Daniele Lo Vetere, In difesa della lezione frontale

La lezione frontale del prof. Keating
Tratto da La letteratura e noi.
Tre aneddoti.
a) Una volta mi è capitato di intercettare casualmente la conversazione di due studenti intorno a due loro insegnanti. Entrambi i colleghi facevano, come si poteva facilmente inferire, una “lezione frontale”. Eppure la loro reputazione presso i due ragazzi era ben diversa:
«Ah, quando parla X, capisco la filosofia; invece Y fa una… Lezione Frontale» (smorfia incerta tra noia e senso di sufficienza).
b) Capita (o capitava, qualche decennio fa) di sentire frasi come queste:
«la Lezione Frontale è mera trasmissività e ripetizione del sapere!», «la Lezione Frontale veicola il sapere in forme autoritarie!», «esistono alternative alla Lezione Frontale!»
Forza Nuova e la meningite
Intervistato sul legame tra immigrazione e meningite, il primario di Malattie Infettive dell’Ospedale San Raffaele di Milano, Adriano Lazzarin ha osservato che :
tra le ondate migratorie e i casi di meningite registrati in Italia non c’è nessun collegamento per due motivi: prima di tutto, perché in Africa è diffuso il meningococco di tipo A, mentre da noi si sono verificati finora soltanto casi di infezione riconducibili ai ceppi B e C. Bisogna poi considerare – continua Lazzarin – che il meningococco non lo “importiamo” dall’Africa, ma è già presente in Italia: secondo l’Istituto Superiore di Sanità nel nostro paese ci sono tra i 5 e i 10 milioni di portatori sani di meningococco. Quindi è molto più probabile essere contagiati da un italiano piuttosto che da un migrante.
Il post, riferisce Repubblica, ha già ottenuto 6mila like e oltre 9mila condivisioni e continuerà a circolare perché alla segnalazione del contenuto per la rimozione (“Il post insulta o attacca qualcuno in base a religione, etnia o orientamento sessuale”), il sito ha risposto che foto e messaggio “rispettano gli Standard della comunità” (sic).
La valutazione
La puntata dedicata da Tutta la città ne parla all’invio alle Camere da parte del governo [l’audio si avvia automaticamente, escluderlo manualmente].
I voti servono? si chiedono stamattina due ascoltatori di Prima Pagina, prendendo spunto dai dei decreti attuativi della Legge 107, uno dei quali riguarda la valutazione. La puntata di oggi di Tutta la città ne parla (RadioRai3) si concentra sull’utilità del voto e sulle differenze tra sistemi di valutazione. Numeri, lettere, giudizi, cosa alimenta la competizione, cosa porta a una scuola più inclusiva, democratica? Ospiti Mila Spicola (insegnante e pedagogista), Sergio Govi (TuttoScuola), Roberto Contessi (autore di Scuola di classe, 2016), Marco Casolino (fisico, ricercatore tra la Sapienza di Roma e il Giappone) e Pino Boero (Università di Genova).
Educazione ai media. Struttura del modulo
1. La comunicazione nella società della partecipazione (participatory culture, 2006 Jenkins)
Distributed cognition The ability to interact meaningfully with tools that expand mental capacities.
Collective intelligence The ability to pool knowledge and compare notes with others toward a common goal.
Judgment The ability to evaluate the reliability and credibility of different information sources.
Networking The ability to search for, synthesize, and disseminate information.
Negotiation The ability to travel across diverse communities, discerning and respecting multiple perspectives, and grasping and following alternative norms.
Smartphone, o della connessione perpetua
2. Capire la rete (storia e specificità) (distributed cognition and collective intelligence)
Arturo di Corinto, La vera storia di Arpanet che NON nacque come progetto militare
Breve storia di Internet con quadrifarmaco per le intossicazioni da mercato
Arturo Di Corinto, Che cos’è il Dark Web e perché non ci fa paura
Stefano Rodotà, Una costituzione per Internet
3. Capire le fonti (judgement and networking)
Domenico Talia, Sciame digitale e psicopolitica
Cyberbullismo
1. La Rete non dimentica
Tutto ciò che postiamo o pubblichiamo in rete non si cancella più. Facciamo quindi attenzione a ciò che scriviamo, riflettiamo prima di condividere qualcosa (think before post).
Evitiamo di postare immagini o video dai contenuti forti, spiacevoli e/o privati e facciamo attenzione ad esternare sentimenti, emozioni e pensieri
Progetto ECO. La rilevazione degli atteggiamenti sull’ecosostenibilità
Nel mese di dicembre, la 3F svolgerà un’attività di ricerca sulla rilevazione degli atteggiamenti intorno al tema della sostenibilità ambientale. Il programma di lavoro sarà articolato in tre giornate nelle quali si esamineranno insieme: il problema ecologico e il tema della sostenibilità ambientale dei comportamenti e quello metodologico della rilevazione degli atteggiamenti sul tema.
Questa fase del progetto ECO si concluderà con la realizzazione di un’indagine da realizzare nel mese di gennaio con gruppi di ragazzi olandesi e tedeschi, quando la nostra scuola e il “Giordano Bruno” ospiteranno i primi due incontri bilaterali del progetto (Erasmus +). Di seguito il calendario dei lavori:
Giovedì 1 dicembre
- Il problema ecologico
- I comportamenti ecosostenibili
Giovedì 15 dicembre
- La correlazione tra atteggiamenti e comportamenti (Psicologia sociale)
- La rilevazione degli atteggiamenti (elementi di Metodologia della ricerca)
- Le scale Likert
- Come si costruisce un questionario (Google Forms) per la rilevazione degli atteggiamenti sul problema della sostenibilità
Giovedì 22 dicembre
- Visualizzazione in anteprima della videolezione metodologica in inglese creata dagli insegnanti per il lavoro di gruppo di gennaio [poiché i gruppi sono diversi i due video hanno la stessa introduzione sul problema ambientale]
Eluana e Protagora. La relatività del fondamento etico
Degli dèi non so né che sono né che non sono, né quale sia il loro aspetto: molte sono infatti le difficoltà che si oppongono, la grande oscurità della cosa e la pochezza della vita umana [Eusebio, Praeparatio evangelica XIV, 3, 7].
La vicenda di Eluana Englaro ed Anthony Bland sono casi emblematici del conflitto tra un’etica relativistica del vero e del bene e un’etica assoluta fondata sul credo.
Il problema si apre con Protagora nel V secolo, la cui affermazione sugli dèi gli procurò la condanna a morte della città di Atene, vent’anni dopo quella di Anassagora.
La fotostoria.
Dopo la lunga battaglia dei genitori di Eluana perché la volontà della figlia fosse rispettata, l’opinione pubblica è stata scossa da altri casi drammatici, come quello di Piergiorgio Welby e Walter Piludu.
Le divisioni restano, nonostante i cambiamenti giuridici aperti dalla sentenza della Corte Costituzionale sul caso Englaro. Agli inizi del 2016, il Tribunale di Cagliari ha accolto la richiesta di Walter Piludu, malato di SLA, di vedersi interrotto ogni trattamento, nutrizione e ventilazione e dunque di morire sedato, senza soffrire. Il Tribunale gli ha infatti riconosciuto il diritto di rifiutare le cure e morire.
Beppino Englaro ha commentato la notizia:
Questa sentenza è anche merito dei precedenti pronunciamenti ottenuti per Eluana. Se non c’è un diritto a morire, c’è sicuramente quello ad essere lasciati morire. Il testamento biologico è indispensabile, ma è necessario parlare anche di eutanasia: basti pensare ai casi drammatici di Monicelli e Lizzani.
Sul fronte opposto, il movimento Militia Christi ed altre associazioni cattoliche, sostennero:
[Sulla questione Eluana ci sono] “due culture che si confrontano: da un lato la cultura della verità e della vita, dall’altro quella della cultura dello statalismo e della morte […] Questa drammatica vicenda dovrebbe, invece, offrire l’occasione per riaffermare il diritto alla salute e il diritto alla vita di tutti i cittadini. E, a maggior ragione, di coloro che sono in condizioni disperate e che sono, quindi, affidati, esclusivamente e necessariamente, alle cure di medici. I quali ultimi non dovrebbero mai tradire la rispettiva specifica etica professionale e i valori della solidarietà. Hanno il dovere, anzi, di creare le condizioni per fare sopravvivere Eluana e non già per farla morire”.
“Insomma, alla cultura della morte occorre contrapporre la cultura della vita e della solidarietà. Subito! Prima che trascorrano le fatali quarantotto ore”.
per questo, commemorano ogni anno la morte di Eluana e continuano a battersi contro l’eutanasia e l’autodeterminazione sul fine vita.
I precedenti. Il caso di Anthony Bland
Un caso emblematico, che a suo tempo ha fatto molto discutere, è stata la vicenda umana di Anthony Bland, un giovane tifoso del Liverpool che nel 1989, in occasione della semifinale della Coppa d’Inghilterra, venne schiacciato dalla folla riportando gravi lesioni, al punto che i medici accertarono che soltanto il tronco cerebrale era rimasto funzionante, mentre la corteccia era stata distrutta. Ecco la toccante descrizione del suo stato clinico, redatta dal giudice Lord Hoffmann:
A partire dal 15 aprile 1989, Anthony Bland vive in stato vegetativo persistente. È ricoverato presso la Airedale General Hospital di Keighley, dove mediante una pompa viene alimentato con cibi liquidi grazie a un tubo che, attraverso il naso e la gola, giunge fino allo stomaco. Allo svuotamento della vescica si provvede mediante un catetere inserito attraverso il pene; questo trattamento gli causa di quando in quando delle infezioni che richiedono medicazioni e terapia a base di antibiotici. L’irrigidirsi delle articolazioni ha prodotto forti contrazioni agli arti, sicché le braccia sono saldamente strette sul petto e le gambe appaiono contorte in modo innaturale. Movimenti riflessi nella gola gli provocano vomito e bava. Anthony Bland non ha coscienza né di tutto questo, né della presenza dei membri della sua famiglia che a turno vengono a trovarlo. Le parti del cervello che rendevano possibile la coscienza si sono trasformate in una massa fluida. Il buio e l’oblio, discesi su di lui allo stadio Hillsborough, non lo lasceranno mai più. Il suo corpo è vivo, eppure egli non ha vita nel senso in cui si può dire abbia una vita un essere umano, anche più gravemente handicappato ma cosciente. I progressi della medicina moderna, però, consentono di mantenerlo in questo stato per anni, forse per decenni [Airedale N.H.S. Trust v. Bland, in “Weekly Law Report”, 2 19 feb 1993, p. 350.
Come comportarsi di fronte a questo caso pietoso che, coinvolgendo scelte esistenziali di fondo e aprendo alternative etiche radicali (non riconducibili nei binari precostituiti della tradizione), scosse l’opinione pubblica inglese, tanto che su di esso dovette pronunciarsi anche la Camera dei Lord? Che cosa era più rilevante e “decisivo” in questo caso? La sacralità o la qualità della vita di Anthony Bland? Coloro che si appellavano alla sacralità della vita, cioè al principio, recepito dal diritto angloamericano, secondo cui
ad ogni vita umana va riconosciuto un uguale diritto alla preservazione semplicemente perché la vita è un valore irriducibile
si dichiararono propensi a mantenere in vita lo sventurato. Viceversa, coloro che si appellavano al principio della qualità del vivere scelsero l’opportunità opposta, ritenendo che la vita puramente biologica del ragazzo
non meritasse di essere vissuta.
Infine vi erano coloro, tra cui alcuni cattolici, che volendo salvare il rispetto verso un principio considerato assoluto (la sacralità della vita) ma anche la pietà verso lo sfortunato ragazzo, esprimevano il loro giudizio (negativo) sulla qualità di vita del paziente stimando “straordinari” (o “sproporzionati”) alcuni mezzi usati dai medici per tenerlo in vita, con il risultato di basare tutto il loro ragionamento su problematiche distinzioni concettuali e di ritenere legittima la (mortifera) sospensione dei trattamenti straordinari. Come si vedrà, la distinzione tra mezzi ordinari e mezzi straordinari presenta non poche difficoltà: ad esempio, perché il respiratore dovrebbe essere considerato un mezzo straordinario, mentre il tubo per l’alimentazione no?
Inoltre etichettare un trattamento come “straordinario”, serve solo a camuffare un giudizio sulla qualità della vita del paziente, ossia a travestire, senza nascondere veramente, la decisione di porre fine a una vita considerata priva di un minimo di qualità positive atte a renderla degna di essere vissuta.
Per questa ragione, i paradigmi bioetici autenticamente antagonisti si riducono essenzialmente a due, quello cattolico della «sacralità della vita» e quello laico della «disponibilità» o «qualità della vita» [Fornero, Bioetica].
Esercitazione
Alla luce dei casi Englaro e Bland, esponi la problematica bioetica dell’eutanasia e dell’autoderminazione del fine vita, spiegando la posizione di Protagora sugli dèi e le leggi della polis.
Carl Gustav Jung, Sul dolore, la consolazione, la vita
La risposta di Jung ad un’amica che gli chiedeva conforto nel lutto per la morte del marito: una meditazione sulla futilità della consolazione e sulla bellezza misteriosa della vita.
Mia cara amica,
lei si chiede, e mi chiede, come possa la vita continuare dopo un evento così doloroso come solo può esserlo il distacco dall’amato, dalla persona cioè alla quale abbiamo unito il nostro desiderio e con la quale abbiamo affidato tutto noi stessi nelle mani del futuro. E’ questo è un interrogativo al quale, debbo confessarle, non so dare risposte.
Cronache dalla Buona scuola
Andrea ha sette anni e un disturbo di lettoscrittura. Frequenta una scuola privata che deve formare «i migliori», dalle competenze di base al bilinguismo. Ci mette un anno a capire che gli si chiede di «produrre» gli stessi risultati degli altri: quando se ne rende conto lo rifiuta, la scuola lo espelle.
Un raccontino esemplare del percorso di involuzione (da “dolce e vivace” a protagonista di “comportamenti esplosivi, oppositivo-provocatori”) intrapreso da un bambino con disturbo d’apprendimento nella scuola decostituzionalizzata, oggi detta «Buona», una scuola che insegna a stare al passo senza capire davvero, che assume la conformità a valore, che carica di odio chi non ce la fa (patologizzandone, poi, ipocritamente il disagio). Tratto da La Repubblica.it.
Alla fine, dopo troppi libri dei compagni buttati a terra, diverse matite spezzate e le fughe del bambino lungo le scale, il preside ha scritto alla famiglia di Andrea, 7 anni, appellandosi a un regio decreto del 1928:
“I comportamenti di vostro figlio, ripetuti, costanti ed ingravescenti, esplosivi, oppositivo-provocatori, sono patologici, da gestire in adeguata sede di cura e non in contesto scolastico”.
Nove giorni di sospensione, a sette anni. Dopo due giorni precedentemente comunicati a voce. Undici in tutto. “Curatelo, non può restare in classe”, era il verdetto grossolano. L’ultima mattina a casa è scaduta martedì scorso, ma Andrea nella seconda elementare dell’istituto da cui era stato allontanato, scuola parificata a reggenza religiosa nel cuore di Parioli, Roma borghese, non è tornato. È già in una pubblica del centro. I suoi vecchi compagni non riescono a capire perché non sta più con loro.
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