Rapporto Oxfam 2018
Più dell’80% della ricchezza prodotta tra marzo 2016 e marzo 2017 è finito in tasca all’1% più ricco della popolazione mondiale. Al 50% più povero, circa 3,7 miliardi di persone, non è arrivato nulla.
Sono solo alcuni dei dati pubblicati nell’ultimo rapporto dell’Oxfam, una confederazione internazionale di organizzazioni non profit, che mostrano come le disuguaglianze economiche e sociali si stiano ampliando nel nostro pianeta. Tratto da Repubblica.it.
Quattro passi nelle Scienze umane con l’esperimento Milgram
Ieri, durante l’open day del nostro Liceo, ci siamo intrattenuti con un gruppo di studenti e genitori sull’obbedienza all’autorità, uno dei temi della psicologia sociale, affrontato nel celebre esperimento di Stanley Milgram del 1961.
Nella lavagna virtuale sottostante i contenuti che abbiamo preso in considerazione: il testo della lezione, la videolezione, il video YouTube con l’esecuzione dei prigionieri, l’ultima lettera al figlio di Rudolf Hoess, il video in inglese con domande di comprensione e il test Kahoot finale.
Hans Eysenck, Leon Kamin, Il dibattito americano sull’intelligenza
Il dibattito su eredità e ambiente nella definizione delle caratteristiche umane è uno dei più sensibili e ricchi di implicazioni socio-politiche delle scienze sociali. Decidere se intelligenti si nasce o si diventa diventa infatti dirimente davanti a scelte fondamentali come quella di educare o meno i bambini con deficit cognitivo, potenziare le strutture educative e scolastiche o tagliare i costi, fissare l’accesso a posizioni e professioni per merito o promuovere forme più evolute di democrazia (secondo comma, art. 3). Il testo che segue è la prefazione stesa da Alberto Angela per presentare al pubblico l’accanito e pluriennale dibattito tra Hans Eysenck e Leon Kamin, due degli studiosi più noti per aver abbracciato in modo radicale le tesi della neuroscienza innatista e del costruttivismo umanista.
Se prendesse piede la convinzione che questi test misurano realmente l’intelligenza,
che costituiscono una sorta di giudizio ultimo sulle capacità del bambino, che rivelano «scientificamente» le sue abilità innate,
sarebbe mille volte meglio se tutti coloro che misurano l’intelligenza sprofondassero nel mar dei Sargassi con tutti i loro questionari.
Walter Lippmann, 1922
Raramente, nella storia della scienza, ricercatori e studiosi si sono scambiati tante accuse e insulti, come è avvenuto, e sta avvenendo oggi, nel dibattito eredità-ambiente. Conoscendo la tradizionale moderazione del linguaggio scientifico (anche se spesso le parole mascherano strali sottili e velenosi) può sorprendere il tono assunto da questa polemica: tuttavia non è difficile rendersi conto che la questione della componente genetica nell’intelligenza coinvolge, direttamente o indirettamente, tali e tanti aspetti sociali, etici, politici, che il dibattito travalica l’ambito scientifico.
Pablo Servigne, La collaborazione, l’altra legge della giungla
Pablo Servigne è un ingegnere agronomo e ricercatore francese dedito alla costruzione di una cultura dell’oltrepassamento della civiltà industriale, ormai al collasso. Il suo lavoro, di cui la presentazione sottostante è un esempio, mi è sembrato quanto di più vicino all’ideale moriniano di un sapere all’altezza della complessità per il nuovo millennio, tessuto su conoscenze interdisciplinari, non riduzionista, scientifico-umanista.
L’entraide, l’autre loi de la jungle (2017), scritto in collaborazione con Gauthier Chapelle, è l’ultimo di diversi volumi dedicati a problemi ecologici e scientifici. Servigne vi si concentra sulla tesi, corredata di evidenze sperimentali, che i risultati migliori si ottengono in presenza della collaborazione oltre che della competizione tra individui. Esperimenti interessanti mostrano infatti come la presenza delle sole spinte competitive impedisce ai gruppi di conseguire i propri obiettivi in ambienti ostili.
Non si tratta, però, dell’ennesima petizione di principio confermata da esempi eccezionali, ma di un cambio di paradigma della sociobiologia che dopo decenni di studi ha dovuto rovesciare le proprie ipotesi sperimentali, ipotizzando che all’origine ci sia la cooperazione e che sia sulla base di questa necessità irresistibile, la seconda legge della giungla in vigore da 3 miliardi e 800 milioni di anni, che gli uomini hanno costituito gruppi di consanguinei.
Non è quindi la prossimità genetica a spingere all’aiuto reciproco ma, al contrario, è l’esigenza originaria della sopravvivenza in ambiente ostile a costituire la premessa per la consanguineità. Non è la famiglia, la trasmissione dei geni, ad essere originaria, ma la solidarietà, la quale ha trovato forme biologiche, quanto culturali, per imporsi ai viventi.
Sotto la traduzione italiana del video [che avrei voluto sottotitolare se le versioni circolanti di questa presentazione non fossero entrambe bloccate]. Seguirlo resta un po’ scomodo per chi non conosce il francese, ma ne vale la pena.
Pablo Servigne, La collaborazione, l’altra legge della giungla
Non sono necessariamente i più forti che sopravvivono, ma sono i gruppi più cooperativi.
Adriano Prosperi, Dalla proprietà comune alla proprietà privata
Adriano Prosperi racconta il passaggio dalle gestione comune della terra, proprio dell’età premoderna, a quello privato, tipico della modernità, evidenziando come, insieme con i commons, tramonti l’intero mondo delle relazioni e delle misure di protezione feudali. Tratto da Storia moderna e contemporanea, Torino, Einaudi, vol. I, pp. 435-442.
Contro la minaccia della fame, la comunità si organizzava in vario modo: in primo luogo, con un’accorta gestione delle proprietà comuni. Erano boschi, dove tutti potevano raccogliere legna e andare a caccia; prati, per mandare al pascolo il bestiame; fiumi e laghi, dove si poteva pescare; campi, per coltivare cereali.
C’erano contadini che non possedevano terra e che vivevano lavorando nei campi altrui all’epoca dei raccolti: si costruivano una capanna, sui terreni comuni, dove potevano allevare qualche animale e raccogliere legna; poi c’era chi possedeva un po’ di terra e magari anche un animale da tiro e un aratro; e c’erano proprietari di grandi appezzamenti che per di più prendevano in affitto terre di grandi tenute nobiliari. Ma c’era un’organizzazione collettiva dello sfruttamento del suolo: le greggi che raccoglievano animali di diversi proprietari potevano essere affidate a un solo pastore che le portava al pascolo; la rotazione delle colture era fatta di comune accordo, in modo da garantire una maggiore probabilità di salvare un raccolto adeguato dalle incerte vicende della stagione; infine, la sistemazione delle strade e dei corsi d ’ acqua era frutto di lavoro collettivo. Ma perfino i terreni che appartenevano a un solo proprietario non erano considerati suo bene esclusivo: una volta raccolta la messe, tutti potevano entrare nel campo e raccogliere quel che era sfuggito al padrone: la «spigolatura» e poi il pascolo (in Francia, la «vaine pâture») erano un diritto dei poveri e per questo i campi non dovevano essere chiusi da recinzioni.
Gerrard Winstanley, A DECLARATION from the poor oppressed people of ENGLAND, 1649
We whose names are subscribed, do in the name of all the poor oppressed people in England, declare unto you, that call your selves lords of Manors, and Lords of the Land, That in regard the King of Righteousness, our Maker, hath inlightened our hearts so far, as to see, That the earth was not made purposely for you, to be Lords of it, and we to be your Slaves, Servants, and Beggers; but it was made to be a common Livelihood to all, without respect of persons: And that your buying and selling of Land, and the Fruits of it, one to another, is The cursed thing, and was brought in by War; which hath, and still does establish murder, and theft, In the hands of some branches of Mankinde over others, which is the greatest outward burden, and unrighteous power, that the Creation groans under:
For the power of inclosing Land, and owning Propriety, was brought into the Creation by your Ancestors by the Sword; which first did murther their fellow Creatures, Men, and after plunder or steal away their Land, and left this Land successively to you, their Children. And therefore, though you did not kill or theeve, yet you hold that cursed thing in your hand, by the power of the Sword; and so you justifie the wicked deeds of your Fathers; and that sin of your Fathers, shall be visited upon the Head of you, and your Children, to the third and fourth Generation, and longer too, till your bloody and theeving power be rooted out of the Land.
Jack London, La proprietà privata contro la persona umana
La proprietà privata contro la persona umana è una sezione de Il popolo dell’abisso, un racconto del 1903 in cui London ha racchiuso le osservazioni raccolte nell’inchiesta sull’Est End londinese condotta travestito da barbone, tra i lavoratori poveri delle wet shop londinesi.
Muovendosi tra letteratura e giornalismo, London ha scagliato un potente atto d’accusa contro il “glorioso” Impero Britannico e l’ipocrisia delle classi agiate, decostruendo l’ideologia puritana che voleva i poveri colpevoli del loro destino, perché intenti, pigri e inoperosi, a crogiolarsi nella «bella vita». Il frammento è tratto da Ad alta voce, trasmissione radiofonica pomeridiana di Rai 3 inclusa in Fahrenheit. La vece recitante è di Graziano Piazza.
In coda un’illustrazione del contenuto delle studentesse della 4F.
I contenuti del testo
Zoltan Zigegy, Diritti umani: una prospettiva marxiana
Questa Human Rights: A marxian perspective è un’avvincente storia dei diritti umani scritta dal punto di vista dei suoi detrattori marxisti. L’approccio di Zoltan Zigedy è ben rappresentato da una delle considerazioni finali, quando osserva:
È imperativo comprendere che i classici diritti umani borghesi, intesi come diritti negativi, ovvero quali diritti formali e procedurali alla libertà, hanno poco da offrire a coloro che non detengono i mezzi per godere della protezione che garantiscono.
La loro celebrazione da parte delle classi relativamente benestanti – quelle medio alte, in particolare delle nazioni economicamente avvantaggiate – non è condivisa da quanti sono in condizione di inferiorità economica. Tuttavia, ciò non toglie niente al loro valore. Così come le grandi ed uniche opere d’arte, chiunque è in grado di apprezzarne l’esistenza, ma pochi ne traggono conforto nella lotta quotidiana per la vita.
Il saggio è stato pubblicato su PhilosophersForChange.org e tradotto da SinistraInRete. Ne propongo una versione rivisitata e resa un po’ più leggibile per giovani lettori liceali, come prosecuzione della riflessione sull’eguaglianza sostanziale (da Jacques Roux all’art. 3 comma 2 C.I.) contenuta nello studio sulla modernizzazione.

Cronache di Froissart, La morte di Wat Tyler
Per quasi trecentocinquanta anni, i diritti umani sono stati un importante, se non dominante, strumento dell’impegno mirante alla giustizia sociale. [….]
Prima del XVII secolo, la giustizia sociale veniva promossa, il più delle volte, attraverso una lingua diversa da quella dei diritti umani. Se bisogna dare credito alle Chroniques di Froissart, le Jacquerie della campagna francese ed i contadini inglesi coinvolti nella rivolta del 1381 non possedevano una vera e propria nozione di diritti umani universali. […] Essi non reclamavano i propri diritti – poiché non ne avevano conoscenza – bensì equità e un trattamento umano.
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