Erudito di fama internazionale, linguista ed esponente della comunità protestante dei Fratelli Boemi, Jan Amos Komensky (1592-1670) è l’ultimo erede dell’umanesimo e della riforma protestante e il primo pedagogista moderno.
Nel suo pensiero, riforma politica e riforma dell’educazione non possono essere separati e il diritto dei poveri e delle donne a sviluppare pienamente la propria personalità attraverso l’istruzione è ricavato direttamente dalla natura spirituale di un’umanità fatta «a immagine e somiglianza di Dio» (Genesi).
Enorme è quindi la distanza di Comenio dalla prima teorizzazione del diritto dei poveri alla scuola che Lutero concepiva semplicemente come via per la salvezza dell’anima (1517), ma anche da quella posteriore di Condorcet per il quale «la società deve al popolo un’istruzione pubblica come mezzo per rendere effettiva l’eguaglianza dei diritti» (1791).
Comenio resta, infatti, ancorato alla visione premoderna di un ordine armonico di diritto divino nel quale si legittimano le diseguaglianze tra gli uomini e in cui i poveri, una volta istruiti «saprebbero ben restare al loro posto».
Indice
1. Pampedia: riforma religiosa e riforma sociale
2. Il disegno di rinnovamento sociale dei Fratelli Boemi
3. L’umanità decaduta e la via della salvezza da operare «coi nostri mezzi»
4. Pansophia: insegnare tutto a tutti
5. Il metodo: la Didactica magna
6. Per una didattica conforme alla natura
7. Educazione ed emancipazione umana
La playlist di pedagogia moderna
1. Pampedia: riforma religiosa e riforma sociale
La dottrina materialistica che gli uomini sono prodotti dell’ambiente e dell’educazione,
e che pertanto uomini mutati sono prodotti di un altro ambiente e di una mutata educazione,
dimentica che sono proprio gli uomini che modificano l’ambiente e che l’educatore stesso deve essere educato […].
Essa perciò giunge necessariamente a scindere la società in due parti,
una delle quali sta al di sopra della società (per esempio in Robert Owen).
La coincidenza nel variare dell’ambiente e dell’attività umana
può essere concepita e compresa razionalmente solo come pratica rivoluzionaria.
Karl Marx, Terza tesi su Feuerbach
Il pensiero educativo di Comenio non può essere compreso al di fuori delle esigenze di rinnovamento sociale enunciate nella grande opera incompiuta Consultazione universale sulla riforma degli affari umani (De rerum humanarum emendatione consultatio catholica, scritta forse nel 1656) nella quale il filosofo espone il convincimento del legame profondo tra la riforma dell’educazione e la riforma politica della Chiesa e degli stati.
Nella parte pedagogica della Consultazione dal titolo Pampaedia – l’unico dei sette capitoli progettati che l’autore scrisse – Comenio sostiene che «tutta la vita è scuola» e che se si vuole elevare la vita dell’uomo alla sua dignità di essere razionale e capace di scelta, bisogna chiamare i tre grandi ambiti della conoscenza (scuola), della religione (chiesa) e della politica (stati) a una riflessione comune per
riformare tutte le cose insieme.
Non è possibile infatti, perseguire astrattamente il perfezionamento morale degli individui, senza creare le condizioni generali per una vita pienamente umana e volta a Dio.
2. Il disegno di rinnovamento sociale dei Fratelli Boemi
In ciò, Comenio riflette la spiritualità dei Fratelli Boemi – inizialmente, Fratelli della Legge di Cristo – che si sentivano impegnati in un progetto di rigenerazione religiosa della società boema attraverso la riappropriazione della lingua e della cultura nazionale.
Essi riconoscevano infatti nella tradizione nazionale ceca, inaugurata da Jan Hus, l’elaborazione di un cristianesimo autentico al quale intendevano ispirare l’intera vita sociale.
La concretezza del progetto politico-religioso di questa comunità protestante appare così come la diretta prosecuzione dei fermenti nazionalistici e di riforma religiosa che in Boemia e nell’Europa del nord avevano almeno due secoli di storia.
Il brano seguente, tratto dalla Storia moderna e contemporanea di Adriano Prosperi, ne offre una suggestiva presentazione:
Cacciare i mercanti dal tempio, imporre a chi voleva dirsi cristiano la regola della povertà e della fraternità, condizionare l’annuncio evangelico alla rigorosità morale e alla purezza di costumi, diventarono un’esigenza agli occhi dei diseredati per i quali l’ascesa nel potere e nelle ricchezze degli ecclesiastici era intollerabile […].
L’elemento comune di questi movimenti era la lettura e l’interpretazione personale della Bibbia: sottratta all’esegesi degli uomini di Chiesa, la pagina sacra svelava una radicalità rivoluzionaria e una sorprendente capacità di dettare regole del vivere sociale alternative rispetto a quelle vigenti.
La repressione più dura colpiva i nuovi contestatori dell’ordine esistente. Il potere ecclesiastico impartiva i precetti della sopportazione obbediente e scomunicava quelli che parlavano o scrivevano diversamente. Erano gli «eretici». Sul rogo finì un teologo boemo, Jan Hus che avava fatto della lettura della Bibbia in volgare e della rinascita dell’identità nazionale ceca la sua bandiera […].
[Dopo la morte di Hus], i maestri dell’università di Praga, antichi colleghi del predicatore, si misero alla testa di un movimento di rivolta.
Scelsero come simbolo il calice: un simbolo egualitario, perché nel rito eucaristico il calice era riservato al clero, mentre ora lo si estendeva a tutti i fedeli. […] Si trattava di un’uguaglianza simbolica, pronta a diventare il segno della rivendicazione dell’uguaglianza sociale.
La maggioranza popolare del movimento chiedeva il diritto dei laici a ricevere il sacramento della Comunione sotto le due specie del pane e del vino (sub utraque specie). […] Una parte del movimento utraquista fondò una cittadella fortificata alla quale diede il nome biblico di Tabor, dove fu abolita la proprietà privata, riformato il rito religioso – si impartiva la comunione sotto le due specie, non si diceva messa ma si leggeva il Vangelo, si cantavano inni, tutti si chiamavano “fratelli” e “sorelle” ed aspettavano la discesa di Cristo – e data accoglienza ai poveri di tutta la Boemia che ne facevano richiesta.
L’esperienza fu schiacciata nel sangue nel 1420 da una fazione conservatrice degli stessi hussiti, ma le idee dei taboriti confluirono nel nuovo movimento radicale dei Fratelli Boemi che sostenevano le stesse tesi in materia di sacramenti, predicavano in volgare e si rifiutavano di riconoscere le autorità statali, oltre a chiedere l’esproprio dei beni degli ecclesiastici e pene esemplari per i religiosi che si macchiavano di peccato mortale.
[…] Intanto anche la tendenza moderata si muoveva verso la creazione di una propria Chiesa con una patrimonio di dottrine diverso da quello del resto d’Europa. Lunghe e laboriose trattative mantennero aperta la questione per tutto il quattrocento. Ma intanto la Boemia e la Moravia erano diventati luoghi dove le diverse interpretazioni del cristianesimo convivevano ed erano tollerate, dove si diffondevano scritti di propaganda e articoli di fede diversi dal resto d’Europa. Tutto questo ebbe il suo peso quando anche il mondo tedesco conobbe la grande fiammata riformatrice di Lutero [Storia moderna e contemporanea, I, Torino, Einaudi, 2000, pp. 64-68].
3. L’umanità decaduta e la via della salvezza da operare «coi nostri mezzi»
I Fratelli Boemi rintracciavano nelle Scritture l’idea che la condizione terrena degli uomini dovesse rifletterne la dignità di creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio. Ovunque, però, tale principio era disatteso e gli uomini versavano in una condizione di abbrutimento che ne sovvertiva la natura spirituale:
In noi e nelle nostre cose, cos’è nel modo e nel luogo dovuto? Tutte le cose, rovesciate e confuse, o sono a terra o stanno andando in rovina. Al posto dell’intelligenza con la quale avremmo dovuto eguagliare gli Angeli, nei più c’è una tale stupidità, da ignorare – come le bestie – le cose più necessarie da conoscere. Al posto della sapienza celeste, per la quale ci era concesso conoscere […] c’è un allontanamento turpissimo da quel Dio in cui viviamo, ci muoviamo, siamo [Didactica magna].
Per Comenio, che visse la crisi drammatica della guerra dei Trent’anni – una guerra di distruzione e di miseria prolungata, con riflessi durissimi sulla Boemia e sull’Europa del Nord che persero quasi metà della popolazione – il mondo presentava il totale sovvertimento della forma di vita in cui credeva:
Al posto del reciproco amore e candore, reciproci odii e inimicizie, guerre, stragi. Al posto della giustizia, iniquità, ingiurie, oppressione, furti, rapine. Al posto della castità, impurità e oscenità nei pensieri, nelle parole, nelle opere. Al posto della semplicità e della verità, menzogne, frodi, inganni. Al posto dell’umiltà, superbia e odio reciproco [Did. magna].
Quando la Boemia divenne il principale teatro di questa devastazione (1620), Comenio era da alcuni anni uno dei capi dei Fratelli Boemi – nel 1612 era diventato il capo spirituale della comunità morava di Fulnek -, impegno che aveva assolto curando opere raffinatissime quanto accessibili sulla lingua, la storia e la cultura ceca – il Thesaurus Linguae Boemicae (1612), il Theahrum universitatis rerum e il Theatrum Scripturae – che rappresentano i suoi primi strumenti di una scuola di tutti e per tutti.
Con la sconfitta delle forze protestanti e la promulgazione dell’Atto di restaurazione (1627), gli asburgo dispersero la comunità ceca, imponendo l’abiura della fede protestante o l’esilio ed impegnandosi a cancellare ogni traccia dell’identità culturale boema – cioè dell’esperienza storica di una diversa forma di cristianesimo elaborata in condizioni di autonomia politica. Comenio lasciò quindi il paese e iniziò a stendere una Didactica ceca [1627]
per il momento del ritorno e della ricostruzione della patria.
I lunghi anni trascorsi all’estero, in viaggio permanente tra le corti d’Europa, impressero però una direzione diversa alle sue riflessioni che assunsero da quel momento in poi toni marcatamente universalistici, estendendosi oltre i limiti delle nazioni e delle appartenenze religiose.
Con questo spirito, nel 1632 iniziò la traduzione in latino della Didactica ceca per renderne possibile l’utilizzo a tutte le nazioni: nacque così la sua opera più celebre, la Didactica magna.
Nel 1648, la pace di Westfalia cancellò definitivamente le speranze di ricostruzione della nazione boema, mentre cresceva in Europa la notorietà del grande pedagogista e l’interesse verso il suo metodo innovativo per «insegnare tutto a tutti». Mentre si infittivano le sue audizioni presso le corti europee, Comenio intensificò perciò la ricerca sulla didattica che ripensò dai fondamenti, basandola sulla relazione tra parole e cose, sulla gradualità dell’insegnamento e sull’aderenza all’esperienza e all’interesse dei discenti.
4. Pansophia: insegnare tutto a tutti
Come creature di Dio, fatte a sua immagine e somiglianza, tutti gli uomini sono chiamati a tornare a Dio dopo aver realizzato compiutamente la propria umanità.
L’umanesimo teocentrico di Comenio si fa così portatore di un’istanza innovativa senza precedenti che introduce il principio del diritto all’educazione e si propone una scolarizzazione universale.
Comenio non si limita infatti a indicare nella salvezza dell’anima il fine educativo – aspetto che condivide con tutta la tradizione cristiana – e a vedere nell’alfabetizzazione popolare lo strumento fondamentale di questa salvezza (Lutero), ma va oltre, sostenendo il diritto di tutti gli uomini alla piena formazione della loro personalità.
Nella grandiosità del programma e nelle motivazioni politico-sociali che animano la riflessione di Comenio si può ancora leggere un’eco della vita buona aristotelica e l’idea che sia compito della città giusta realizzare le condizioni per il pieno sviluppo etico-razionale dei cittadini, ciò che Aristotele chiama cura di sé (compito che compare nelle moderne Costituzioni, come quella italiana, all’art. 3).
Agli albori della modernità, però, l’universalismo cristiano ha esteso virtualmente a tutti, senza distinzioni di genere e censo, lo statuto di uomini liberi che la polis greca riconosceva a un ristretto numero di proprietari autoctoni e ha fuso tale riconoscimento con un’idea di individuo che i greci non conobbero mai.
Nell’umanesimo di Comenio, perché gli uomini possano elevarsi all’altezza della loro natura spirituale è necessaria la conoscenza delle cose del mondo che dà concreti strumenti di osservazione dell’esperienza – rafforzando la pietà religiosa e il comportamento etico.
Ma il suo progetto di educazione integrale – nella quale l’educazione si fonde con l’istruzione – non aveva nulla in comune con la vecchia ed elitaria “scuola di latino” frequentata dagli aspiranti medici o dai futuri ecclesiastici: i funzionari dello stato. Comenio si propone perciò di riformarla integralmente, perché diventi una scuola che insegni a tutti a vivere:
Tutti – infatti – allo stesso modo, nobili e borghesi, ricchi e poveri, ragazzi e ragazze, in città e nelle campagne, sono da mandare a scuola.
Il filosofo enuncia così il grandioso progetto della pansophia, un’educazione integrale alla comprensione, alla parola e al retto comportamento (sapere, agere, loqui S.A.L., cioè conoscere, operare, esprimersi):
Noi bramiamo che tutti gli uomini siano pansofi e cioè 1) comprendano le articolazioni delle cose, dei pensieri, dei discorsi; 2) comprendano gli scopi di tutte le azioni, proprie e altrui, i mezzi e i modi per realizzarli; 3) sappiano distinguere nelle azioni – come anche nei pensieri e nelle parole – che si diffondono e si confondono – l’essenziale dall’accidentale, l’indifferente dal nocivo. E quindi rilevare le deviazioni proprie e altrui dei pensieri, dei discorsi e delle azioni e saper sempre e dovunque ritornare sulla buona strada […].
Sotto questa prospettiva, si può dare dunque di quella che noi vogliamo chiamare pampedia, un’altra e più specifica definizione: è la via spianata per far discendere la luce della pansofia nei pensieri, nei discorsi e nelle azioni degli uomini. Ovvero, è anche l‘arte di trapiantare la sapienza nelle menti, nelle lingue, nei cuori e nelle mani di tutti gli uomini. E, in riferimento a ciò, abbiamo dato ad essa sul frontespizio di questa consultazione un emblema tolto dall’arte di coltivare gli alberi: dove gli ortolani, staccando delle talee della pansofia, le interrano con le vive radici, desiderosi di riempire l’Orto di Dio, cioè il genere umano, di alberelli di simile natura [Consultazione universale sulla riforma degli affari umani].
La pampedia è dunque l’educazione universale, formale e informale, frutto di un ambiente umano rinnovato e giusto, nonché di una didattica all’altezza del compito: la pansofia, l’emancipazione universale attraverso la conoscenza.
E’ ormai tempo che dimostriamo che è opportuno insegnare nelle scuole tutto a tutti. Ma non bisogna prendere le parole nel senso che noi pretendiamo da parte di ognuno la conoscenza di tutte le scienze e le arti, e molto meno una conoscenza esatta e profonda. Ciò invero non è utile per la sua stessa natura, né è possibile ad alcuno se si considera la brevità della nostra vita. […] Ma vogliamo che imparino a osservare i principi fondamentali, i modi di essere, i fini di tutte le cose che sono e che accadono, tutti coloro che entrano nel mondo, per esservi non solo spettatori, ma anche attori.
Pertanto bisogna assolutamente e senza eccezioni adoperarsi perché nelle scuole e poi, per il beneficio arrecato dalle scuole a tutta la vita, 1) gli ingegni siano educati nelle scienze e nelle arti; 2) le lingue siano raffigurate; 3) i costumi siano indirizzati a compiuta onestà; 4) Dio sia sinceramente venerato.
Saggiamente parlò chi disse che le scuole sono officine di umanità, in quanto fan si che ciascuno diventi veramente uomo, cioè per riferirci agli scopi prima stabiliti: 1) creatura razionale; 2) creatura padrona delle cose create e anche di se stessa; 3) creatura delizia del suo Creatore. E ciò accadrà se le scuole si occuperanno di formare uomini saggi di mente, prudenti nelle azioni, pii di cuore.
La convenienza di ammettere nelle scuole in tutte le città, i borghi, i casali, non solo i figli dei ricchi e dei notabili, ma tutti ugualmente i fanciulli e le fanciulle, nobili o no, ricchi o poveri, è irrefragabilmente dimostrata dai seguenti argomenti.
In primo luogo, perché tutti quelli che sono nati uomini, sono nati con il medesimo fine principale, di essere uomini, ossia creature razionali, signori delle altre creature, immagini vere del Creatore. Bisogna perciò far progredire tutto a tal segno che possano, avvedutamente ammaestrati nel sapere, nella morale, nella religione, tracorrere utilmente la vita presente e preparare degnamente l’altra vita. Al cospetto di Dio non vi sono persone privilegiate, come attesta molte volte Egli stesso [Did. magna].
5. Il metodo: la Didactica magna
Il nome di didattica indica l’arte di insegnare.
Ad essa da qualche tempo rivolsero le loro cure uomini insigni
che ebbero pietà delle fatiche di Sisifo che nelle scuole si durano ..
Didactica magna
Per rendere la scuola adatta al nuovo compito, Comenio si accinge allora ad elaborare i fondamenti di un’arte dell’insegnamento, un’«arte delle arti», capace di rendere facile, gradevole ed efficace il processo di apprendimento: la Didactica Magna è il metodo universale per insegnare tutto a tutti e rendere gli individui protagonisti della loro esistenza.
Comenio accusa la scuola del suo tempo di verbalismo:
La scuola insegna le parole prima delle cose [ma] poiché le cose sono sostanza e le parole accidente, le cose il corpo e le parole l’ornamento, le cose il nocciolo e le parole il guscio, devono essere presentate all’intelletto prima le cose che sono oggetto sia dell’intelletto che del discorso.
L’accusa di verbalismo si sposa con quella di formalismo, per cui nelle scuole le leggi precedono l’esperienza, la grammatica la lingua, la forma il contenuto:
Anche nello studio della lingua si procede a rovescio, perché non si inizia da un autore o da un lessico bene illustrato, ma dalla grammatica, mentre [nella realtà dell’esperienza] sono gli autori e i lessici che danno la materia del discorso, cioè i vocaboli.
Comenio riflette sulla facilità con la quale la gente del popolo impara velocemente una o più lingue diverse dalla propria semplicemente parlandole, e confronta questa evidenza con la fatica dello studio del latino che avviene apparentemente nelle migliori condizioni di concentrazione da parte degli intelletti migliori:
Da dove può provenire – si chiede allora il pedagogista – questo dannato dispendio di tempo e di energie se non da vizio di metodo?
Un altro errore diffuso è l’enciclopedismo e lo mnemonismo connessi a un modo di insegnare faticosissimo e diffuso:
C’è una grande confusione che deriva dal voler ammassare tante cose insieme nella mente degli scolari […] chi non sa che nelle scuole di lettere quasi ogni ora cambia la materia delle lezioni e delle esercitazioni, e per tutto il giorno? E allora chiedo: cos’è confusione se non questo? Si faccia dunque in modo che anche nella scuola, come nella vita, gli alunni si dedichino in un dato tempo a una sola materia di studio.
Dopo essersi scagliato contro il malinteso enciclopedismo delle scuole, Comenio ne attacca il particolarismo, sia quello che affligge le singole discipline, sia quello che interessa i rapporti delle discipline tra loro:
Si insegnano male le scienze in modo particolareggiato, se non si premettono le linee più semplici o generali di tutta l’istruzione.
6. Per una didattica conforme alla natura
La pars destruens della Didactica magna precede l’enunciazione del metodo nella quale Comenio propone di sostituire l’enciclopedismo con una didattica di tipo «naturale», cioè conforme ai processi spontanei di apprendimento attraverso l’esperienza.
Il pedagogista suggerisce di attenersi ai principi di gradualità, ciclicità e globalità e introduce l’idea che l’efficacia dell’insegnamento poggi su una programmazione accurata dell’intera attività della scuola. L’enunciazione di tali principi appare di vertiginosa attualità: occorre insegnare solo ciò che è veramente importante e collegare gli argomenti tra loro; l’insegnamento deve essere graduale e ogni insegnamento deve essere radicato sul precedente. Devono essere usate tutte le descrizioni possibili e occorre fare continui esercizi.
[…] l’intelligenza delle cose inizia a poco a poco a scintillare, come il raggio luminoso dell’aurora che emerge dalle tenebre profonde della notte; poi, in tutta la vita, sempre di più aumenta la sua luce (se uno non si abbrutisce del tutto) fino alla morte. Egualmente le nostre azioni sono all’inizio deboli, inabili, rozze e confuse […] tutte le facoltà in un animo generoso tendono sempre più in alto, senza tuttavia raggiungere un termine ultimo. Infatti in questa vita non è possibile raggiungere alcun fine, né dei nostri desideri, né dei nostri sforzi.
Ovunque uno si volga, imparerà questo per esperienza. Se uno ama la potenza e la ricchezza, non troverà ove poter saziare la sua fame, anche se possiede l’universo mondo: il caso di Alessandro è esemplare. Se uno si abbandona ai piaceri, per quanto i sensi si immergano in fiumi di delizie, tutte le cose si consumano, e il desiderio si volge da un oggetto all’altro. Se uno applica il suo animo allo studio della sapienza, non arriverà mai fine: quanto più uno sa, tanto più comprende che gli mancano molte cose da sapere. Ben disse, quindi, Salomone che non si sazia, l’occhio di vedere, né l’orecchio di udire (Eccle. I,8). [Did. magna].
7. Educazione ed emancipazione umana
Alcuni passi della Didactica magna chiariscono la posizione pubblica di Comenio in relazione alle obiezioni di tipo politico che il progetto della pansophia senz’altro sollevava. Nei passi seguenti, il pedagogista rassicura quanti vedono nella diffusione universale del sapere il possibile tramonto di un ordine sociale basato sulla diseguaglianza, dichiarando le ragioni per le quali i poveri dovrebbero essere educati.
La convenienza d’ammettere alle scuole in tutte le città, i borghi, i casali, non solo i figli dei ricchi e dei notabili, ma tutti ugualmente i fanciulli e le fanciulle, nobili o no, ricchi o poveri è irrefragabilmente dimostrata dai seguenti argomenti:
In primo luogo perchè tutti quelli che sono nati uomini sono nati con il medesimo fine principale, di essere uomini, ossia creature razionali, signori delle altre creature, immagini vere del Creatore. Bisogna perciò far progredire tutto a tale segno che possano avvedutamente ammaestrati nel sapere, nella morale, nella religione, trascorrere utilmente la vita presente e preparare degnamente l’altra vita. Al cospetto di Dio non vi sono persone privilegiate, come attesta molte volte Egli stesso […].
Qualcuno forse mi chiederà che cosa avverrebbe ove divenissero persone istruite gli artigiani, i poveri contadini, i facchini e persino le donnicciole. Ebbene, io rispondo che avverrebbe questo: […] a nessuno verrebbe meno l’occasione di pensare, desiderare, ricercare il bene e anche farlo. Saprebbero tutti a che debbono mirare tutti gli atti e i desideri della vita; entro quali confini si debba procedere, in che modo ognuno debba stare al posto suo. Poi tutti anche in mezzo al lavoro si ricreerebbero […] con la continua lettura della Bibbia e di altri buoni libri a cui sarebbero tratti […] e imparerebbero, lo dico una volta per tutte, a vedere, lodare, onorare Dio ovunque, a trascorrere così più tempo serenamente in questa vita seminata di triboli e ad attendere la vita eterna con più brama e speranza.
Le parole di Comenio intorno alla capacità dell’educazione di fissare confini ai desideri di ognuno e far stare ognuno al suo posto fanno eco esplicitamente a quelle di John Wycliffe, il professore di Oxford – alle cui idee si era ispirato Jan Hus – che alla fine del ‘300 aveva infiammato la rivolta dei contadini inglesi sostenendo la necessità di riportare la Chiesa al modello della povertà evangelica, ma che davanti alla repressione dell’esercito di Riccardo II, aveva tentato di riprendere una posizione equidistante con lo scritto intitolato, significativamente, Dei servi e dei signori e come ognuno debba mantenere il suo posto (1381).
Nonostante le sue anticipazioni, la riflessione di Comenio resta quindi ancora contenuta nella visione premoderna di un ordine armonico di diritto divino nel quale si legittimano le diseguaglianze tra gli uomini. Dovrà trascorrere oltre un secolo, prima che l’alfabetizzazione popolare venga posta al servizio dell’eguaglianza:
La società deve al popolo un’istruzione pubblica come mezzo per rendere effettiva l’eguaglianza dei diritti.
E’ Condorcet a scriverlo nel 1791, nei Cinq mémoire sur l’instruction publique che aprono il dibattito sulla scuola della Rivoluzione francese.
Esercitazione
1. La Consultazione generale condensa nel principio della pampedia la visione propriamente politica della pedagogia di Comenio. Offrine una breve illustrazione in max dieci righe.
2. Spiega perché la storia del cristianesimo ceco e dei Fratelli Boemi è la chiave d’accesso alla comprensione della pampedia.
3. Illustra le radici teologiche dell’umanesimo comeniano e il loro legame con la pansofia.
4. Ilustra le differenze tra la concezione pedagica di Lutero e quella di Comenio.
5. Spiega perché la pansofia comeniana rappresenta una sintesi della concezione aristotelica della vita buona e dell’universalismo cristiano.
6. Spiega qual è l’obiettivo dell’educazione comeniana, cioè cosa significa per Comenio essere pansofi.
7. Spiega perché Comenio critica il verbalismo, il formalismo e l’enciclopedismo della didattica tradizionale e cosa propone al loro posto.
8. Spiega il significato della rassicurazione di Comenio a quanti temevano gli effetti egualitari dell’alfabetizzazione popolare e le ragioni per cui il pedagogista non riesce a vedere il legame tra scolarità universale e cambiamento sociale.
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