La conferenza sui disturbi dell’apprendimento tenuta a Perugia dalla professoressa Lucangeli (Univ. Padova) alla fine di maggio 2012, è stata tra gli interventi conclusivi della formazione per gli insegnanti umbri sulla Legge 170/2011. Proprio la sua collocazione al termine di un percorso che valorizzava gli strumenti della legge l’ha resa socraticamente preziosa, perché capace di mettere in crisi la credenza nella natura biologica di molte difficoltà d’apprendimento (qui le slide).
L’intervento di Daniela Lucangeli permette di capire che i ragazzi dislessici non hanno bisogno di strumenti burocratici per essere inclusi, ma che sono la scuola e l’insegnamento ad aver bisogno di strumenti e di potenziamento per includerli davvero. Al netto del risultato legislativo sui DSA si registra, al contrario, la tendenza ormai ventennale a togliere alla scuola sempre più mezzi e capacità di intervento educativo.
Apprendimento e cervello
Abbattere l’insuccesso scolastico, realizzare gli obiettivi scolastici e creare benessere.
Daniela Lucangeli
Fin dall’esempio con cui esordisce, appare evidente il rifiuto della professoressa Lucangeli di aderire al biologicismo delle neuroscienze. Un museo espone in una teca otto cervelli, una targa ricorda a lato che sono appartenuti a quattro scienziati e quattro criminali, ma la loro struttura e fisionomia esteriore sono identiche: né il crimine, né il genio sono dunque nel nostro cervello [si veda per questo Alva Noë, Perché non siamo il nostro cervello, Nota mia].
I disturbi dell’apprendimento (DSA) sono disturbi specifici di una funzione biologica quale è appunto l’apprendimento. Ne sono state identificate quattro tipologie che sono state descritte in termini di prestazione, cioè di capacità a compiere precise attività. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce un disturbo «una patogenesi organica geneticamente determinata, espressione di disfunzione cerebrale». Viste la numerosità delle diagnosi di DSA, la prima domanda da farsi è dunque se «è possibile che così tanti bambini siano sotto la norma per funzioni garantite biologicamente» [si veda su questo problema la polemica tra Federico Bianchi di Castelbianco dell’IdO e Giacomo Stella, Nota mia].
La Legge 170 è stata adottata per favorire il successo formativo dei ragazzi portatori di questi disturbi. Bisogna allora chiedersi, in primo luogo, perché l’art. 3 non basti a garantirlo.
Lev Vygotskij è tra gli psicopedagogisti che permette di pensare nel modo più approfondito e vicino al loro reale funzionamento le modalità di apprendimento. E’ stato infatti lo psicologo russo a parlare di potenziamento dello sviluppo prossimale, descrivendo questo processo come un cambiamento pervasivo, cioè come un cambiamento qualitativo o di struttura: quando un ragazzo impara, in altri termini, diventa capace di fare cose prima impossibili; l’apprendimento è cioè il passaggio da ciò che si è potenzialmente in grado di fare a ciò che si è effettivamente capaci di fare. Il ruolo della scuola è qui fondamentale.
La scuola infatti amplia la zona di sviluppo prossimale. Bisogna infatti ricordare che lo sviluppo dei circuiti cerebrali è legato alla programmazione genetica (cioè alle istruzioni contenute nel DNA di ogni individuo) e alle esperienze postnatali. Nel 2007 la biologia molecolare ha scoperto e fotografato il meccanismo di sviluppo prossimale, cioè quella plasticità neuronale che permette alle cellule nervose di modificarsi in reazione agli stimoli ambientali.
Nell’immagine soprastante sono ritratti neuroni inattivi, in quella sottostante gli stessi neuroni reagiscono invece a stimolazioni sensoriali e cognitive: ecco come si modifica la struttura biologica dell’apprendimento durante il processo educativo (moltiplicazione dei dendridi), nel nostro caso, a scuola, mentre impariamo a fare ciò che prima non sapevamo fare. Il cervello, quindi, non può non imparare.
In punto è perciò non come insegnare ai ragazzi DSA, ma come facilitare il loro apprendimento. Per spiegare qual è il ruolo dell’insegnante con i suoi allievi, inclusi i ragazzi con difficoltà o disturbo d’apprendimento, la professoressa
Lucangeli ricorre all’esempio di un catalizzatore chimico d’uso quotidiano: il cucchiaino. Il gesto di girare il caffè con il cucchiaino per zuccherarlo consiste appunto nell’utilizzare un catalizzatore chimico, cioè un oggetto (il cucchiaino) capace di rompere le molecole e aggiungerle (zucchero+caffé). Se non ci fosse questo catalizzatore chimico ad accelerare la fusione tra i due elementi che giacciono nella tazzina, il caffè si zucchererebbe in 3 anni.
Il catalizzatore chimico in ambito scolastico è l‘insegnante, perché è lui che accende la funzione: come mostrato dalle immagini soprastanti l’apprendimento può aumentare il 30% dei dendridi.
From Brain to Education: dal cervello all’educazione
L’aspetto cruciale è allora mettere a punto delle strategie di accensione o potenziamente che ci permettano di lavorare sulla zona di apprendimento prossimale. Su questo, la professoressa Lucangeli porta dati importanti: adottando strategie efficaci di potenziamento si ottiene l’80% di normalizzazione nell’attività di comprensione del testo. Restano sotto la norma solo i ragazzi che hanno una resistenza neurobasale, vale a dire i pochi veri dislessici [i quali, va sottolineato, apprendono, sviluppano lo stesso moltiplicatore, pur rimanendo sotto il livello medio di certe prestazioni di base].
Se ci si domanda perché l’insuccesso scolastico è così alto e tende ad aumentare avanzando nei livelli di studio, la risposta non è biologica, ma psicologica. La scuola impone sempre più strettamente percorsi che costruiscono l’immagine dello studente, in particolare la valutazione [perseguita istericamente, come mostra l’introduzione degli INVALSI e di tutti i test che introducendo nella scuola l’ossessione della valutazione per rilevare gli apprendimenti ostacolano di fatto la loro acquisizione, NDR.], determinando il noto fenomeno dell’impotenza appresa [si veda l’ultima parte della lezione su L’apprendimento: storia, teoria, clinica], una sindrome psicologica che blocca i meccanismi neurobiologici dell’apprendimento, inceppandone le normali modalità di espressione. Si tratta dell’unico meccanismo capace di contrastare il normale funzionamento della funzione biologica.
Ciò in quanto l’apprendimento è ostacolato da una funzione biologica in conflitto con esso: la paura. L’impotenza appresa è dunque un meccanismo alimentato dalla paura, la paura di sbagliare che cresce insieme al senso di inadeguatezza che colpisce i “cattivi studenti” nel momento in cui [dimenticandoci che sono qui per apprendere, non per essere pesati e misurati ogni 3 minuti, NDR.] sono sottoposti a test.
Ridurre l’insuccesso scolastico e adottare strategie efficaci di potenziamento [il Ministro Profumo lo chiama empowerment, ma poi lo lega contraddittoriamente ai campionati dello “studente dell’anno”, si veda Giorgio Mascitelli, Le Olimpiadi a scuola], si lega perciò alla possibilità di costruire esperienze di benessere. Ne Il diritto di sbagliare (1978, 1982), Susan Harter ha descritto il principio di sfida ottimale, cioè un obiettivo scolastico che si collochi a debita distanza tra l’assenza di sfida (noia) e il suo eccesso (ansia) (flow cognitivo).
Costruire esperienze di flusso per i nostri studenti, vuol dire abbattere l’insuccesso scolastico, realizzare gli obiettivi scolastici e creare benessere: facilitare, infatti, non vuol dire “aiutare”. I ragazzi DSA devono poter raggiungere gli stessi obiettivi formativi dei loro compagni.
Per discuterne in classe
L’apprendimento, come ogni cambiamento qualitativo (o di struttura) è inconcepibile e sembra perciò impossibile, eppure avviene tutti i giorni.
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Tre sequenze dal film Kung Fu Panda:
1. da 25:48 a 29:52 il senso di inadeguatezza e la sfiducia: “come farà il maestro a trasformarmi in un guerriero Kung Fu?”; il maestro: “ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono, per questo si chiama presente”.
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2. da 40:07 a 43:46 lo sguardo del maestro condiziona l’allievo (“il dovere del maestro: crederci”);
3. da 46:20 a 48:15 diventare un altro (l’apprendimento è impossibile, eppure avviene tutti i giorni).
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