L’influente dottrina del personalismo e l’antimodernismo del cattolicesimo fine ottocentesco.
Indice
1. La reazione cattolica all’attivismo pedagogico
2. Il personalismo di Jacques Maritain
2.1 Antropologia personalistica e fine dell’educazione [tratto da L’educazione della persona, 1959]
2.2 Simulazione di seconda prova su Maritain
1. La reazione cattolica all’attivismo pedagogico
Il mondo cattolico ha guardato con sospetto e distanza alle innovazioni dell’attivismo pedagogico, nella convinzione che la scuola nuova mettesse in discussione l’educazione cristiana.
La principale obiezione mossa dai filosofi cattolici all’attivismo, consiste nel rilievo che l’uomo non è solo natura istintiva e sensibile, ma anche spirituale e razionale e che il suo destino non è solo di ordine sociale, ma anche personale e religioso.
Per questo, secondo lo svizzero Eugène Dévaud, la vera scuola attiva è quella che considera tutto l’uomo, inclusi gli aspetti spirituali e religiosi, ed è perciò quella ispirata all’umanesimo cristiano, il solo in grado di indicare il senso all’esperienza umana.
Dopo averne esaminato metodi e finalità, Dévaud polemizza duramente con la scuola proposta da Claparède e Ferrière, a suo avviso, apparentemente ottimistica, ma in realtà profondamente pessimistica circa la possibilità di un’educazione che oltrepassi la semplice meccanicità di interessi e bisogni e per questo antitetica alla scuola cattolica tradizionale che richiama l’allievo all’amore per il sapere, quale mezzo per raggiungere fini spirituali più alti.
Non basta dichiarare che il fanciullo deve essere attivo, bisogna indicargli chiaramente lo scopo della sua attività e qual è il bene per il quale vale la pena di agire, sforzarsi, perseverare […] Nella scuola il maestro è l’organo per il quale la verità è trasmessa alla comunità degli scolari. In ciò la scuola è tradizionale. Gli scolari ricevono la verità e sotto questo aspetto sono passivi. Ma essi se ne appropriano con un movimento attivo della loro intelligenza, si esercitano in modo attivo a conformarvisi in classe e fuori di classe.
Tutta la saggezza dell’allievo consiste nel seguire il maestro che insegna, seguirlo con attenzione, applicazione, docilità, tutta la saggezza del maestro consiste nell’insegnare con autorità, determinando materie, metodi, esercizi [Per una scuola attiva secondo l’ordine cristiano, 1934].
Educare, così come aprirsi all’intelligenza, è infatti, per Dévaud, sottomettersi alla verità:
Vi è un ordine cristiano, cioè un metodo cristiano per l’educazione dell’intelligenza. L’intelligenza è l’attività che ci fa conoscere il vero. Noi formiamo, cioè educhiamo, la nostra intelligenza esercitandola a conoscere ciò che è, a sottomettersi alla verità, sia questa naturale o soprannaturale [Ibidem].
Per comprendere la temperie culturale in cui si muove la reazione cattolica all’attivismo, occorre tenere presente l’enciclica Divini illius magistri emanata da Pio XI nel 1929, nella quale si afferma che poiché nell’uomo permangono gli effetti del peccato originale
«particolarmente l’indebolimento della volontà e le tendenze disordinate»,
sin dalla più tenera infanzia si deve illuminare l’intelletto e fortificare la volontà con le verità soprannaturali e i mezzi della grazia.
Poiché l’insegnamento, come ogni altra azione umana, è in relazione necessaria con il fine ultimo dell’uomo, l’educazione non può sottrarsi alle norme della legge divina, di cui è «custode, interprete e maestra infallibile, la Chiesa». Ogni insegnamento deve avere perciò come oggetto la verità e come ispirazione il magistero della Chiesa.
Alla luce di queste tesi, i filosofi cattolici oppongono al “naturalismo” dell’attivismo laico, la visione educativa di Tommaso d’Aquino, per il quale le qualità “in potenza” dell’allievo sono attualizzate dal maestro che possiede l’intera scienza a cui deve avviare il discepolo.
2. Il personalismo di Jacques Maritain
Jacques Maritain era nato a Parigi da una famiglia protestante di tradizione liberale. Convertitosi al cattolicesimo, il filosofo assume una posizione antimoderna che vagheggia il ritorno all’integralità dell’esperienza umana spezzata con la fine dell’età medievale.
La cultura moderna è infatti permeata dalla logica della separazione e della parzialità: Lutero separa la teologia dalla filosofia; Machiavelli la politica dalla morale. Cartesio, una volta introdotto il dubbio, trova la sola certezza dell’io, e separa la res cogitans dalla res extensa, il pensiero dalla natura. Rousseau, viceversa, oppone la spontaneità naturale al primato della ragione, della cultura e della società. L’idealismo assolutizza l’Io, fino ad identificarlo con tutta la realtà; il positivismo con le sue pretese scientiste, all’opposto, riconduce tutta la realtà alla sola natura, mentre la metafisica si eclissa, e con essa la teologia e la trascendenza di Dio.
Se la modernità ha frantumato l’immagine dell’uomo, per uscire dalla crisi della modernità occorre ancorarsi all’ultimo grande sistema di pensiero organico costituito dal tomismo come punto di riferimento per ritrovare i fondamenti dell’etica, della politica e dell’educazione.
Da Tommaso, Maritain trae l’idea della persona umana come entità ontologica – cioè realtà avente valore in sé, indipendentemente dalla natura, dalla società o dallo Stato – che trae la sua consistenza dal rapporto con l’Assoluto, con Dio.
Il recupero della metafisica e della teologia è dunque condizione del recupero del valore della persona e, dunque, della rifondazione di un ordine sociale modellato sulla dignità dell’uomo.
Per Maritain, dunque, l’educazione contemporanea è parziale, perché ha smarrito il senso dell’integralità umana.
Il filosofo individua al riguardo, infatti sette errori, di cui i principali sono il disconoscimento dei fini, la sostituzione di un’idea materialistica dell’uomo all’idea di persona, il pragmatismo (l’azione è valutata di per sé), il sociologismo (la persona è concepita in funzione della società), l’intellettualismo (all’educazione integrale della persona se ne contrappone una specialistica).
Occorre invece una pedagogia nuova che sappia ispirarsi a un nuovo umanesimo che superi l’antropocentrismo dell’homo faber a favore di un umanesimo teocentrico nel quale il riferimento a Dio non comporta annullamento, ma realizzazione dell’uomo.
Mezzi, metodi, programmi, tecniche educative sono importanti ma secondari rispetto all’obiettivo di insegnare la verità di cui è testimone l’educatore. L’educazione che si lega a questa visione deve sviluppare il senso di responsabilità e degli umani doveri, l’esercizio dell’autorità per il bene generale, il rispetto dell’umanità in ogni persona individuale.
L’educazione morale si pone così in antitesi all’agnosticismo educativo: secondo Maritain, ogni stato ha il dovere di educare i suoi cittadini ai valori delle comunità su cui si regge, ma questi valori devono essere filtrati attraverso le diverse comunità e fedi che lo costituiscono.
Un’educazione pluralista non è perciò un’educazione agnostica, ma un’educazione che permette ad ogni comunità religiosa di trasmettere i valori comuni, attraverso il particolare messaggio che la contraddistingue. L’individuo non è infatti libero, ma deve divenirlo attraverso l’educazione e ciò non è possibile se non è prima posto davanti alla fede che potrebbe scegliere. Ogni individuo deve conoscere la religione per poter scegliere, se vuole, l’agnosticismo.
2.1 Antropologia personalistica e fine dell’educazione
È chiaro che il fine primario dell’educazione è determinato dalla natura umana. La domanda: «Che cosa è l’uomo?» è il preambolo inevitabile di ogni filosofia dell’educazione. Essa ha due implicazioni: una filosofica o «ontologica», riguardante la natura umana considerata nel suo essere essenziale, l’altra scientifica o «fenomenologica», riguardante la natura umana considerata nei suoi caratteri fenomenici, che sono oggetto d’indagine delle moderne scienze di osservazione e di calcolo. Queste due implicazioni non sono per nulla incompatibili; esse si completano reciprocamente.
Quanto alla dimensione «naturale», la scienza, e specialmente la psicologia empirica, ci fornisce preziosi elementi in numero sempre maggiore, di cui il nostro modo pratico di avvicinare il fanciullo e la gioventù deve approfittare. Ma da se stessa, essa non può fornirci, in materia di educazione, né i fondamenti primi né gli orientamenti primi: questo perché l’educazione ha bisogno di conoscere, prima di tutto, che cosa l’uomo è, quali sono i principi costitutivi del suo essere, qual è il suo posto e il suo valore nel mondo, qual è il suo destino. Queste cose riguardano la conoscenza filosofica dell’uomo, inclusi i dati relativi alla sua condizione esistenziale.
L’idea tomista dell’uomo coincide con l’idea greca, ebraica e cristiana: è quella di un uomo come animale dotato di ragione, la cui suprema dignità consiste nell’intelligenza; di un uomo come libero individuo in relazione personale con Dio, la cui suprema virtù consiste nell’obbedire volontariamente alla legge di Dio; di un uomo come creatura peccatrice e ferita, chiamata alla vita divina e alla liberazione apportata dalla grazia, la cui suprema perfezione consiste nell’amore. [Maritain fa propria l’idea tomista dell’uomo che, a suo giudizio, riconduce a sintesi l’idea greca, ebraica e cristiana della persona umana. Dell’idea greca fa propria la concezione dell’uomo come animale razionale, come essere naturale e razionale; dell’idea ebraica accoglie il rapporto dell’uomo con Dio, come relazione che si istituisce nella storia; dell’idea cristiana, infine, condivide l’idea dei limiti (caduta) e delle possibilità (grazia) in ordine alla salvezza. Un’educazione realisticamente critica dell’uomo deve pertanto, secondo Maritain, essere umanistica e cristiana. L’umanesimo integrale è veramente tale se non si ferma all’umanesimo classico, ma se integra quest’ultimo con le acquisizioni del pensiero ebraico e cristiano. NDR].
Nello stesso tempo, la filosofia tomista insiste sulla profonda unità psicofisica dell’essere umano (sostanza unica composta di materia e di una «forma» spirituale), ed insiste inoltre sulla nozione di personalità umana. L’uomo è infine una persona, che si possiede da se stessa con la propria intelligenza e la propria volontà. L’uomo non esiste semplicemente come essere di natura. Egli ha in sé un’esistenza più ricca e più nobile: la sovraesistenza spirituale di conoscenza e di amore. Mediante l’amore, può liberamente donare se stesso agli esseri, che sono per lui in qualche modo degli altri se stesso. E queste specie di relazioni non hanno un equivalente nel mondo della natura.
L’uomo si evolve nella storia. Tuttavia la sua natura come tale, il suo posto e il suo valore nel cosmo, la sua dignità, i suoi diritti, le sue aspirazioni come persona e il suo destino davanti a Dio non cambiano. Di conseguenza, i fini secondari dell’educazione devono adattarsi alle condizioni mutevoli delle successive epoche storiche; ma per ciò che concerne il fine primario e l’intrinseca azione regolatrice da esso esercitata sui fini secondari, è una pura illusione parlare di una continua revisione dei fini dell’educazione [J. Maritain, L’educazione della persona, 1959].
Esercitazione per la seconda prova
All’origine della concezione educativa di Maritain si trova la domanda “Che cos’è l’uomo?”.
«Essa è il preambolo inevitabile di ogni filosofia dell’educazione [e] ha due implicazioni: l’una filosofica o “ontologica”, riguardante la natura umana considerata nel suo essere essenziale, l’altra scientifica o “fenomenologica”, riguardante la natura umana considerata nei suoi caratteri fenomenici, che sono oggetto d’indagine delle moderne scienze di osservazione e di calcolo. Queste due implicazioni non sono per nulla incompatibili, esse si completano vicendevolmente». [Jacques Maritain, L’educazione della persona, 1959]
Dopo avere ripreso gli argomenti fondamentali della critica che il filosofo e pedagogista francese Jacques Maritain rivolge alla società moderna, descrivi i principi che sono alla base del suo umanesimo integrale in vista di una “conoscenza orientata verso la sapienza”.
Chiarisci poi i seguenti concetti:
– il ruolo che, per il filosofo francese, hanno le scienze osservative nella pratica educativa;
– il concetto di persona
– il ruolo della religione nell’educazione.
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