È possibile dire che i greci iniziarono a filosofare quando si resero conto che le opinioni o le narrazioni sono molteplici, ma la verità è una.
La spiegazione mitica di un fenomeno assumeva, infatti, molte forme – lo stesso mito cambiava passando di bocca in bocca o dava più spiegazioni della stessa realtà -, mentre la scoperta razionale dell’elemento che tutto unisce e tutto regola (arché) non può essere smentita, se si accettano le premesse del ragionamento che ha portato a quella scoperta.
Quando la filosofia, da ricerca naturalistica condotta nei centri più vivaci della Ionia, diventa indagine sull’uomo nella grande capitale della potenza economica e militare del Mediterraneo, si rende conto che questa molteplicità dipende dal rapporto di ogni individuo con l’ambiente in cui vive: l’opinione non è altro che la prospettiva adottata dai singoli per osservare le cose dalla posizione che occupano in società, spiegano i sofisti, di qui la molteplicità dei punti di vista che non è altro che il riflesso della diversità di condizione sul pensiero.
Il poeta e insegnante di letteratura inglese Refaat Alareer, è stato ucciso in un bombardamento a Gaza la settimana scorsa.
Se dovessi morire,
tu devi vivere
per raccontare
la mia storia
per vendere le mie cose
per comprare un po’ di carta
e qualche filo,
per farne un aquilone
(fallo bianco con una lunga coda)
cosicché un bambino,
da qualche parte a Gaza,
guardando il cielo
negli occhi
in attesa di suo padre che
se ne andò in una fiamma
1. Il Lord cancelliere 2.La scienza come regnum ominis 3. La nuova logica della scienza 4. I pregiudizi della mente 5. Il metodo induttivo 6.L’ambiguità della tecnica
1. Il Lord cancelliere
Della biografia di Francis Bacon, londinese, Lord Cancelliere di Giacomo I, si ricorda soprattutto l’infamante accusa di corruzione che il Parlamento gli rivolse nel 1621 e davanti alla quale il filosofo si dichiarò colpevole.
Due accusatori dichiararono infatti di avergli versato, rispettivamente, 100 e 400 sterline per ottenere da lui un giudizio favorevole. Il giudizio di Bacone fu in realtà contrario, ma l’accusa di corruzione rimase ferma perché le somme gli erano state pagate a giudizio ancora in corso, non successivamente, a titolo di legittimo onorario.
Se non per corruzione, la storiografia filosofica ricorda, quindi, Bacone per la sua avidità ed arroganza. Questo cortigiano di non specchiata moralità ebbe, però, un senso altissimo del valore della scienza e della sua utilità al servizio dell’uomo.
Liberi dall’ignoranza, liberi dall’ingiustizia perché finalmente capaci di pensare: Socrate rappresenta l’atteggiamento filosofico più rigoroso di critica della tradizione e di rifiuto della credenza identificati con l’ignoranza delle ragioni per cui l’opinione si è formata in noi.
La sua insistenza sulla ricerca e sul domandare centrano la filosofia su quel lavoro etico e conoscitivo che chiamò dialettica, dopo averne rovesciato il significato sofista. Se la dialettica sofista era infatti l’arte di vincere un duello verbale, quella socratica è piuttosto il combattimento contro tutto ciò che in noi e nella vita in società è assunto senza intelligenza e senza esame per effetto dell’educazione e dell’influenza.
La clamorosa condanna per empietà inflittagli da Atene, accomuna la sua sorte a quella di Anassagora di Clazomene e di Protagora di Abdera che subirono condanna ed esilio trentatré e dodici anni prima di lui, per aver sostenuto che «sole e luna non sono dèi», e che «è impossibile sapere se gli dèi esistono».
Indice
1.Introduzione
1.1Cornelius Castoriadis e la filosofia come critica delle rappresentazioni della tribù 1.2La figura spiazzante di Socrate
2. Anime libere e anime di schiavi
3. Sapere di non sapere
3.1 La virtù è il libero esercizio della ragione 3.2 Sapere di non sapere
4.Il «metodo» socratico
4.1 Gli strumenti della ricerca del sapere: dialettica, ironia, confutazione, definizione 4.2 Educazione e autoeducazione: la maieutica
1.1 Cornelius Castoridis e la filosofia come critica delle rappresentazioni della tribù
Cornelius Castoridis (1922 – 1997)
Se si dice “fine della filosofia”, bisogna dire in uno, “fine della libertà”. Perché la filosofia è questo: è precisamente che sono libero di pensare e che sono libero di interrogarmi. Non sono bloccato dal fatto che la verità è già stata detta. [Nel discorso religioso] c’è strutturalmente un grande blocco: bisogna che in qualche modo tu giustifichi che ciò che dici è compatibile con ciò che nostro padre che è lassù ha detto e che è consegnato nei testi canonici.
Solo due strumenti ha la mente per conoscere: i sensi e la ragione. Ma i sensi ci mostrano una realtà mutevole e incomprensibile, nella quale ogni cosa, cambiando, diventa il proprio opposto. Di cosa dunque possiamo essere certi? Esiste una realtà stabile che permette una conoscenza certa e una verità permanente?
Seguendo la ragione possiamo sapere che l’essere è perché il nulla non può essere pensato. Se invece ipotizzassimo che l’essere non è cadremmo in un grave errore perché «la stessa cosa è e pensare che è», quindi, se pensiamo, dimostriamo che l’essere esiste e che il pensiero non può pensare che l’essere (qualcosa che è).
Il non essere, d’altra parte, non è e non può essere pensato. Dunque tra essere e nulla c’è una differenza incolmabile, essenziale: l’uno non può mai diventare l’altro e viceversa.
Eppure i sensi vorrebbero accreditarci proprio questa tesi: che l’essere e il non essere sono entrambi e passano continuamente l’uno nell’altro, come mostrano il divenire (le cose che sono, un tempo non erano e torneranno ad essere nulla) e la molteplicità degli enti (questa cosa è se stessa ma non è quell’altra e viceversa). La ragione vieta però di accogliere questa confusa contraddittorietà, propria degli uomini che nulla sanno, la cui ignoranza dirige l’errante mente ..
l’Essere parmenideo
Comprendere che divenire e molteplicità sono opinione infondata (doxa), apparenza illusoria, è allora accogliere senza tremare la ben rotonda verità che l’essere soltanto è necessariamente.
——–
Parmenide era nato ad Elea (oggi Velia, una cittadina della Campania), per questo la filosofia sua e della sua scuola è detta eleatica.
Il filosofo imposta il problema della conoscenza (cioè quello di capire cosa sappiamo con certezza del mondo) notando che l’essere (il fondamento della realtà) e il pensiero che la pensa sono la stessa cosa.
Cosa significa?
Significa che la realtà e il pensiero obbediscono alle stesse leggi e che l’ordine del mondo è lo stesso del pensiero che lo pensa: è sia un ordine logico che ontologico (l’ontologia è la scienza dell’essere, cioè lo studio di ciò che è).
Raffaello, I sofisti allontanati dal gruppo dei socratici [La scuola di Atene, 1509, particolare]
I sofisti furono i protagonisti dell’Illuminismo greco, critici di un sapere dogmatico su cui si fondava una precisa gerarchia sociale e attori della prima rivoluzione pedagogica.
Demonizzati da Platone e dagli antichi e rivalutati solo con il pensiero contemporaneo a partire da Hegel e Nietzsche, produssero l’insegnamento di Protagora di Abdera e Gorgia di Lentini.
Il compito principale della psicologia sociale è di analizzare come l’attività mentale delle persone viene condizionata dalla realtà sociale.
In questa prima parte del modulo, i temi dell’attribuzione e degli errori d’attribuzione (tra i quali la tesi disposizionale del male) e dell’obbedienza all’autorità, presentati attraverso alcuni celebri esperimenti americani del dopoguerra.
Indice
1.Gli studi di psicologia sociale nel secondo dopoguerra 2. L’attribuzione e l’origine del male
2.1 Gli studi sull’attribuzione 2.2 Philip Zimbardo, L’origine del male e l’effetto Lucifero
2.2.1 La visione corrente del crimine come errore fondamentale d’attribuzione e l’ideologia della «tolleranza zero» 2.2.2 La psicologia del male e l’esperimento carcerario di Stanford 2.2.3 Concezione disposizionale e situazionale del male 2.2.4 L’esperimento carcerario e il silenzio trentennale di Zimbardo
3. L’esperimento Milgram e l’obbedienza all’autorità
3.1 Il reality francese del 2010 3.2 L’esperimento Milgram
3.2.1 Eteronomia e ridefinizione della situazione
3.3 Come resistere al tempo della barbarie 3.4La rosa bianca e la necessità della resistenza 3.5 Obbedienza e disobbedienza in filosofia politica
4. Il caso di Kitty Genovese e l’effetto bystander (indifferenza dello spettatore)
1. Il caso di Kitty Genovese 2. L’ignoranza pluralistica e la diffusione di responsabilità 3. Ignoranza pluralistica ed effetto spettatore (bystander effect) 4. Inerti di fronte a un dramma: le risposte della psicologia sociale
… ma dalla competizione scientifica con i russi che avevano lanciato lo Sputnik. In questo articolo uscito su Repubblica nel 2017, in occasione del trentennale dello snodo italiano, Arturo di Corinto prova a rimuovere una delle più resistenti semplificazioni giornalistiche sulle origini di Internet.
Internet non è nata come progetto militare. Levatevelo dalla testa. Internet è nata per battere i sovietici nella corsa allo spazio. Come? Collegando fra di loro i migliori scienziati americani e facilitando lo scambio dei dati fra i centri di supercalcolo sparsi negli Stati Uniti.
L’idea fu di Dwight David “Ike” Eisenhower, il presidente americano che da generale aveva guidato lo sbarco in Normandia per sconfiggere i nazisti di Hitler.
Il presidente, preoccupato che l’America perdesse la propria egemonia scientifica, tecnologica, economica e militare dopo il lancio nello spazio dello Sputnik sovietico nel 1957, riunì attorno a sé i migliori cervelli dell’epoca e nominò il rettore del Mit James Killian a capo dell’Arpa, Advanced Project, Research Agency (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata) per contrastare il milione di scienziati messi in campo dalla Russia.
Pochi anni dopo, ma prima che nel 1972 l’Arpa assumesse compiti militari diventando DARPA (Defense Advanced Project, Research Agency), la rete Arpanet, progenitrice di Internet, era già nata.
Arturo di Corinto, La vera storia di Arpanet che NON nacque come progetto militare
by gabriella… ma dalla competizione scientifica con i russi che avevano lanciato lo Sputnik. In questo articolo uscito su Repubblica nel 2017, in occasione del trentennale dello snodo italiano, Arturo di Corinto prova a rimuovere una delle più resistenti semplificazioni giornalistiche sulle origini di Internet.
Internet non è nata come progetto militare. Levatevelo dalla testa. Internet è nata per battere i sovietici nella corsa allo spazio. Come? Collegando fra di loro i migliori scienziati americani e facilitando lo scambio dei dati fra i centri di supercalcolo sparsi negli Stati Uniti.
L’idea fu di Dwight David “Ike” Eisenhower, il presidente americano che da generale aveva guidato lo sbarco in Normandia per sconfiggere i nazisti di Hitler.
Il presidente, preoccupato che l’America perdesse la propria egemonia scientifica, tecnologica, economica e militare dopo il lancio nello spazio dello Sputnik sovietico nel 1957, riunì attorno a sé i migliori cervelli dell’epoca e nominò il rettore del Mit James Killian a capo dell’Arpa, Advanced Project, Research Agency (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata) per contrastare il milione di scienziati messi in campo dalla Russia.
LEGGI 30 aprile: l’Italia festeggia il suo Internet day
Pochi anni dopo, ma prima che nel 1972 l’Arpa assumesse compiti militari diventando DARPA (Defense Advanced Project, Research Agency), la rete Arpanet, progenitrice di Internet, era già nata.
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