorio. Non ci riuniamo per rivolgersi insieme a un’entità trascendente, per sentire insieme come un unico cuore, ma per dividerci, ragionare imperfettamente e prendere decisioni necessariamente umane.

Ci sono senz’altro sensibilità culturali e politiche diverse tra noi, ma mettere mano al rituale per innestarvi pratiche che hanno origine in storie diverse non resta senza conseguenze nei minuti successivi al primo.

10 Settembre, 2022

Questo sito potrebbe chiudere

by gabriella

Cari colleghi e visitatori,

undici anni fa, dopo aver rinunciato a usare i libri di testo delle Scienze umane, ho iniziato a scrivere i testi delle mie lezioni (di Scienze umane, poi anche di Filosofia) e ho aperto questo sito per avere sottomano i testi, le mappe e i video  che mi servivano quotidianamente in classe.

Da allora, il blog ha avuto quasi 5 milioni di contatti e ha avviato uno scambio con colleghi, studenti e visitatori di migliaia di mail.

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24 Marzo, 2021

Carmelo Scifo, Resistenza, Costituzione, scuola – 1965

by gabriella

L’impegno dell’intellettuale, e, perciò, dell’uomo di scuola, è una missione di liberazione, di affrancamento per ricomporre la unità di tutte le forze nazionali in una marcia più decisa e più sollecita nella direzione della democrazia, come i molti additano, e i migliori vogliono.

Carmelo Scifo

Lo spirito della Resistenza nella Carta costituzionale

La lezione di democrazia, di libertà, di giustizia e di pace, che ci viene dalla Resistenza vale per tutti: per quelli che credono nella storia, per quelli che non ci credono e per quelli che non la conoscono.
Essa è ormai scritta nel cuore e nella coscienza del popolo, nelle cronache, nelle opere storiografiche, nei documenti politici e militari di quelle giornate, nei canti, nei diari scritti dagli stessi patrioti, nelle lettere dei condannati a morte, nelle stampe e nei fogli clandestini, ma soprattutto in termini giuridici è contenuta nella Costituzione repubblicana, alla quale deve ispirarsi la scuola se si vuole che la società italiana avanzi secondo l’ordine nuovo del progresso civile.

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29 Luglio, 2019

Nicola Grandi, No, i nostri ragazzi non stanno diventando analfabeti

by gabriella

Il linguista bolognese commenta l’articolo di Silvia Ronchey sui risultati INVALSI 2019. Pubblicato da Open, 22 luglio 2019

Si dice che il modo migliore per non far conoscere agli altri i propri limiti sia quello di non cercare mai di superarli. Ciò dovrebbe valere soprattutto quando ci si inoltra in terreni con i quali non si ha particolare dimestichezza.

Di certo, l’articolo di Silvia Ronchey pubblicato su La Repubblica lo scorso 12 luglio non è ispirato alla saggia prudenza cui l’aforisma ci invita.

Lo spunto sono i risultati della rilevazione INVALSI 2019, da poco resi pubblici.

Già il titolo del pezzoI nostri ragazzi diventati analfabeti, è ingannevole, perché prefigura uno stadio precedente di piena e completa alfabetizzazione e un recente peggioramento degli indicatori. Gli argomenti che la Ronchey usa per interpretare la situazione (non i dati, che non vengono mai citati, se non sporadicamente) sono molteplici e spesso il nesso tra essi pare piuttosto labile se non azzardato.

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20 Maggio, 2019

Il cambiamento di paradigma della scuola contemporanea

by gabriella

La scuola contemporanea è soggetta a importanti cambiamenti, frutto di scelte operate a livello continentale negli anni ’90 per fronteggiare le sfide della globalizzazione.

Il recepimento degli indirizzi comunitari è iniziato in Italia con la Conferenza Nazionale sulla scuola (gennaio 1990) che, invocando criteri di efficienza nell’uso delle risorse attribuite alla scuola, si è prefissa obiettivi (poi, non raggiunti) di riduzione della dispersione scolastica e di innalzamento della qualità dell’istruzione per portare tutti gli studenti a padroneggiare la lingua madre e possedere un bagaglio soddisfacente di competenze logico-conoscitive attraverso l’autonomia scolastica [per approfondimenti vedi l’articolo sottostante].

Breve storia della scuola italiana dall’unità ad oggi

Dopo l’equiparazione della scuola privata a quella statale e la relativa concessione di finanziamento pubblico (1998; 1999; 2000), agli inizi degli anni zero, la decostituzionalizzazione della scuola repubblicana (cioè l’abbandono dell’art. 3 come baricentro dell’azione educativa) si manifestava con l’adattamento della scuola pubblica alle aspettative dell’impresa, l’introduzione dell’Alternanza Scuola-Lavoro e l’avvio del sistema di valutazione nazionale (INVALSI) finalizzato nelle dichiarazioni all’innalzamento della qualità dell’istruzione, ma funzionante, di fatto, come un’ulteriore accelerazione verso apprendimenti di minore spessore culturale, centrati sul principio di prestazione [mappa con link].

19 Maggio, 2019

#iononsorvegliosveglio

by gabriella

Il fascismo non si ripresenta necessariamente nelle stesse forme del passato, ma lo riconosci sempre. #art21, #art.33.

Fascism, wherever it appears, 
is the enemy.

Philip K. Dick

 

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4 Febbraio, 2019

Massimo Gramellini, INVALSI 2018 Il bambino azienda

by gabriella

Sta passando il principio che la scuola serva soltanto a trovare un lavoro e non anche se stessi.

Condizionati dal Pensiero Unico Materialista, gli estensori dei questionari Invalsi hanno chiesto ai bambini della primaria:

«Pensando al tuo futuro, quanto pensi che siano vere queste frasi?».

Segue un elenco di traguardi esistenziali immaginati come eccitanti per dei bambini di dieci anni: avere abbastanza soldi, comperare ciò che si vuole, trovare un buon lavoro. Alle piccole cavie vengono concesse sei gradazioni possibili di risposta, da «per niente» a «totalmente».

Se avessi dieci anni, ma non è detto che non li abbia, risponderei: «per niente».

E, con un linguaggio appena un po’ più ingenuo di quello che userò, aggiungerei:

«Alla mia età rivendico il diritto di potere ancora sognare e di non associare la felicità al possesso di beni materiali. Il lavoro e i soldi sono importanti, specie se non li hai. Ma dalla scuola mi aspetto che insegni anche altro. Che mi dia gli strumenti culturali per vivere meglio, per cogliere la bellezza in un’opera d’arte, per ammirare un tramonto e non solo una vetrina.

Che, almeno alle elementari, mi spinga a fantasticare e a cercare dentro di me il talento unico e irripetibile che sicuramente posseggo, come tutti. Che non faccia di me solo un consumatore compulsivo e uno sbarratore di crocette nei questionari, ma un essere umano completo, capace di abitare la vita nella sua interezza o — come direste voi — totalmente».

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27 Dicembre, 2018

Cathy O’Neill, Armi di distruzione matematica

by gabriella

La recensione di Rosario Paone su Laletteraturaenoi del libro della studiosa americana, tradotto da Bompiani nel 2018 [di cui Google Books offre un’ampia porzione]

La tesi di ‘ONeill non è nuova, ma l’autorevolezza della fonte e la chiara indicazione che la costruzione di Big data dell’educazione e l’uso inconsapevole dei metodi quantitativi in ambito scolastico siano vere e proprie armi di distruzione matematica ne fanno una lettura indispensabile per gli insegnanti e per tutti quelli che si servono dei dati sulla scuola.

Indice e immagini sono mie.

 

1. Un linguaggio costruttivo dalle potenzialità infinite
2. Scuole e Università in classifica
3. La minaccia delle armi di distruzione matematica

3.1 Tre domande

3.1.1 Chi fa ricorso allo strumento matematico ha chiaro il metodo usato per modellizzarlo?
3.1.2
Il modello va contro l’interesse del soggetto? Potrebbe modellizzarlo?
3.1.3 Il sistema può scalare?

Cathy O’Neill

La matematica è il più potente strumento di cui l’uomo disponga. Per quanti non sono matematici di professione essa è un ricordo scolastico o un utile strumento per i calcoli della vita quotidiana. Ma l’idea più corrente su di essa è che “non è un’opinione”. Per distruggere quest’ultima convinzione è utile la lettura di Cathy O’Neill Armi di distruzione matematica (Bompiani, 2018).

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10 Luglio, 2018

Scuola: l’America fa dietrofront. Più conoscenze, meno competenze

by gabriella

e il suo collega Daniel Willingham

Il pedagogista americano Timothy Shanahan

Le conclusioni di un panel di esperti consultati dall’Ente nazionale di valutazione americano: gli studenti non imparano più a leggere perché a scuola si fanno solo test e si trascurano storia e letteratura, arte e scienze. Tratto dal Corriere.it.


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