29 Aprile, 2024

Breve storia della scuola italiana dall’unità ad oggi

by gabriella

Il testo seguente è elaborato a partire da M. Attinà, La scuola primaria. L’anima della tradizione, le forme della modernità [Milano, Mondadori, 2012, pp. 1-36].

 

Indice

1. La nascita della scuola italiana

1.1 Le leggi Casati e Coppino: lotta all’analfabetismo e formazione dei cittadini italiani
1.2 Le Istruzioni ai Programmi del 1888 di Aristide Gabelli
1.3 La Riforma Gentile del 1923

 

2. Dalla scuola elementare attivista (1955) a quella cognitivista (1985)

2.1 La scuola elementare dei programmi Ermini (1955-1985)
2.2 La scuola cognitivista del 1985
2.3 Speciale RAI, Registro di classe – Libro I 1900 – 1960

 

3. La stagione riformatrice degli anni ’60 e ’70

3.1 La scuola media unificata del 1962
3.2 La riforma del 1973 e i Decreti delegati
3.3 La legge 4 settembre 1977 n. 517
3.4 Il nuovi programmi per la Scuola Media del 1979

 

4. Gli anni 90 e l’autonomia scolastica

4.1 Le premesse culturali dell’autonomia
4.2 Le riforme Moratti e Gelmini

 

5. 150 anni di scuola italiana
6. La “Buona scuola” [in stesura]

6.1 Cronache dalla “Buona scuola”

 

 

1. La nascita della scuola italiana

1.1 Le Leggi Casati e Coppino: lotta all’analfabetismo e formazione dei cittadini italiani

Gabrio Casati (1798 – 1873)

La scuola elementare italiana nasce convenzionalmente con la legge Casati, promulgata nel Regno di Sardegna nel 1859 poi estesa al Regno d’Italia nel 1861, che disponeva l’obbligo di frequenza delle prime tre classi e si prefiggeva di assicurare a tutti gli italiani le conoscenze elementari del «leggere, scrivere e far di conto».

l battaglia per la piena scolarizzazione è condotta dalla successiva legge Coppino (1877) che affida la vigilanza ai provveditori agli studi e prosegue la lotta dello stato postunitario contro l’analfabetismo che nel 1861 interessava il 74% dei cittadini, e per migliorare la qualità, assai carente, dell’insegnamento magistrale.

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28 Aprile, 2024

L’educazione secondo Natalia Ginzburg

by gabriella

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Natalia Ginzburg (1916 – 1991)

 

 

L’educazione alle grandi virtù del coraggio, dell’abnegazione, del disprezzo del denaro, contro le piccole del successo, del cavarsela e dell’impegno scolastico. Tratto da Le piccole virtù.

Una sola cosa dobbiamo insegnare ai nostri figli,
ad amare la vita.

Al rendimento scolastico dei nostri figli, siamo soliti dare un’importanza che è del tutto infondata. E anche questo non è se non rispetto per la piccola virtù del successo. Dovrebbe bastarci che non restassero troppo indietro agli altri, che non si facessero bocciare agli esami; ma noi non ci accontentiamo di questo; vogliamo, da loro, il successo, vogliamo che diano delle soddisfazioni al nostro orgoglio.

Se vanno male a scuola, o semplicemente non così bene come noi pretendiamo, subito innalziamo fra loro e noi la bandiera del malcontento costante; prendiamo con loro il tono di voce imbronciato e piagnucoloso di chi lamenta un’offesa. Allora i nostri figli, tediati, s’allontanano da noi. Oppure li assecondiamo nelle loro proteste contro i maestri che non li hanno capiti, ci atteggiamo, insieme con loro, a vittime d’una ingiustizia. E ogni giorno gli correggiamo i compiti, anzi ci sediamo accanto a loro quando fanno i compiti, studiamo con loro le lezioni.

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25 Aprile, 2024

La Resistenza italiana

by gabriella

Ezio Giaccone, 26 anni, ucciso dai fascisti a Bologna nella battaglia dell’Università il 20 ottobre 1944

La guerra di liberazione italiana dal fascismo e dall’occupante nazista nasce dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e si conclude con le giornate dal 19 al 25 aprile 1945 nelle quali i partigiani proclamano l’insurrezione generale, liberando città, occupando fabbriche, prefetture, caserme, spesso entrando prima degli “alleati” nelle città presidiate da fascisti e tedeschi.

È stato un vasto fenomeno di ribellione popolare che ha unito persone di diversa estrazione sociale, ruolo, orientamento politico.

Resistettero reparti del regio esercito – dalla Divisione Aqui a Cefalonia ai 650.000 militari (IMI) che, fatti prigionieri dai tedeschi, preferirono la deportazione nei campi di sterminio all’adesione al fascismo e alla collaborazione con la Repubblica di Salò (morirono in 400.000) – disertarono e presero la via della montagna o difesero armati le cittàattaccando reparti tedeschi o carceri e questure fasciste – studenti, operai, maestri.

Morirono in cinquantamila, 75 anni fa.

Indice

1. Storia della Resistenza

1.1 La fame, la guerra, la fabbrica. Cultura popolare e antifascismo nel 1943
1.2 Gli eventi dal 19 al 30 aprile 1945

 

2. I partigiani

2.1 Storie e testimonianze dei partigiani di montagna
2.2 Le lettere dei condannati a morte della Resistenza

2.2.1 Ultima lettera di Luigi Rasario, da “Tra un’ora la nostra sorte”

2.3 Mirka e le altre
2.4 Zerocalcare, A Giovanni Prono, partigiano
2.5 I GAP e Via Rasella 
2.6 Italo Calvino, Oltre il ponte
2.7 IMI, la storia dei militari italiani internati nei lager nazisti
2.8 L’internamento degli ex-partigiani negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari

 

3. I caduti della Resistenza

3.1 Il massacro della Benedicta

 

4. Le stragi, la deportazione, i lager

4.1 I quindici di Piazzale Loreto
4.2 La Risiera di San Sabba. Lettera di Pino Robusti alla fidanzata
4.3 Le stragi nazifasciste

4.3.1 Umbria: 479 vittime in 181 stragi

4.4 I fascisti perugini nel 44

 

5. La liberazione

5.1 Adriano Prosperi, La mia liberazione
5.2 La differenza tra libertà e liberazione

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1. Storia della Resistenza

1.1 La fame, la guerra, la fabbrica. Cultura popolare e antifascismo nel 1943

Quando l’ingiustizia diventa legge,
la resistenza diventa dovere.

Bertold Brech

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25 Aprile, 2024

Fascisti a Perugia 1944-2012

by gabriella

Ho scritto questa memoria familiare in occasione dell’iniziativa commemorativa della marcia su Roma promossa dai fascisti perugini il 26-28 ottobre 2012.

 

I fascisti perugini commemorano la marcia su Roma

A novant’anni dall’avvenimento, l’Hotel Brufani ospita il convegno “Marciare su Roma”, un’iniziativa malamente rivestita di interesse storico e impudicamente dedicata all’apologia delle gesta degli squadristi.

La protesta che si è levata dalla città e dagli studenti, ha però infastidito i proprietari del lussuoso esercizio che, rammaricati di tanto clamore, hanno dichiarato all’Ansa:

«Siamo solo un albergo (fascista) che ospita un convegno (fascista)».

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25 Aprile, 2024

La Risiera di San Sabba

by gabriella

La Risiera di San Sabba è stato l’unico campo di concentramento con forno crematorio costruito in Italia, adibito agli interrogatori di polizia e allo smistamento dei prigionieri ebrei verso i campi di sterminio dell’Est. Nel reportage seguente, la storia del luogo e di Pino Robusti, una delle vittime politiche del campo.

 

Indice

1. La Risiera di San Sabba
2. La lettera di Pino Robusti alla fidanzata

 

1. La Risiera di San Sabba

una stellina rossa nascosta da un partigiano in una cella

La risiera costruita nel 1913 nel quartiere di San Sabba a Trieste per la pilatura del riso proveniente dall’Asia, divenne dapprima il Stalag 339 campo di prigionia per i militari italiani dopo l’8 settembre 1943, poi il Polizeihaftlager, il campo di detenzione di polizia, usato sia come campo di passaggio per gli ebrei da inviare poi allo sterminio in Germania e in Polonia (a Dachau, Auschwitz, Mauthausen) sia alla detenzione e eliminazione di ostaggi, militari, oppositori, politici partigiani, antifascisti, esponenti della resistenza italiana, slovena e croata.

Il campo di San Sabba è un campo di sterminio del dissenso, non necessariamente legato alla dottrina razziale nazista. Nelle celle si sono trovate migliaia di documenti d’identità, prelevati dall’esercito jugoslavo che entrò per primo nella Risiera e portate a Lubiana, dove sono conservate ancora oggi presso l’Archivio della Repubblica di Slovenia.

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25 Aprile, 2024

Mirka e le altre

by gabriella
paola garelli

Paola Garelli (1916 – 1944)

Le ultime parole di Paola Garelli alla figlia: «una sola cosa ti chiedo: studia per capire». Tratto da Aulablog.

La fortezza del Priamar

La fortezza del Priamar

Il 1 novembre 1944, un plotone d’esecuzione fascista esegue la condanna a morte di Giuseppe Baldassarre, Pietro Casari, Luigia Comatto, Franca Lanzone, Stefano Peluffo e Paola Garelli nel fossato della fortezza del Priamar di Savona.

Paola era una parrucchiera savonese di ventotto anni. Il suo nome in battaglia era Mirka, brigata S.A.P. Colombo, divisione partigiana “Gramsci”.
Aveva il compito di assicurare il collegamento e il rifornimento alle formazioni partigiane operanti nel territorio. Nella notte tra il 14 e il 15 ottobre, fu arrestata nella sua casa da un reparto delle Brigate Nere di Savona, portata nei locali della federazione fascista savonese e là interrogata e seviziata.
Prima di morire, scrisse alla sua bambina:
targa-partigiani-fortezza-priamarMimma cara,
la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre gli zii che t’allevano, amali come fossi io. Io sono tranquilla.
Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do loro.
Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio.
Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo. Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandoti.
La tua infelice mamma

 

Partigiana seviziata e uccisa da tedeschi a Po di Vigarolo (Rovigo)

25 Aprile, 2024

Raticosa, più forte dell’oblio e dell’odio

by gabriella
vandalismo alla cascina Raticosa

La targa commemorativa prima dell’asportazione – La sottrazione e l’oltraggio

La cascina Raticosa, rifugio e comando della V Brigata Garibaldi, è uno dei luoghi simbolo della lotta partigiana in Umbria.

Si trova tra Ponze e Cupoli, sulla strada di Cancelli e Acqua Santo Stefano, i villaggi di montagna tra Trevi e Foligno (PG) che subirono i rastrellamenti del febbraio 1944. Su quei viottoli, nella notte tra il 2 e il 3 febbraio, ventiquattro giovani partigiani furono catturati dai nazisti e inviati al campo di Mathausen, dal quale la gran parte non fece ritorno.

Qualche anno fa, qualcuno si era arrampicato fino alla cascina per tracciare una svastica sul muro del comando partigiano e rimuovere la targa che ne ricorda la storia. Il giorno dopo (3 marzo 2015), Enrico Angelini, uno dei combattenti scampati al massacro, è tornato a riparare l’offesa:

Spero che a oltraggiare questo luogo sia stato qualche giovane esaltato che magari ignora la nostra storia, e che faccia in tempo a ravvedersi.

Enrico Angelini alla cascina Raticosa

Al posto della targa portata via dai vandali, adesso c’è il fiore di Angelini. Dell’ignoranza della nostra storia dovremo occuparci noi.

fiore

 

La Resistenza italiana e il 25 aprile

La fame, la guerra, la fabbrica. Cultura popolare e antifascismo nel 1943

I fascisti perugini nel 1944

Ai quindici di Piazzale Loreto

La storia degli IMI, i militari italiani internati

Ultima lettera di Luigi Rasario: Tra un’ora la nostra sorte”

Risiera di San Sabba, Lettera di Pino Robusti alla fidanzata

Mirka

25 Aprile, 2024

L’internamento degli ex-partigiani negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari

by gabriella

dalla resistenza al manicomioLa chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari porta alla luce l’internamento di centinaia di ex-partigiani nell’Italia del dopoguerra. In Un’odissea partigiana. Dalla Resistenza al manicomio [Feltrinelli 2015], Mimmo Franzinelli e Nicola Graziano, uno scrittore e un magistrato, hanno raccontano gli atti del manicomio criminale di Aversa. Tratto da Carmilla.

Al termine del secondo conflitto mondiale, in quel periodo complesso che vede l’Italia transitare verso la democrazia, la magistratura processa centinaia di ex partigiani per reati commessi durante la lotta al nazifascismo e nell’immediato dopoguerra. Questa situazione contraddittoria è favorita dalla mancata epurazione fascista (magistrati, funzionari, poliziotti del passato regime non vengono rimossi dai loro incarichi) e condizionata dall’avvio di una nuova fase storica, la Guerra fredda, appena cominciata.

La fallita estromissione di personalità colluse con la dittatura consente un clima di rivalsa e di pregiudizio antiresistenziale, che si concretano nell’uso strumentale del dispositivo giuridico. In estrema sintesi, «il sistema giudiziario rimane quello forgiato nel Ventennio». Per tutelare gli antifascisti incriminati, gli avvocati della difesa ricorrono alla seminfermità mentale, suggerendo il manicomio come alternativa al carcere. L’accorgimento si rivelerà ben presto controproducente. Nel 1946, l’amnistia Togliatti, da cui la detenzione manicomiale è esclusa, genera uno scenario paradossale ma emblematico: la scarcerazione per i fascisti e l’esonero dall’indulto per i partigiani reclusi in manicomio. Riguardo poi l’applicazione dell’amnistia, fin da subito cifre e modalità parlano chiaro:

«Il 30 giugno 1946, a otto giorni dall’emanazione, l’amnistia Togliatti è stata applicata a 7106 fascisti e a 153 partigiani. La giustizia della neonata Repubblica italiana, con una mano rialza i collaborazionisti, con l’altra percuote i partigiani».

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24 Aprile, 2024

La storia degli IMI, i militari italiani internati nei lager nazisti

by gabriella

internati-militari-italianiI militari italiani internati (IMI) nei lager tedeschi furono 700.000.

Di loro, oltre 600.000 [tra cui mio nonno], davanti alla possibilità di aderire alla Repubblica di Salò ed essere liberati, rifiutarono, preferendo conservare la loro dignità di soldati, rigettare la guerra e respingere il fascismo, ora inquadrato con chiarezza nelle responsabilità condivise con l’alleato nazista.

Cinquantamila non tornarono.

Tra i novantamila che giurarono fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana, moltissimi rientrarono in patria per disertare e per formare bande partigiane. In Liguria, sul Monte Rosa, interi battaglioni erano composti di soli IMI.

Come racconta Luca Borzani [La guerra di mio padre, Genova, Il Nuovo Melangolo, 2013], si trattò di un fenomeno imponente che coinvolse quasi tre milioni di famiglie; un fenomeno, come osserva, Ercole Ongaro [Storia della Resistenza nonviolenta in Italia, Bologna, I libri di Emil, 2013] non compreso immediatamente dagli storici che, nel dopoguerra si concentrarono sui partigiani di montagna [al fine di difenderne la memoria, precocemente infangata].

Per capire chi erano bisogna leggere i due passi delle lettere ai familiari di Francesco Grasso e Giuseppe de Toni riferite da Ercole Ongaro.

Indice

1. Dall’intervista a Luca Borzani a Fahrenheit
2. Dall’intervista di Ercole Ongaro a Uomini e profeti

2.1 La lettera di Francesco Grasso
2.2 La lettera di Giuseppe de Toni

 

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23 Aprile, 2024

La paideia filosofica, Aristotele

by gabriella
Aristotele (

Aristotele (384 – 324 a. C.)

Gli fu domandato quanto differiscano gli educati dagli ineducati e la sua risposta fu: «Tanto quanto i vivi dai morti».

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi

1. La concezione dell’anima
2. L’educazione come sviluppo razionale: diventare ciò che si è
3. Educazione e felicità: la polis e la vita buona

3.1 La felicità
3.2 I fini dell’educazione: capacità di pensiero e cura di sé

3.2.1 La saggezza e l’aretè

 

1. La concezione dell’anima

La concezione dell’anima (psyché) di Aristotele è meno inquieta di quella platonica.

Lo stagirita non la concepisce infatti come il luogo di conflitto di tre “principi” in lotta fra loro – anima irascibile, concupiscibile, razionale – ma come una struttura assolutamente unitaria portatrice di funzioni armoniche, cosicché l’istinto non è dissociato dal pensiero e la sensazione non è staccata dalla volontà o dall’attività intellettuale.

Nel De Anima, il filosofo distingue un’anima nutritiva, cioè la capacità di svilupparsi, nutrirsi e riprodursi del mondo vegetale, un’anima sensitiva che identifica la capacità di sentire propria degli animali, e un’anima razionale, propria dell’uomo, che ne spiega l’attività di pensiero.

anima nutritiva

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anima sensitiva

Poiché ogni essere è per Aristotele sintesi (synolon) di materia e forma, l’individuo è concepito come un organismo composto di corpo e anima, realtà vivente.

L’anima è quindi «la forma di un corpo che ha la vita in potenza», cioè il principio di sviluppo di un individuo, immanente (cioè interno) all’individuo stesso. Ciò significa che per un greco l’anima non è un principio spirituale separato dal corpo, come la tradizione cristiana seguendo il platonismo di Agostino ha ritenuto, ma semplicemente la vita del corpo.

Il filosofo sottolinea che se nel mondo inorganico le cose diventano ciò che sono solo per causa esterna, nel mondo organico il principio di sviluppo e la causa di movimento (cioè il fattore che determina il passaggio dalla potenza all’atto) sono immanenti alla materia stessa: è la forma infatti ad essere causa dello sviluppo degli esseri viventi.

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