Con Marx ed Engels, la filosofia europea arriva a una nuova definizione dell’umano: noi siamo non solo il risultato delle esperienze e degli stimoli che abbiamo ricevuto, ma anche i creatori e produttori di queste esperienze e stimoli, dunque l’uomo è creatore di se stesso.
Di qui la spiegazione della storia, dei valori, dello spirito dei tempi che cambia in funzione delle scelte e dello sguardo degli uomini che costruiscono le condizioni di esperienza delle generazioni successive.
Gli idealisti tedeschi arrivano, con Feuerbach a concepire la coscienza umana come un prodotto delle condizioni in cui singoli e collettività vivono, cioè come un prodotto della loro esistenza.
Marx oltrepassa questa prospettiva per indicare l’uomo come l’essere che trasforma il mondo ed è egli stesso il prodotto della propria creazione (cioè delle trasformazioni operate dalle generazioni precedenti).
Non c’è quindi una natura umana, se volessimo indicarla troveremmo infatti che l’unica essenza dell’uomo è l’assenza di una natura, cioè la mancanza di un modo universale e innato di rapportarsi all’ambiente e ai viventi che è invece propria di tutti gli animali – tranne l’uomo, appunto.
La tesi materialistica della storia, elsborata da Marx ed Engels, parte dal fatto che per vivere, gli uomini devono soddisfare i loro bisogni primari, dunque la produzione di mezzi di sussistenza è l’attività primaria, la prima «azione storica» e specificamente umana.
Essa è già una forma determinata di rapporto con la natura, cioè un modo di vita che definisce ciò che gli uomini, entro quel determinato modo di produzione, sono.
La coscienza nasce dalla relazione con altri individui: è dunque un prodotto sociale che si sviluppa in relazione allo sviluppo dei mezzi di produzione, cioè della popolazione, della produttività, della cooperazione, in una parola, dello sviluppo delle «forze produttive». Un ruolo fondamentale in questo sviluppo è giocato dalla divisione del lavoro e dalla proprietà privata.
Delineando questa sorta di “storia originaria” della società e della coscienza, Marx ed Engels forniscono un’interpretazione delle relazioni esistenti in ogni situazione determinata.
L’indicazione metodologica fondamentale è che la totalità dell’essere sociale va indagata a partire dalla sfera della vita produttiva. Contro Feuerbach e l’idealismo ingenuo affermano, quindi, che
non è la coscienza che determina la vita, ma è la vita che determina la coscienza.
Si tratta del rovesciamento del modo idealistico di concepire la storia.
La coscienza è dunque intessuta di materia [non si può non sottolineare l’importanza fondativa di questa tesi – enunciata nel modo più sintetico e preciso da Marx nella sesta tesi su Feuerbach – per le scienze sociali. Si veda, ad esempio, l’applicazione fattane in psicologia da Vygotskij e in sociologia da Bourdieu], negarlo è produrre ideologia.
Ideologia è infatti ogni forma di rappresentazione teorica inconsapevole o volutamente dimentica della propria condizionatezza storico-materiale. L’ideologia separa le idee dalle loro radici materiali, rendendo arbitrariamente autonomi, e (dunque) universali, valori, concezioni del mondo e idee che nascono invece dall’intreccio con una condizione storicamente determinata.
Questo atteggiamento teorico risponde a una funzione ben precisa: in ogni epoca corrisponde all’esigenza della classe dominante di presentare come naturali e universali i valori che le sono propri [si veda :
le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante.
Nello scritto più tardo Per la critica dell’economia politica (1859, lo scritto è anche noto come Grundrisse), Marx userà il termine di struttura per indicare l’insieme dei rapporti di produzione esistenti nella società, sostenendo che tale struttura costituisce
la base reale sulla quale si eleva la sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate di coscienza sociale.
E’ sul piano della struttura che agisce infatti la contraddizione fondamentale che produce il divenire storico, cioè il conflitto tra forze produttive e rapporti di produzione.
Da un lato, le forme artistiche, giuridiche, filosofiche, religiose, ossia le forme ideologiche sono condizionate dai rapporti di produzione e dal conflitto in essi esistente, dall’altro sono queste stesse forme ideologiche «che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo».
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