13 Agosto, 2019

Eleonora de Conciliis, Walter Benjamin. Capitalismo e religione

by gabriella

angelo benjaminianoTraggo dal portale di Kainos questo articolo sul frammento benjaminiano del “capitalismo divino” contenuto nell’edizione italiana delle Tesi sul concetto di storia (Einaudi, 1997, pp. 284-287).

Il bisogno e il lavoro, sollevati a[ll’]universalità,
formano… un immenso sistema di… dipendenza reciproca;
una vita del morto moventesi in sé.

Hegel, Filosofia dello Spirito jenese

Premessa

Da qualche anno in Italia gli studiosi hanno riscoperto, o meglio si sono accorti dell’esistenza di un frammento che Walter Benjamin scrisse con ogni probabilità nel 1921, e che è apparso in traduzione italiana nel 1997, insieme ai materiali preparatori per le celebri Tesi sul concetto di storia del 19401. Un po’ come è accaduto a queste ultime a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, una volta ripubblicato da Editori Riuniti in una nuova raccolta e con una nuova traduzione2, il frammento, cui si è deciso di dare il titolo Capitalismo come religione, è stato per così dire sur-interpretato, divenendo anche per i non specialisti del filosofo una sorta di vademecum teorico, se non profetico, attraverso cui ripensare l’attuale assetto dell’economia politica occidentale.

Si tratta di uno scritto scarno e talora criptico, poco più di un appunto esteso con le indicazioni dei testi di riferimento, com’era nello stile di Benjamin, e che sembra tuttavia prestarsi a un facile lavoro di decodifica concettuale, poiché rinvia, da un lato, a due pietre miliari del pensiero politico e sociologico moderno (Marx e Weber), dall’altro a due critici radicali della metafisica (Nietzsche e Freud), con la quale Benjamin, negli anni dieci e venti, intratteneva ancora rapporti assai stretti.

Il détournement di queste pagine dal loro specifico contesto teorico – cioè la loro estrapolazione rispetto al tentativo, compiuto da un giovane Benjamin ancora influenzato da Bloch e lettore di Schmitt (la Teologia politica è del ’22), di analizzare in termini originalmente politico-religiosi l’eclissi dell’escatologia giudaico-cristiana e la sua moderna metamorfosi nichilistica3 – ha portato gli interpreti a valorizzare quella che sembra essere la principale e geniale intuizione contenuta nel frammento e lanciata ai posteri con straordinario anticipo sui tempi, ovvero la descrizione del capitalismo come religione di puro culto, dunque senza contenuti trascendenti e senza dogmi, capace di parassitare il cristianesimo e di prenderne il posto, non attraverso una deriva (la secolarizzazione weberiana), bensì grazie a un’inquietante metamorfosi, come sintetizza efficacemente lo stesso Benjamin:

Il cristianesimo nell’età della Riforma non ha agevolato il sorgere del capitalismo, ma si è tramutato nel capitalismo.4

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2 Agosto, 2019

2 agosto 1980, La strage di Bologna

by gabriella

Il 2 agosto 1980, l’esplosione di una bomba nella sala d’aspetto della stazione di Bologna causa la morte di  85 persone e il ferimento di oltre 200. La strage raccontata in diretta su Tutta la città ne parla.

bologna 2ago

Ma per i giovani bolognesi sono state le BR o gli anarchici.

 

1 Agosto, 2019

Umberto Galimberti, Identità e libertà

by gabriella

Allora la prima cosa da tenere presente è che le risposte uccidono le domande le chiudono; non bisogna avere un’ansia di risposte, perché le risposte non sono mai le risposte che salvano le situazioni, bisogna invece incrementare le domande e incominciare per esempio a domandarsi “che cos’è l’identità”, oppure che cos’è l’io?

Quindi non è interessante dare dell’io una risposta, quello che si può dire è che l’identità non è una dote naturale, noi non nasciamo con un’identità sociale: l’identità ce la danno gli altri,l’identità è frutto del riconoscimento. 

Se una mamma dice al suo bambino “sei bravo” e la maestra gli dice “sei intelligente”, il bambino costruirà un’identità positiva, se la mamma gli dice “sei un cretino” e poi glielo ribadisce la maestra, crescerà con un’identità negativa.

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29 Luglio, 2019

Nicola Grandi, No, i nostri ragazzi non stanno diventando analfabeti

by gabriella

Il linguista bolognese commenta l’articolo di Silvia Ronchey sui risultati INVALSI 2019. Pubblicato da Open, 22 luglio 2019

Si dice che il modo migliore per non far conoscere agli altri i propri limiti sia quello di non cercare mai di superarli. Ciò dovrebbe valere soprattutto quando ci si inoltra in terreni con i quali non si ha particolare dimestichezza.

Di certo, l’articolo di Silvia Ronchey pubblicato su La Repubblica lo scorso 12 luglio non è ispirato alla saggia prudenza cui l’aforisma ci invita.

Lo spunto sono i risultati della rilevazione INVALSI 2019, da poco resi pubblici.

Già il titolo del pezzoI nostri ragazzi diventati analfabeti, è ingannevole, perché prefigura uno stadio precedente di piena e completa alfabetizzazione e un recente peggioramento degli indicatori. Gli argomenti che la Ronchey usa per interpretare la situazione (non i dati, che non vengono mai citati, se non sporadicamente) sono molteplici e spesso il nesso tra essi pare piuttosto labile se non azzardato.

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28 Luglio, 2019

Robespierre

by gabriella
Maximilien Robespierre

Maximilien Robespierre (1758 – 1794) Busto in terracotta modellato nel 1791 dallo scultore giacobino sordomuto Claude-André Deseine

Il 28 luglio 1794 saliva il patibolo Maximilien Robespierre. Cresciuto con il culto della repubblica romana e di Rousseau, arrestato e condotto ferito alla ghigliottina, il suo corpo fu gettato in una fossa comune del Cimetière des Errancis, con sorte opposta a quella del ginevrino le cui spoglie riposano al Panthéon tra i grandi di Francia.

Un estratto di Études sur Robespierre, il profilo che Albert Mathiez tracciò nel 1958, riaprendo il dibattito storico sull’incorrutibile e sul Terrore [Sul processo del re; La Costituzione del 24 giugno 1793].

In coda al testo il film La révolution française, realizzato per il bicentenario della rivoluzione con il patrocinio dei Ministeri della Difesa e della Cultura [sottitolato in inglese].

«La rivoluzione di un popolo di ricca spiritualità,
quale noi abbiamo veduto effettuarsi ai
nostri giorni, può riuscire o fallire;
essa può accumulare miseria e crudeltà tali
che un uomo benpensante, se anche potesse sperare
di intraprenderla con successo una seconda volta,
non si indurrebbe a tentare a tal prezzo l’esperimento;
questa rivoluzione, io dico,
trova però negli spiriti di tutti gli spettatori (che non sono in questo gioco coinvolti) una partecipazione d’aspirazioni
che rasenta l’entusiasmo, anche se la sua manifestazione non
andava disgiunta da pericolo, e che per conseguenza
non può avere altra causa che una
disposizione morale della specie umana».

Immanuel Kant, Il conflitto delle facoltà, 1798

«La solennità del suo portamento; l’autorità della parola sempre umile, anche se severa; il volto nobilmente alterato dall’abitudine alla meditazione e da una lunga pratica di vita; la fronte spaziosa, lo sguardo pensoso, il tratto fiero delle labbra abituate alla prudenza, tutto lo rendeva simile ai saggi dell’antica Grecia. Di loro aveva la virtù, la penetrazione, la bontà.
Persino la sua austerità era di una dolcezza infinita».

Louis Blanc

 

Indice

1. La giovinezza, il culto di Rousseau e la difesa dei diseredati
2. I discorsi d’eguaglianza

2.1 Contro l’eleggibilità per censo: Dal discorso sul marc d’argent, il testo d’imposta stabilito per l’eleggibilità
2.2 Contro i liberisti e gli accaparratori
2.3 La proprietà non è un diritto naturale
2.4 Il testamento politico
2.5 La fine

3. La Révolution Française

 

1. La giovinezza, il culto di Rousseau e la difesa dei diseredati

Nato ad Arras, nel dipartimento del Passo di Calais, il giovane Maxime poté studiare a Parigi, nel prestigioso collegio Louis-Le-Grand, grazie a una borsa di studio. Brillante negli studi, ebbe per compagni Camille Desmoulins, più giovane di lui di due anni, che gli fu amico fino ai tragici giorni della primavera 1794 e Louis-Marie Stanislas Fréron, ministro della repubblica, poi termidoriano e avversario dell’antico compagno di studi.

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26 Luglio, 2019

Le coincidenze

by gabriella

Oggi su Repubblica.it Gabriele Romagnoli commenta il significato attribuito alle coincidenze: dalla morte di Rutger Hauer avvenuta nello stesso anno del suo personaggio in Blade Runner, all’11 settembre. Ma dove risiede il senso? È nelle cose o nel nostro sguardo?

Si è sottolineato come una coincidenza significativa il fatto che l’attore Rutger Hauer sia morto nel 2019, lo stesso anno in cui nel film Blade Runner  moriva il suo personaggio più famoso. Ma Hauer aveva 75 anni, età presumibile per morire. Diverso sarebbe stato se ne avesse avuti 45 o 105.

Un vecchio articolo del New York Times Magazine sosteneva che le coincidenze sono come frecce che scocchiamo, poi disegniamo il bersaglio intorno al punto in cui si sono conficcate. Sono significative perché significano per noi. Come l’11 settembre, 11/9. 1+1+9= 11 e American Airlines 11 era il volo del primo aereo che colpì le Torri, avendo a bordo 92 persone (9+2=11) in quello che era il giorno dell’anno numero 254 (2+5+4 = 11). Basta cercare.

Che dipenda dalla nostra testa lo dimostra un esempio con le carte. A una mano di poker vi trovate servita la scala reale e pensate a un’incredibile coincidenza. Ma la scala reale ha le stesse probabilità di qualunque altra combinazione, di cinque scartine scompagnate. Solo che in quest’ultimo caso le guarderete con nessun interesse. Perché si è deciso che la scala reale vale tutto e cinque scartine scompagnate valgono zero.

Attenzione: si è deciso. E se qualcuno rovesciasse i valori? Non per coincidenza, è così che quel qualcuno prende il potere. Ma oggi è il 26/7/2019, la somma dei numeri nella data è 27, 2+7 dà il numero del destino 9, quello del liberatore.

 

17 Luglio, 2019

Elsa Morante su Mussolini

by gabriella

Elsa Morante (1912 – 1985)

Il commento di Elsa Morante all’annuncio della morte di Mussolini, il primo maggio 1945. Tratto dal diario della scrittrice, pubblicato postumo su «Paragone Letteratura» n. 456, n.s., n. 7, febbraio 1988.

Mussolini e la sua amante Clara Petacci sono stati fucilati insieme, dai partigiani del Nord Italia.

Non si hanno sulla loro morte e sulle circostanze antecedenti dei particolari di cui si possa essere sicuri. Così pure non si conoscono con precisione le colpe, violenze e delitti di cui Mussolini può essere ritenuto responsabile diretto o indiretto nell’alta Italia come capo della sua Repubblica di Sociale.

Per queste ragioni è difficile dare un giudizio imparziale su quest’ultimo evento con cui la vita del Duce ha fine.

Alcuni punti però sono sicuri e cioè: durante la sua carriera, Mussolini si macchiò più volte di delitti che, al cospetto di un popolo onesto e libero, gli avrebbe meritato, se non la morte, la vergogna, la condanna e la privazione di ogni autorità di governo (ma un popolo onesto e libero non avrebbe mai posto al governo un Mussolini). Fra tali delitti ricordiamo, per esempio: la soppressione della libertà, della giustizia e dei diritti costituzionali del popolo (1925), la uccisione di Matteotti (1924), l’aggressione all’Abissinia, riconosciuta dallo stesso Mussolini come consocia alla Società delle Nazioni, società cui l’Italia era legata da patti (1935), la privazione dei diritti civili degli Ebrei, cittadini italiani assolutamente pari a tutti gli altri fino a quel giorno (1938).

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1 Luglio, 2019

Georg Simmel, Excursus sullo straniero

by gabriella

Simmel (1858-1918) nel 1914

L’Excursus sullo straniero è un classico della sociologia dei gruppi elaborato da George Simmel, il più filosofo dei sociologi.

L’autore vi delinea un profilo in cui lo straniero è un membro del gruppo (ingroup) caratterizzato dalla non appartenenza (outgroup); è quindi l’incarnazione stessa dell’ambiguità, del limite, della frontiera.

Quale appartenente alla comunità, lo straniero è una figura del «terzo» che impedisce alla comunità di giocare il facile gioco della tautologia (A=A) identificandosi con il “dentro” e opponendosi al “fuori”; è qualcuno che rompe il sogno dell’omogeneità naturale di un Noi identico a stesso, ponendosi a cavallo tra l’amico e il nemico.

Il testo seguente, tradotto da Antonina M. Meta Galioto da G. Simmel, Soziologie. Untersuchungen rdie Formen der Vergesellschaftung, München-Leipzig, Duncker-Humblot, 1923, è tratto da Enrico Pozzi (a cura di), Lo straniero interno, Firenze, Ponte alle Grazie, 1993, pp. 25-29.

Se il migrare, come distacco da ogni punto spaziale dato, costituisce il termine di paragone rispetto al fissarsi in un tale punto, allora la definizione sociologica dello « straniero » rappresenta, per così dire, l’unità di tutte e due le definizioni – certamente rivelando anche qui che il rapporto verso lo spazio è solo, da una parte, la condizione mentre, dall’altra parte, è il simbolo dei rapporti verso le persone.

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1 Luglio, 2019

Claudio Magris, La speranza che ci rende umani

by gabriella

Tratto da Corriere.it.

La speranza — Elpìs — non gode buona stampa presso gli antichi greci e, in generale, nella cultura classica. È rimasta, secondo il mito, in fondo al vaso di Pandora, che lo scoperchia permettendo così ai mali che esso racchiudeva di riversarsi nel mondo. Pure in questa versione è una donna a introdurre il male; gli antichi greci non sono meno misogini degli antichi ebrei.

La speranza, Elpìs, rimane in fondo al vaso, modesta riserva in una cassetta di sicurezza nel caso di qualche guaio, ma inadeguata a fronteggiarlo quando esso arriva. È là in fondo, una rana che magari tenta invano di saltar fuori.

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1 Luglio, 2019

Enrico Pozzi, Lo straniero interno

by gabriella
straniera

Lo straniero interno

Introduzione a Lo straniero interno, a cura di Enrico Pozzi, Firenze, Ponte alle Grazie, 1993.

Nel celebre Excursus sullo straniero, Simmel introduce la figura dello «straniero interno» con la quale mostra l’ossimoro contenuto nel concetto stesso: lo straniero interno è, infatti, al tempo stesso straniero e interno al nostro gruppo.

Se fosse solo straniero, ci sarebbe, infatti, semplicemente estraneo. «[…] gli abitanti di Sirio […] non esistono affatto per noi, stanno al di là di ciò che è lontano e di ciò che è vicino».

Lo straniero interno non sta oltre il confine spaziale o esistenziale del noi, entra nella dialettica della vicinanza e della distanza, sta nel nostro spazio significativo, appartiene alla nostra comunità, ci è interno. Non perché, sempre straniero, vive concretamente tra noi. Ma perché condivide molto della nostra identità, dei nostri valori e delle nostre categorie cognitive. Abita il noi, e come noi.

Eppure rimane straniero. Qualcosa lo separa da noi, una differenza intorno ad un tratto costitutivo della nostra identità. Questa differenza fonda la sua identità per noi, e per se stesso. E’ una differenza abbastanza grande da avvicinarlo alla diversità dell’estraneo, e abbastanza contenuta da tenerlo di qua dai confini, nella identità del noi.

Lo straniero interno

«non è il viandante, che viene oggi e domani va, bensì come colui che oggi viene e domani rimane». 

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